francesca romana cerri
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lunedì 6 gennaio 2014
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il razzismo è merda
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Il film ha una scenaggiatura molto robusta, una regia con un grande ritmo e degli attori strepitosi nella recitazione. Il tema del razzismo è affrontato in modo molto raffinato mettendo sul campo due modi di reagire alla condizione di ineguaglianza. Il padre, maggiordomo a cui hanno ucciso barbaramente suo padre, è un uomo di colore che si è inserito nella società di bianchi divenendo il Maggiordomo della Casa Bianca. Qui è rispettato, ma entra sempre dalla porta di servizio. I presidenti lo trattano amichevolmente ma nelle loro stanza davanti a lui in silenzio, usano tranquillamente linguaggi razzisti e alcuni di loro, non tutti, non remano a favore della uguaglianza tra neri e bianchi.
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Il film ha una scenaggiatura molto robusta, una regia con un grande ritmo e degli attori strepitosi nella recitazione. Il tema del razzismo è affrontato in modo molto raffinato mettendo sul campo due modi di reagire alla condizione di ineguaglianza. Il padre, maggiordomo a cui hanno ucciso barbaramente suo padre, è un uomo di colore che si è inserito nella società di bianchi divenendo il Maggiordomo della Casa Bianca. Qui è rispettato, ma entra sempre dalla porta di servizio. I presidenti lo trattano amichevolmente ma nelle loro stanza davanti a lui in silenzio, usano tranquillamente linguaggi razzisti e alcuni di loro, non tutti, non remano a favore della uguaglianza tra neri e bianchi. Lui, in silenzio inghiottisce i rospi e cerca timtidamente di ottenere almeno una parificazione dei salari con i domestici bianchi. Intanto suo figlio, nipote del nonno ucciso barbaramente,sviluppa la coscienza dell'uguaglianza, e la sviluppa con determinazione deciso a non accontentarsi delle briciole. Comincia una battaglia per la parità in tutto, si fà malmenare per affermare il diritto primitivo di poter sedere in un locale insieme ai bianchi. Gli anni passano e il figlio e il padre arrivano ad una rottura. Il figlio non riconosce nel padre una figura autorevole, non vede che la sua coscienza l'ha eretta in base agli studi che ha potuto fare grazie ai sacrifici del padre. Ma intanto il padre si invecchia facendo il maggiordomo e nella vecchiaia il magone che ha sentito tutta la vita aumenta. E' un magone di fondo il suo ed è un magone anche dello spettatore che guardando questa vicenda sente il dolore di un vero e proprio olocausto continuo. E questo olocausto si ripropone anche oggi metaforicamente ogni volta che ancora in qualcuno c'è un pregiudizio, in qualcuno che per paura della diversità fà un gesto, dice una battuta, o addirittura fà violenza contro chi appartiene a una razza diversa dalla sua. Il razzismo logora dentro chi lo subisce, è come la mafia, è come la guerra .... è merda. E allora per uscire da quel magone il padre si libererà scendendo in piazza ad ascoltare il figlio e a riabbracciarlo. Il film doveva finire qui per essere perfetto. Si trascina fino alle elezioni di Obama e forse in questo pecca di leggero omaggio alla Casa Bianca. Artisticamente era perfetta la chiusura sull'abbraccio tra padre e figlio. Comunque gli Oscar li merita tutti, eccellente.
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[+] commento appassionato, sentito e... retorico
(di hollyver07)
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catcarlo
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giovedì 16 gennaio 2014
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the butler
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Affermare che la montagna ha partorito il topolino potrà essere banale, ma il modo di dire viene subito in mente dopo aver assistito a questa fiera delle occasioni sprecate. Il racconto della vita di Cecil Gaines, dalle piantagioni di cotone degli anni Venti dove la schiavitù non era ancora finita all’elezione di un presidente nero, era sulla carta interessante perché consente di raccontare la difficile strada verso la parità della gente di colore attraverso gli occhi di un uomo che passa la maggior parte del suo tempo fra i bianchi, anzi nel cuore stesso del loro potere, la Casa Bianca. Cresciuto sottomesso e con una professione che richiede discrezione e invisibilità, Cecil si fa scorrere addosso la vicenda storica della ribellione della sua gente nella quale si infila invece con convinzione il figlio Louis che ne paga le conseguenze nei confronti della legge (botte e prigione) e del padre, che gli sarà per lungo tempo lontano.
