In un momento in cui le serie televisive hanno raggiunto probabilmente il vertice della popolartita’, stiracchiando per anni delle storie che, ove adeguatamente ed onestamente narrate, a fatica raggiungerebbero i 90 minuti canonici di un film, il fatto che un progetto con la visione e l’indipendenza di Boyhood abbia trovato una produzione ed una distribuzione e che abbia raccolto premi e consensi ovunque, dagli Oscar, ai BAFTA, da Berlino a i Golden Globes fra gli altri, e’ ragione di speranza nel potere e nel futuro del cinema.
Il record ufficiale del film con la produzione piu’ lunga spetta ufficialmente a The Other Side of the Wind di Orson Welles, pubblicato 33 anni dopo la morte del regista. Ma l’ultimo film accreditato ad Orson Welles ed alcuni altri che hanno impiegato svariati anni per essere completati differiscono sostanzialmente da Boyhood, che dall’inizio e’ stato pensato per essere non solo girato ma bensi creato durante 12 anni. L’unico film accostabile e’ forse Everyday di Michael Winterbottom, girato durante un peirodo di 5 anni per seguire l’invecchiamento dei protagonisti. Con Boyhood, Richard Linklater ha realizzato cio’ che neppure uno dei registi piu’ innovativi e visionari, Lars von Trier, era riuscito a portare a termine: il suo progetto Dimension, lanciato nel 1991 come un film da girare per 3 minuti ogni anno per 33 anni e’ stato infatti abbandonato e pubblicato nel 2010 come un corto di 27 minuti.
Linklater invece e’ stato capace di arrivare fino alla fine. Fortunatamente, viene da dire, in quanto il film e’ uno dei piu’ significativi degli ultimi anni e lascia una traccia indelebile nella storia del cinema. Girato per 3 o 4 giorni ogni anno per 12 anni, Boyhood e’ stato un vero e proprio film in divenire, con una sceneggiatura solo vagamente tracciata ed aperta ad essere costantemente arricchita da elementi della vita degli attori, come l’ambiente familiare dei protagonisti Ethan Hawke e Patricia Arquette e dello stesso regista, nonche’ adattata alla crescita degli attori e a cio’ che intanto succedeva nel mondo. Boyhood racconta la vita di Mason, un bambino del Texas brillantemente reso da Eller Coltrane, dall’eta’ di 6 anni fino al primo giorno di universita’ dodici anni dopo.
Se il fantasma di Truman Show aleggia inevitabilmente su Boyhood, il film si caratterizza non solo per essere, come potrebbe apparire ad una visione superficiale, un eccellente film di formazione e passaggio, ma anche e soprattutto per una delicata ma profonda analisi dei casi della vita di molte persone normali, e questo si riflette nel naturale coinvolgimento e nella familiarita’ che i protagonisti e la loro crescita sollecitano, e lo spettatore attento prova, durante le circa 3 ore del film.
Richard Linklater non e’ nuovo a progetti di ampio respiro narrativo e temporale, come provato dalla sua trilogia (per ora!) di Prima dell’Alba (1995), Prima del Tramonto (2004) e Prima di Mezzanotte (2013), sempre con Ethan Hawke. Peraltro, sebbene quel progetto abbia rappresentato di per se’ una sfida, si trattava alla fine di una serie di films, relativamente normale, mentre Boyhood costituisce un’assoluta novita’ e probabilmente la cosa piu’ vicino all’identificazione di vita ed arte che abbia mai raggiunto le sale cinematografiche.
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