purplerain
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venerdì 19 ottobre 2012
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non è holliwwod
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Ebbene sì!! non è Holliwwod, ma è l'Italia, o almeno quella parte di essa che molti di noi non conosciamo!! Una bellissima lezione di storia quella di Giordana, la ricostruzione di fatti ed eventi che in molti non possono ricordare o conoscere. Una ricostruzione che passa attraverso le vite di molti personaggi ma che soprattutto pone le basi sulla vita di due in particolare, il commissario Calabresi, un ottimo Mastandrea ben calato nella parte, e un "semplice" ferroviere, uno del popolo, al secolo Giuseppe Pinelli, interpretato dall'altrettanto ottimo Favino, che pagherà con la vita e non riceverà mai giustizia. Attraverso le loro vite, presentandoci anche i problemi che affliggono ogni giorno le persone comuni, il regista ci offre la ricostruzione di ciò che avvenne quel giorno in Piazza Fontana e in maniera particolare ci fa ccapire come in Italia ma non solo a volte sia meglio girarsi dall'altra parte e far finta di non aver visto e sentito!! Al pari dei altre stragi infatti, ad esempio quella di Ustica o la stessa morte di Moro, il tutto resta insoluto e nessuno paga, e ciò ci fa capire come alle spalle di tutto vi sia la "longa manus" dello stato!! Il film, per la ricostruzione e per alcuni tratti della sceneggiatura, mi ha ricordato molto due pellicole precedenti e cioè: "Segreti di stato" di Paolo Benvenuti e soprattutto "Piazza delle cinque lune" di Renzo Martinelli.
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Ebbene sì!! non è Holliwwod, ma è l'Italia, o almeno quella parte di essa che molti di noi non conosciamo!! Una bellissima lezione di storia quella di Giordana, la ricostruzione di fatti ed eventi che in molti non possono ricordare o conoscere. Una ricostruzione che passa attraverso le vite di molti personaggi ma che soprattutto pone le basi sulla vita di due in particolare, il commissario Calabresi, un ottimo Mastandrea ben calato nella parte, e un "semplice" ferroviere, uno del popolo, al secolo Giuseppe Pinelli, interpretato dall'altrettanto ottimo Favino, che pagherà con la vita e non riceverà mai giustizia. Attraverso le loro vite, presentandoci anche i problemi che affliggono ogni giorno le persone comuni, il regista ci offre la ricostruzione di ciò che avvenne quel giorno in Piazza Fontana e in maniera particolare ci fa ccapire come in Italia ma non solo a volte sia meglio girarsi dall'altra parte e far finta di non aver visto e sentito!! Al pari dei altre stragi infatti, ad esempio quella di Ustica o la stessa morte di Moro, il tutto resta insoluto e nessuno paga, e ciò ci fa capire come alle spalle di tutto vi sia la "longa manus" dello stato!! Il film, per la ricostruzione e per alcuni tratti della sceneggiatura, mi ha ricordato molto due pellicole precedenti e cioè: "Segreti di stato" di Paolo Benvenuti e soprattutto "Piazza delle cinque lune" di Renzo Martinelli. Alla fine del film, come in molte pellicole holliwoodiane, i resta una sensazione di vuoto e di impotenza non perchè il film non sia all'altezza, tutt'altro, ma perchè spesso ci rendiamo conto di essere delle comparse in un film diretto da altri e che nessuno di noi lascerà un segno, come le vittime delle bombe!! Da vedere!!
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andrea giostra
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giovedì 11 ottobre 2012
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storia d'italia
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Film bellissimo ed attualissimo. Oggi più che mai attuale. L’Italia era – e lo è tutt’oggi nel 2012! - una giovane democrazia e come tutte le giovani democrazie ha corso seri e terribili rischi di svolte dittatoriali nostalgiche dei periodi più infausti della sua storia. Poteri forti occulti e ben “infiltrati”, giovani rappresentanti delle istituzioni che hanno difeso con incoscienza, con passione e con la propria vita i principi costituzionali della giovane repubblica, vecchi personaggi corrotti e depistatori professionisti al cinico servizio di lobby che all’interesse pubblico hanno da sempre preferito gli interessi privati, sacrifici umani destabilizzanti per l’equilibrio democratico giustificati all’opinione pubblica come attentati di deboli e incolpevoli gruppi sociali.