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Affermare che la montagna ha partorito il topolino potrà essere banale, ma il modo di dire viene subito in mente dopo aver assistito a questa fiera delle occasioni sprecate. Il racconto della vita di Cecil Gaines, dalle piantagioni di cotone degli anni Venti dove la schiavitù non era ancora finita all’elezione di un presidente nero, era sulla carta interessante perché consente di raccontare la difficile strada verso la parità della gente di colore attraverso gli occhi di un uomo che passa la maggior parte del suo tempo fra i bianchi, anzi nel cuore stesso del loro potere, la Casa Bianca. Cresciuto sottomesso e con una professione che richiede discrezione e invisibilità, Cecil si fa scorrere addosso la vicenda storica della ribellione della sua gente nella quale si infila invece con convinzione il figlio Louis che ne paga le conseguenze nei confronti della legge (botte e prigione) e del padre, che gli sarà per lungo tempo lontano. Ispirato a una figura realmente esistita, il protagonista è una brava persona che lavora sodo ed è attaccata alla famiglia, ma che fa carriera sottomettendosi e non ribellandosi per poi accorgersi troppo tardi che nella sua vità ci poteva essere spazio per qualcosa di più. Ecco, da tutto questo po’ po’ di spunti, il regista Lee Daniels e lo sceneggiatore Danny Strong ricavano un film quasi del tutto piatto dal punto di vista emozionale (la cosa più appassionante è, di gran lunga, il trailer) per colpa anche di una struttura troppo frammentata fatta di brevi momenti che qua e là tendono a ripetersi, come nel rapporto tra Gaines e la moglie Gloria. Non sempre è efficace neppure lo sfruttamento dei momenti topici che si intrecciano alla vita di Cecil: gli assassinii di Kennedy e Martin Luther King sono poco più che accennati e l’esistenza di un secondo figlio, Charlie, sembra servire solo a indicare che, ah sì, c’è stata anche la guerra del Vietnam. Le amnesie (clamorosa l’assenza di Malcolm X, citato di passaggio in una battuta) e le distorsioni storiche del cinema statunitense non hanno mai impedito di fare dei bei film, ma qui la visione è abbastanza superficiale da far sì che, ad esempio, i presidenti sembrino un po’ tutti uguali: apprezzabile la scelta di non ricercare la somiglianza a tutti i costi, ma restano figure bidimensionali con la sola eccezione del Nixon un po’ troppo affezionato alla bottiglia di John Cusack. L’attore è solo uno dei tanti che appaiono solo pochi minuti in un cast davvero esagerato che va da Robin Williams (Eisenowher) ad Alan Rickman (Reagan) e da Vanessa Redgrave (la padrona del piccolo Cecil) a Jane Fonda (probabilmente la migliore nell’impersonare un’energica Nancy Reagan), mentre un po’ più di spazio lo hanno Cuba Gooding Jr e Lenny Kravitz nei panni degli amici e colleghi del protagonista. La prestazioni degli attori è, comunque, la nota più positiva del film e questo vale soprattutto per i ruoli principali. Un dimagrito Forest Whitaker dimostra anche con Cecil Gaines di essere un interprete assai sottovalutato e, accanto a lui, Oprah Winfrey dà vita a Gloria con sorprendente gusto e sensibilità, costretta prima a sopportare le assenze del marito e poi a cercare di mediare tra lui e il figlio (David Oyelowo). Sono loro che, dando profondità ai rapporti interfamiliari igrazie a scene in cui anche la scrittura è più efficace, attirano comunque l’attenzione dello spettatore: certo, se il film terminasse con la presa di coscienza di Cecil sarebbe meglio, ma la pleonastica coda obamiana (che pure odora un po’ di propaganda) ha un suo senso nella chiusura di una fase storica in cui sono vissute e si sono confrontate due anime all’interno della comunità nera degli Stati Uniti. Forse un giorno qualcuno ci racconterà tale confronto con più efficacia, ora possiamo accontentarci di questo elegante (buona la fotografia di Andrew Dunn, incalzante la partitura di Rodrigo Leão) ma un po’ prolisso bigino
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melvin ii
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domenica 26 gennaio 2014
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un film americano per un pubblico americano
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The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca è un film drammatico del 2013 scritto e diretto da Lee Daniels con protagonista Forest Whitaker
La pellicola è l'adattamento cinematografico dell'articolo di giornale A Butler Well Served by This Election[1], scritto dal giornalista Wil Haygood e pubblicato sul The Washington Post, che narra la vicenda di Eugene Allen, maggiordomo della Casa Bianca per più di trent'anni.
