Castaway On the Moon |
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Un film di Hae-jun Lee.
Con Min-hee Hong, So-yeon Jang, Jae-yeong Jeong, Ryeo-won Jeong, Gyo-hwan Koo.
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Titolo originale Kim-ssi pyo-ryu-gi.
Drammatico,
durata 117 min.
- Corea del sud 2009.
MYMONETRO
Castaway On the Moon
valutazione media:
3,83
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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martedì 21 aprile 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Kim Seung-geun, impiegato ditrutto economicamente e moralmente decide di farla finita buttandosi dal ponte di Seul nel sottostante fiume, ma l'"inetto", come viene etichettato sin dalle prime riprese, fallisce anche su questo piano e si ritrova naufrago su un isolotto verdeggiante. Incapace di nuotare e abbandonato dalla batteria del telefono dovrà ingegnarsi per crearsi una nuova vita lontano dalla "civiltà", disponendo unicamente dei rifiuti che la circostante metropoli gli regala generosamente ogni giorno. Il tutto, sotto l'occhio vigile di una ragazza "hikikomori" che, munita di una fotocamera dal potente teleobiettivo, riesce a trovare uno scopo alle sue giornate, così spente e prive di significato fino a quel momento. Il film è una potente denuncia alla società coreana (ma non solo) e alla sua ossessiva, frustrante ricerca dell'esteriorità dove non conta chi sei ma come appari, dove il profitto viene prima di tutto e l'individualità viene osteggiata se non, addirittura, annichilita. Una società in cui non c'è posto per gli eterni secondi, dove si limitano le capacità dei singoli, facendoli chiudere in un'improduttiva insicurezza da cui il protagonista riesce ad evadere solo una volta lontano dal "sistema" aguzzando l'ingegno fino a stupirsi del nuovo "IO". In un contesto di questo tipo sorgono spontanee iniziative estreme come quella attuata della ragazza, la cui evoluzione psicologica avviene di pari passo con la trasformazione della propria stanza: prima così buia e chiusa (con tanto di porta serrata a simboleggiare la separazione netta dal mondo reale), poi la luce dalla finestra, l'uscita da quel loculo che usava come letto e la comparsa delle piantine di mais con cui Kim Jung-yeon decide di tornare alla vita, prendendosi cura di qualcos'altro fuori se stessa, su imitazione del compagno di isolamento (definito "alieno" proprio da una aliena(ta) come lei, a sancire un netto distacco che, in realtà, ne rivela tutti i lati in comune). Un film che scorre piacevole, pur con tutta la sua carica distruttrice di denuncia, capace di strappare un sorriso dalle situazioni grottesche che vengono a delinearsi, ma soprattutto capace di commuovere, nel porre l'accento su cose così scontate come un semplice piatto di spaghetti, ma che diventano, qui, un fortissimo simbolo di SPERANZA. E' questo, dunque, il vero tema della narrazione: la forza di guardare quella cravatta appesa a cappio al ramo dell'albero e dire "no, non è ancora finita", rinunciare alla consegna del fattorino per riuscire, almeno una volta nella vita, a realizzare i propri sogni, a "galleggiare" in quella dannata piscina (simbolo delle difficoltà della vita) senza ansimare e godersi infine l'agognata vittoria, con un sommesso, tenerissimo pianto. Un film che con una precisa ed attenta regia (e fotografia) riesce a far immedesimare lo spettatore, ora, nei panni dell'impacciatissimo Kim Seung-geun, ora, nel distaccato, ma sempre piu incuriosito sguardo della ragazza. Per concludere, non si può non citare il significato della tempesta che arriva come una sentenza, inesorabile, proprio quando tutto sembra aver trovato il giusto corso e riporta il protagonista nel fango, ricordandogli che è là che deve stare. Ma ancora una volta, ecco la speranza farsi largo sul bordo del precipizio e venire in soccorso di quelle due vite parallele destinate ad incontrarsi, a dispetto di ogni legge geometrica proprio a sancire che alla fine, la ruota gira e la felicità è dietro l'angolo. Poetico.
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