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Film bellissimo ed attualissimo. Oggi più che mai attuale. L’Italia era – e lo è tutt’oggi nel 2012! - una giovane democrazia e come tutte le giovani democrazie ha corso seri e terribili rischi di svolte dittatoriali nostalgiche dei periodi più infausti della sua storia. Poteri forti occulti e ben “infiltrati”, giovani rappresentanti delle istituzioni che hanno difeso con incoscienza, con passione e con la propria vita i principi costituzionali della giovane repubblica, vecchi personaggi corrotti e depistatori professionisti al cinico servizio di lobby che all’interesse pubblico hanno da sempre preferito gli interessi privati, sacrifici umani destabilizzanti per l’equilibrio democratico giustificati all’opinione pubblica come attentati di deboli e incolpevoli gruppi sociali. Tutto costruito e rappresentato con eccellente maestria e recitato da attori bravissimi. Lo spettatore respira il tanfo delle bombe, il dramma della gente, e il terrore serpeggiante all’interno delle istituzioni fedeli allo stato. Un periodo storico che non sarà mai chiarito, contrassegnato da violenta ed occulta guerra per il potere ed il controllo della nazione. Oggi come allora queste forze occulte sono rimaste impunite, intoccabili e ben infiltrate nelle istituzioni: è questo il messaggio che Giordana lascia allo spettatore che rimane attonito e impotente agli eventi della politica e della storia. Bisognerebbe farlo vedere in tutte le scuole italiane!
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kronos
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martedì 10 luglio 2012
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cronaca, cronaca, cronaca
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Ottima produzione: film ben girato (magnifica in particolar modo la fotografia) e interpretato ... ma cui prodest?
Ovvero a chi giova un film-documentario destinato alla sala, costato a occhio e croce non meno di sette/otto milioni di euro, e immancabilmente destinato al flop commerciale?
Non dovrebbe bastare un buon documentario TV di Lucarelli per cercar di far luce sui più cupi recessi della storia repubblicana?
E' il limite intrinseco dei tanti films "politici" prodotti in Italia negli ultimi anni: snobbati dal pubblico delle sale ma costosi, tecnicamente pregevoli ma difficili da vendere all'estero ... com'è possibile che i relativi produttori prosperino invece che fallire? Dove li trovano i fondi per sostenere insuccessi a ripetizione?
Chi fosse interessato a godere di vero cinema che tuttavia non rinunci a riflettere sulle miserie d'Italia, si procuri qualche classico di Damiani o Petri (vedasi "Io ho Paura" o "Indagine su un cittadino.
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Ottima produzione: film ben girato (magnifica in particolar modo la fotografia) e interpretato ... ma cui prodest?
Ovvero a chi giova un film-documentario destinato alla sala, costato a occhio e croce non meno di sette/otto milioni di euro, e immancabilmente destinato al flop commerciale?
Non dovrebbe bastare un buon documentario TV di Lucarelli per cercar di far luce sui più cupi recessi della storia repubblicana?
E' il limite intrinseco dei tanti films "politici" prodotti in Italia negli ultimi anni: snobbati dal pubblico delle sale ma costosi, tecnicamente pregevoli ma difficili da vendere all'estero ... com'è possibile che i relativi produttori prosperino invece che fallire? Dove li trovano i fondi per sostenere insuccessi a ripetizione?
Chi fosse interessato a godere di vero cinema che tuttavia non rinunci a riflettere sulle miserie d'Italia, si procuri qualche classico di Damiani o Petri (vedasi "Io ho Paura" o "Indagine su un cittadino..." entrambi interpretati da un grande Volontè).
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francesca meneghetti
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domenica 10 giugno 2012
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una strage senza colpevoli non è romanzesca?
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Molta stampa ha accolto “Romanzo di una strage” con giudizi improntati a riserva, se non a stroncatura. La maggior parte delle critiche riguardava il distacco tra la fabula del film e la Storia, cosìcome veniva sottolineato da alcuni che furono coinvolti in quell’oscura vicenda che viene spesso considerata come l’inizio della “strategia della tensione”, destinata a marchiare cupamente gli anni ’70.
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Molta stampa ha accolto “Romanzo di una strage” con giudizi improntati a riserva, se non a stroncatura. La maggior parte delle critiche riguardava il distacco tra la fabula del film e la Storia, cosìcome veniva sottolineato da alcuni che furono coinvolti in quell’oscura vicenda che viene spesso considerata come l’inizio della “strategia della tensione”, destinata a marchiare cupamente gli anni ’70. Da una parte, Adriano Sofri, allora leader di Lotta Continua, implacabile accusatrice del commissario Calabresi, poi assassinato, ha editato un instant book intitolato 43 anni. Dall'altra Guido Lorenzon, il mite insegnante trevigiano, compagno di collegio di Giovanni Ventura, il quale, con la sua testimonianza, aprì la strada alle indagini venete sulla pista nera (per opera di giudici come Stiz e Calogero, coraggiosi e un po' dimenticati), si è dissociato dal film per l’invenzione delle due bombe (di cui una, dimostrativa, di matrice anarchica).