Nel film il nome del protagonista è stato modificato in Cecil Gaines.
Fin qui le notizie che potete ricavare da Wikipedia o da qualsiasi sito che si occupi di cinema.
La campagna pubblicitaria e marketing in questi mesi è stata ben fatta per incuriosire il pubblico,
“La storia di un uomo, la storia di un Paese” recita la locandina.
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The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca è un film drammatico del 2013 scritto e diretto da Lee Daniels con protagonista Forest Whitaker
La pellicola è l'adattamento cinematografico dell'articolo di giornale A Butler Well Served by This Election[1], scritto dal giornalista Wil Haygood e pubblicato sul The Washington Post, che narra la vicenda di Eugene Allen, maggiordomo della Casa Bianca per più di trent'anni.
Nel film il nome del protagonista è stato modificato in Cecil Gaines.
Fin qui le notizie che potete ricavare da Wikipedia o da qualsiasi sito che si occupi di cinema.
La campagna pubblicitaria e marketing in questi mesi è stata ben fatta per incuriosire il pubblico,
“La storia di un uomo, la storia di un Paese” recita la locandina.
C’era grande attesa per questo film. Io stesso ero molto curioso cosi per rispettare la tradizione del Capodanno al cinema, ho fatto la mia scelta.
Come me, l’hanno fatta in tanti. La sala del cinema era gremita.
Il trailer annunciava la presenza di vari Premi Oscar(Robin Williams, Vanessa Redgrave, Cuba Gooding Jr.) insieme a un cast davvero di primo ordine(Janet Fonda, John Cusack e Alan Rickman).
Il progetto del regista era quello di raccontare le tematiche del razzismo e della lotta per i diritti civili dei neri in America dagli anni venti ad oggi attraverso gli occhi e la vita del protagonista Cecil Gaines.
Un ragazzo cresciuto nelle piantagioni di cotone e spettatore impotente del brutale omicidio del padre.
Gaines però sarà destinato ad essere “un nero diverso”.
Imparerà a servire nelle case dei bianchi Essere invisibile e puntuale ed indossare una maschera per i bianchi sarà il suo lavoro.
La sua professionalità e determinazione lo porteranno ad essere maggiordomo per oltre trent’anni alla Casa Bianca con vari presidenti
Il film, molto lento e retorico, si divide tra vita privata e lavorativa del protagonista.
Sono due,a mio modesto avviso, le cose per cui the Butler merita d’essere visto,di mercoledi ( il biglietto costa meno):
Il controverso e travagliato rapporto tra padre e figlio” ribelle”, impegnato nei diritti civili.
Gaines è un nero” tradizionalista” e non capisce il figlio. Si allontano, ma il protagonista mentre “serve” il presidente Reagan nel pieno dell’Apartheid sudafricana
comprende finalmente le idee del figlio e si ritroveranno a lottare insieme.
Il secondo è la magistrale e toccante interpretazione di Oprah Winfrey. Alla sua seconda esperienza come attrice, la popolare showgirl americana commuove nel ruolo di moglie di Gaines.
Le scene tra Oprah Winfrey e Forest Whitaker sono ben recitate e dirette.
Una coppia che si tiene per mano per una vita.
The Butler è un film americano per il pubblico americano in definitiva, ma resta comunque un contributo per capire chi eravamo e da dove siamo venuti e di quanto il razzismo e diritti civili non si debba mai smettere di parlare.
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il beppe nazionale
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domenica 2 febbraio 2014
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un portentoso attacco all'ipocrisia bianca
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Il regista Daniels ripercorre le vicende di Eugene Allen, storico maggiordomo di colore della Casa Bianca, alternando il racconto storico a quello - riadattato - della vita famigliare del protagonista. Whitaker veste i panni di Cecile Gaines (la trasposizione cinematografica di Allen) mentre la famosissima Oprah inscena la moglie di quest'ultimo. Il cast è ricco di nomi famosi e volti noti che si succedono tra un presidente e l'altro: Mariah Carey è la madre di Eugene, Robin Williams interpreta Eisenhower e il buon Alan Rickman - che sembra avere un debole per i personaggi "viscidi" - è Ronal Raegan, per citarne alcuni.
L'arco narrativo compre l'infanzia di Eugene fino ad arrivare all'elezione di Obama, passando per i tumulti degli anni '60-'70 e le difficoltà della famiglia Gaines, attuando una buona ricostruzione dal punto di vista storiografico e infarcendo di adattamenti la storia di Allen.
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Il regista Daniels ripercorre le vicende di Eugene Allen, storico maggiordomo di colore della Casa Bianca, alternando il racconto storico a quello - riadattato - della vita famigliare del protagonista. Whitaker veste i panni di Cecile Gaines (la trasposizione cinematografica di Allen) mentre la famosissima Oprah inscena la moglie di quest'ultimo. Il cast è ricco di nomi famosi e volti noti che si succedono tra un presidente e l'altro: Mariah Carey è la madre di Eugene, Robin Williams interpreta Eisenhower e il buon Alan Rickman - che sembra avere un debole per i personaggi "viscidi" - è Ronal Raegan, per citarne alcuni.
L'arco narrativo compre l'infanzia di Eugene fino ad arrivare all'elezione di Obama, passando per i tumulti degli anni '60-'70 e le difficoltà della famiglia Gaines, attuando una buona ricostruzione dal punto di vista storiografico e infarcendo di adattamenti la storia di Allen. Come di consueto Nixon e Raegan vengono presentati nei loro tratti peggiori, quasi stessimo vedendo una puntata di Futurama, mentre Eisenhower e Kennedy sono circondati da un'aura sacrale che li descrive come quelli che più ebbero a cuore la questione dei diritti civili.
Tuttavia non è la ricostruzione storica ciò che, a mio avviso, scuote veramente le coscienze. Sicuramente le scene dei Freedom Bus e della protesta non-violenta colpiscono la sensibilità dello spettatore, ma si tratta di un "già visto" a cui abbiamo fatto l'abitudine, così come abbiamo fatto l'abitudine agli eventi dell'Olocausto e alle scene dei documentari. Ebbene, in The Butler vi è qualcosa che colpisce più a fondo, qualcosa che manifesta in maniera lampante l'ipocrisia e la carenza morale degli americani bianchi. Questo qualcosa sono le scene in cui Eugene serve e deve restare muto, "come se non ci fosse", ordine impartito prima nella casa padronale e poi alla Casa Bianca. Il maggiordomo di colore serve mentre i politici discutono candidamente di come impedire ai neri di ottenere i diritti, mentre stile e passione vengono pagati il 40% in meno rispetto ai bianchi, mentre servono atti estremi per smuovere gli animi dei presidenti. In questa forma narrativa l'americano fa la figura dell'incivile, del liberatore menzoniero che spadroneggia su persone considerate alla stregua degli animali da lavoro. Il nero accoglie la mano di chi lo bastona o di chi, più in generale, non fa nulla per progredire nella civiltà elementare. Si tratta di scene talmente cariche ed evidenti che lasciano trasparire il colore del regista: Daniels è nero e il suo film è il punto di vista dei neri. Credo che questo sia un importante valore aggiunto poichè accede a una sensibilità che un regista bianco difficilmente è in grado di dominare e riproporre.
Per il resto il film prosegue con lo scontro famigliare da Eugene e suo figlio maggiore, il quale intraprende la protesta nera fino ad aprire una pericolosa parentesi con le Black Panthers (da segnalare la condanna di questo movimento operata tramite l'abbigliamento e il comportamento dei membri).
Lascia particolarmente straniti il personaggio di Oprah in quanto caratterizzato da una continua incostanza. La moglie di Eugene infatti passa dall'essere moglie e madre modello a donna alcolizzata vittima degli eventi, con uno spessore intellettuale che tocca dei picchi in certe circostanze per poi annullarsi in altre.
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enzo70
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mercoledì 5 febbraio 2014
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un progetto ambizioso realizzato a metà
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The butler è tratto da una storia vera, quella di un maggiordomo di colore che approda al centro del potere del mondo. E lo fa in punta di piedi ed in guanti bianchi, con uno stile tutto suo che gli consentirà di diventare l’uomo di riferimento alla casa bianca per i diversi presidenti che si succedono negli ultimi anni del precedente secolo. Forest Whitaker è straordinario nell’interpretare una parte, comunque, difficile e riesce a dare al suo personaggio una forte caratterizzazione, esaltando la forza del carattere di un uomo qualunque. Il cast è importante, importantissimo, Jane Fonda nella parte della signora Reagan, eccezionale, e poi ancora, Oprah Winfrey, che interpreta il difficile ruolo della moglie del maggiordomo, Cuba Gooding Jr.
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The butler è tratto da una storia vera, quella di un maggiordomo di colore che approda al centro del potere del mondo. E lo fa in punta di piedi ed in guanti bianchi, con uno stile tutto suo che gli consentirà di diventare l’uomo di riferimento alla casa bianca per i diversi presidenti che si succedono negli ultimi anni del precedente secolo. Forest Whitaker è straordinario nell’interpretare una parte, comunque, difficile e riesce a dare al suo personaggio una forte caratterizzazione, esaltando la forza del carattere di un uomo qualunque. Il cast è importante, importantissimo, Jane Fonda nella parte della signora Reagan, eccezionale, e poi ancora, Oprah Winfrey, che interpreta il difficile ruolo della moglie del maggiordomo, Cuba Gooding Jr., Lenny Kravitz. Ma la grande protagonista è la storia recente degli Stati Uniti, quella vera, quella che accade sul loro suolo, dove la carrellata di presidenti fa da sfondo alla costante del problema razziale. Il primo figlio della coppia, Louis cerca la soluzione e lo fa prima aderendo alle posizioni del Dr. King, Martin Luther, per intenderci, per poi approdare alle più radicali soluzioni di MalcomX e delle sue Black panthers. Il secondo genito, nell’ambito delle contraddizioni di un popolo da sempre in contraddizione con se stesso, eccezionale nella ricerca del bene, pessimo nella repressione del male, va in Vietnam per difendere la bandiera del suo Paese, nonostante sia un nero: e ci muore. Ciò detto questo film vorrebbe essere una grande storia recente degli Stati Uniti ma in vari punti cede alla banalità e, soprattutto alla fine, con un eccessivo spot alla presidenza Obama perde di credibilità.
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[+] la storia di obama è un fatto , ed un fatto epocal
(di teresina3)
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jackmalone
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giovedì 13 febbraio 2014
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i migliori anni della nostra vita
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Cosa c'è di meglio di una vita vissuta? Accontentando se stessi e scontentando magari qualcun altro, anche se sono le persone che amiamo di più. Per Cecil, uno schiavo delle piantagioni di cotone che ha vissuto esperienze orribili, la conquista di un ruolo sociale importante e la consapevolezza delle proprie qualità non sono la ricerca di un riscatto personale ma la semplice affermazione della propria vita, una vita "normale" con un lavoro però in un ambiente esclusivo e ovattato che gli permette di mantenere la sua famiglia con tranquillità , di far studiare i figli, avere una bella casa e lo isola dal mondo esterno in continuo fermento. Al giorno d'oggi il massimo a cui si potrebbe aspirare! Cecil è un vero eroe dei nostri tempi;non fuma, non gioca , non ha vizi, non tradisce la moglie , ama i figli e cerca anche di capire quando uno di essi viene arrestato, perchè sostenitore dei diritti civili.
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Cosa c'è di meglio di una vita vissuta? Accontentando se stessi e scontentando magari qualcun altro, anche se sono le persone che amiamo di più. Per Cecil, uno schiavo delle piantagioni di cotone che ha vissuto esperienze orribili, la conquista di un ruolo sociale importante e la consapevolezza delle proprie qualità non sono la ricerca di un riscatto personale ma la semplice affermazione della propria vita, una vita "normale" con un lavoro però in un ambiente esclusivo e ovattato che gli permette di mantenere la sua famiglia con tranquillità , di far studiare i figli, avere una bella casa e lo isola dal mondo esterno in continuo fermento. Al giorno d'oggi il massimo a cui si potrebbe aspirare! Cecil è un vero eroe dei nostri tempi;non fuma, non gioca , non ha vizi, non tradisce la moglie , ama i figli e cerca anche di capire quando uno di essi viene arrestato, perchè sostenitore dei diritti civili.La sua etica è stringente e condivisibile :bisogna lavorare duro ,dimostrare il proprio valore per meritarsi il diritto di protestare, il rispetto te lo devi guadagnare e sudare giorno dopo giorno per rivendicare ciò che ti spetta .Cecil non vuole dimostrare agli altri che un nero può essere bravo come un bianco ma, con la sua tenacia, dimostra a se stesso di esserlo di più.Continuando a lucidare con perseveranza migliaia di posate e centinaia di paia di scarpe, anno dopo anno Cecil ha compiuto il suo percorso, è lui che si è guadagnato il diritto di essere retribuito come un bianco qualunque. Intanto il mondo è cambiato ma anche Cecil ha fatto la sua parte; fa riflettere la difficoltà del rapporto genitori figli che esiste in ogni generazione e si ripete anche in contesti storici tanto diversi: neanche uno come Cecil riesce a vincere questa battaglia e probabilmente questi rimarrano gli unici conflitti veramente insanabili anche in una perfetta società futura.
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ice pen
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domenica 23 febbraio 2014
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e l'afroamerican dream came true
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Attraverso l’eccezionale volgere degli anni e delle bandiere politiche si inseguono le vicende di due uomini tormentati dal complesso divario generazionale, un padre maggiordomo e un figlio dissidente - che sacrifica la propria immagine di borghese perbenista per la difesa dei diritti civili del popolo nero.
A partire dai primi anni ’20 del novecento, “la scatola nera” dell’attento regista Lee Daniels inquadra il vissuto del popolo americano bianco e Afro, dei suoi presidenti e quelli di un padre e di un figlio – personalità sempre in antithesis – eredi di una xenofoba white american culture che li vuole sottomessi perché di colore.
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Attraverso l’eccezionale volgere degli anni e delle bandiere politiche si inseguono le vicende di due uomini tormentati dal complesso divario generazionale, un padre maggiordomo e un figlio dissidente - che sacrifica la propria immagine di borghese perbenista per la difesa dei diritti civili del popolo nero.
A partire dai primi anni ’20 del novecento, “la scatola nera” dell’attento regista Lee Daniels inquadra il vissuto del popolo americano bianco e Afro, dei suoi presidenti e quelli di un padre e di un figlio – personalità sempre in antithesis – eredi di una xenofoba white american culture che li vuole sottomessi perché di colore.
I destini dei protagonisti si intrecciano in anni di duri e lunghi conflitti, ma le profonde incomprensioni si sciolgono in un inaspettato epilogo. Dalla maturità dell’integerrimo maggiordomo, ormai al termine della propria carriera di fedele servitore degli United States e dei suoi presidenti, irrompe la riconquista del figlio perduto e la condivisione della lotta politica da questi nobilmente intrapresa per il bene del popolo nero. Solo la visione dell’ultimo presidente Obama che vince le elezioni, suggella la convinzione che con l’avvento del nuovo potere democratico si sia riusciti a livellare il divario razziale e ad alleggerire il carico degli oneri, che per anni hanno gravato sulla famiglia del Butler Cecil e da secoli sull’intero popolo Afroamerican.
Si destreggia abilmente il regista che nella rappresentazione dello spazio temporale di un secolo di storia, riesce a tenere sempre alta l’attenzione dello spettatore con frequenti momenti di pathos che riescono ad infondere nello spettatore l’intramontabile baluardo dell’American dream e del “We can” Obamiano.
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flyanto
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giovedì 9 gennaio 2014
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una vita piena di sacrifici e di lotte
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Film in cui si racconta la reale vita di un uomo di colore (interpretato da Forest Whitaker) che, dall' infanzia trascorsa a lavorare sfruttato e maltrattato nelle piantagioni di cotone, giunge nell'età matura a svolgere la mansione di domestico, prima in esclusivi e lussuosi hotels a Washington e poi addirittura presso la Casa Bianca. Nel corso della rappresentazione di questa esistenza, principalmente dell' attività di maggiordomo del protagonista presso la residenza dei vari presidenti statunitensi,vengono presentate anche le lunghe e spesso dure battaglie che la popolazione di colore ha dovuto sostenere negli Stati Uniti d'America al fine di vedere riconosciuti ed ottenere gli stessi diritti riservati alla popolazione bianca americana, nonchè, sul piano personale del protagonista della vicenda, le diverse ideologie ed i suoi eventuali contrasti (provenienti da vissuti ed esperienze di vita, nonchè epoche, differenti) con il proprio figlio maggiore.
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Film in cui si racconta la reale vita di un uomo di colore (interpretato da Forest Whitaker) che, dall' infanzia trascorsa a lavorare sfruttato e maltrattato nelle piantagioni di cotone, giunge nell'età matura a svolgere la mansione di domestico, prima in esclusivi e lussuosi hotels a Washington e poi addirittura presso la Casa Bianca. Nel corso della rappresentazione di questa esistenza, principalmente dell' attività di maggiordomo del protagonista presso la residenza dei vari presidenti statunitensi,vengono presentate anche le lunghe e spesso dure battaglie che la popolazione di colore ha dovuto sostenere negli Stati Uniti d'America al fine di vedere riconosciuti ed ottenere gli stessi diritti riservati alla popolazione bianca americana, nonchè, sul piano personale del protagonista della vicenda, le diverse ideologie ed i suoi eventuali contrasti (provenienti da vissuti ed esperienze di vita, nonchè epoche, differenti) con il proprio figlio maggiore.
Questo film obiettivamente risulta ben realizzato sotto molti punti di vista: sia da quello registico ed interpretativo che anche da quello concernente il tema sociale, esposto in maniera semplice e lineare e dunque comprensibile, con cui il regista Lee Daniels affronta la storia americana delle lotte combattute dai neri, sicuramente poco conosciuta dalla maggior parte degli spettatori non statunitensi.
Al di là, comunque, di tutto ciò, il film di Daniels presenta alcune lungaggini di troppo in alcune sue parti che ne appesantiscono notevolmente il racconto e soprattutto in esso manca quello spirito originale di lotta sociale che invece era presente nel precedente e miglior lavoro del regista, "Precious", e che di conseguenza relega la pellicola ad una pellicola semplicemente retorica e "politically correct".
Infine, sebbene lodevole, anche l'interpretazione dell'attore Forest Whitaker in questa occasione non risulta ai massimi vertici, raggiunti, invece, in altri ruoli da lui svolti precedentemente.
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rampante
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domenica 11 maggio 2014
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un nero alla casa bianca
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Storia degli Stati Uniti d'America dal 1952 al 1986
Una storia americana vera, quella di Eugene Allen passato dalle piantagioni di cotone iperviolente ad inizio secolo agli intrighi della Casa Bianca
Trent'anni di storia contemporanea attraverso la vita di Cecil Gaines maggiordomo afroamericano presso la Casa Bianca e testimone della vita privata e delle vicende politiche di 7 presidenti degli Stati Uniti
Negli anni '20 Cecil Gaines vive nella Georgia, i suoi genitori lavorano nei campi di cotone della tenuta dove è nato
un possidente stupra sua madre e ne uccide il padre davanti ai suoi occhi
Cecil cresce nella casa dei bianchi dove impara ad essere invisibile, riservato, ben educato, immobile.
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Storia degli Stati Uniti d'America dal 1952 al 1986
Una storia americana vera, quella di Eugene Allen passato dalle piantagioni di cotone iperviolente ad inizio secolo agli intrighi della Casa Bianca
Trent'anni di storia contemporanea attraverso la vita di Cecil Gaines maggiordomo afroamericano presso la Casa Bianca e testimone della vita privata e delle vicende politiche di 7 presidenti degli Stati Uniti
Negli anni '20 Cecil Gaines vive nella Georgia, i suoi genitori lavorano nei campi di cotone della tenuta dove è nato
un possidente stupra sua madre e ne uccide il padre davanti ai suoi occhi
Cecil cresce nella casa dei bianchi dove impara ad essere invisibile, riservato, ben educato, immobile.
Approda a Washington dove viene assunto come maggiordomo alla Casa Bianca, sposa Gloria ed ha due figli Louis e Charlie, è appagato dal suo destino, orgoglioso della sua famiglia, sogna una lenta ascesa sociale da buon afroamericano e si sente un sereno borghese
Fuori il mondo sta cambiando
il primogenito Louis deciso a lottare per i diritti civili della sua gente militerà nella Black Pantles, non capito verrà ripudiato dal padre che vuole stare al suo posto
ed essere solo un servo fedele, prenderà coscienza di sè, dei propri diritti e si dimetterà da maggiodomo deciso a lottare a fianco di suo figlio solo dopo la morte
in guerra del suo secondogenito Charlie
Un film impegnato sul fronte dei diritti civili degli afroamericani. Un grande film
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renato c.
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martedì 3 giugno 2014
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un bel film storico!
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Un bel film storico, almeno per quel che riguarda la storia recente degli Stati Uniti. Inizia con una scena raccapricciante: lavoratori di cotone in una piantagione dove ad un certo punto arriva il perfido proprietario desideroso di sfogare i suoi bassi istinti con una lavoratrice mulatta, e, davanti agli occhi del marito e del figlio(bambino!)se la porta in casa da cui si sentono provenire urla della povera donna. e quando il farabutto torna nella piantagione ed il marito della malcapitata lo guarda con occhi di rimprovero, piglia una pistola e lo uccide davanti agli occhi del figlio! La sequenza porta la data del 1926!! Ma la schiavitù non era stata abolita da Abramo Lincoln intorno al 1865?! Purtroppo, durante la schiavitù i proprietari degli schiavi erano liberi di ucciderli e restare impuniti, ma nel 1926 era ancora possibile!!!!???? Il ragazzo poi diventa uomo, si fa furbo, fugge prima di morire ammazzato anche a lui, va a lavorare come cameriere partendo dai locali più infimi fino ad arrivare agli alberghi più lussuosi e ha la fortuna di essere notato dal capo del personale di servizio della Casa Bianca che lo assume come maggiordomo! Davanti a lui passano 7 presidenti: da Eisenhower a Reagan: ed il personale di colore non osa sbilanciarsi con nessuno! Classico l'esempio di Nixon, vice-presidente di Eisenhower e candidato alla Casa Bianca contro J.
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Un bel film storico, almeno per quel che riguarda la storia recente degli Stati Uniti. Inizia con una scena raccapricciante: lavoratori di cotone in una piantagione dove ad un certo punto arriva il perfido proprietario desideroso di sfogare i suoi bassi istinti con una lavoratrice mulatta, e, davanti agli occhi del marito e del figlio(bambino!)se la porta in casa da cui si sentono provenire urla della povera donna. e quando il farabutto torna nella piantagione ed il marito della malcapitata lo guarda con occhi di rimprovero, piglia una pistola e lo uccide davanti agli occhi del figlio! La sequenza porta la data del 1926!! Ma la schiavitù non era stata abolita da Abramo Lincoln intorno al 1865?! Purtroppo, durante la schiavitù i proprietari degli schiavi erano liberi di ucciderli e restare impuniti, ma nel 1926 era ancora possibile!!!!???? Il ragazzo poi diventa uomo, si fa furbo, fugge prima di morire ammazzato anche a lui, va a lavorare come cameriere partendo dai locali più infimi fino ad arrivare agli alberghi più lussuosi e ha la fortuna di essere notato dal capo del personale di servizio della Casa Bianca che lo assume come maggiordomo! Davanti a lui passano 7 presidenti: da Eisenhower a Reagan: ed il personale di colore non osa sbilanciarsi con nessuno! Classico l'esempio di Nixon, vice-presidente di Eisenhower e candidato alla Casa Bianca contro J.F. Kennedy che cerca di procurarsi i voti del personale di colore; poi è stato battuto da Kennedy (elezioni del 1960). Ma se il personale si fosse sbilanciato con Kennedy, quando poi si sarebbero ritrovati Nixon alla Casa bianca dopo le elezioni del 1968, quale sarebbe stata la sua reazione?! Quindi anche coi protettori dei loro diritti, Kennedy e Johnson l’unico commento che facevano era “Ha bisogno d’altro Signore!” Bella anche la contrapposizione tra il protagonista ed il figlio combattivo, al quale poi alla fine il padre si unisce! E l’invito a cena da parte di Reagan al tavolo con loro! (Jane Fonda sembrava proprio la vera Nancy Reagan!). Il film termina con l’elezione alla Casa Bianca di Barac Obama! Le minoranze etniche hanno avuto la loro rivincita! Certo che hanno patito, hanno sofferto, ma alla fine hanno vinto, anche se purtroppo il ku-klux clan esiste ancora e molti razzisti son sono ancora rassegnati! Film forse un po’ pesante, in alcuni punti, ma altamente educativo!
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