Sarebbero critiche sacrosante se ci trovassimo di fronte ad una ricostruzione storica dichiarata. Ma di fronte ad un film, che, rifacendosi a una sceneggiatura parzialmente di fantasia, s’intitola “Romanzo di una strage”, e che perciò corre su un crinale sottile tra storia e invenzione, pare che la fruizione più corretta sia quella di esprimere un giudizio sul valore artistico. E’ poi ovvio che, dato il tema molto politicizzato, la lettura si presti anche a dei risvolti di carattere ideologico, variabili in funzione delle opinioni, o dei ricordi, di ciascuno.
Il film racconta bene un periodo cupo e oscuro della storia italiana con colori freddi e grigi: anche la scena cruciale del film è molto vicina al bianco e nero, ed è particolare quel getto di coriandoli o foglietti bianchi, sparati fuori dal palazzo, nel cielo notturno. E’ una scelta stilistica che, evitando sanguinamenti a profusione, ricorda quella di Hitchcock di Psyco, quando la donna sotto la doccia viene accoltellata e il piatto della doccia passa dal colore ai toni grigi, per non indulgere nell’impatto emotivo del rosso.
Il sistema dei personaggi è ben bilanciato, con le due coppie coniugali contrapposte (dal destino, più ancora che dalle diverse scelte ideologiche), per altro interpretate da quattro ottimi attori. Anzi, il merito principale del film è di aver ricostruito lo spessore umano di Pinelli e di Calabresi, e di averli, di fatto, riabilitati. Del tutto giustamente? Il regista sembra esserne convinto, anche se manca un piccolo tassello a ricomporre il quadro della totale innocenza del commissario (la testimonianza di Valitutti). Ma se così fosse, allora si comprende l’imbarazzo, di fronte al film, di tanti personaggi che nel 1971 si esposero con una durissima lettera accusatoria all'Espresso contro Calabresi, sostituendosi al ruolo dei giudici. Per inciso, affidare la parte del commissario a Valerio Mastrandrea è già di per sé espressione di un’intenzione assolutoria, sia pure inconscia: con il suo sguardo languido e malinconico, di sottecchi, riuscirebbe a ridare verginità anche a Hitler!
Anche gli altri personaggi di contorno sono interpretati con cura, e persino con ricerca di somiglianza con i modelli originali. Si pensi ad Aldo Moro, ma anche il personaggio Ventura, che è parso caricaturale, non si discosta molto dal vero, secondo le testimonianze di chi l’ha conosciuto di vista. Il che dimostra che uno studio storico e filologico ha accompagnato comunque la preparazione del film.Per quanto riguarda l’interpretazione dei fatti storici da parte di Giordana, l’invenzione delle due bombe non sminuisce la responsabilità e l’intenzione stragista dei “neri”, che risulta nettissima, mentre il riferimento a misteriosi giochi dell’intelligence americana, per quanto possa sembrare fantasioso, si avvicina forse alla verità più di quanto si possa pensare.
Certo i familiari delle vittime avrebbero desiderato un atto di accusa più netto e meno dubitativo, a compensare le offese subite da una mancata giustizia, ma la colpa di ciò non è del regista.
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catcarlo
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lunedì 4 giugno 2012
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romanzo di una strage
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Meglio cominciare dal film. Che è un bel film. La sceneggiatura di Rulli e Petraglia scorre con buon ritmo (il primo passaggio a vuoto si avverte dopo quasi un’ora e mezza) evitando con abilità i rischi della frammentazione e della superficialità malgrado la narrazione si svolga su un arco temporale di tre anni e sciorini una successione di luoghi, volti e situazioni diverse. La macchina da presa di Giordana stringe con essenzialità sui volti disegnando – grazie anche a un uso espressivo del chiaroscuro - immagini claustrofobiche come la storia che racconta, in una pellicola che ha pochissimi esterni e almeno un colpo di genio (la scena sul tram tra i montaggi alternati in attesa della bomba).
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Meglio cominciare dal film. Che è un bel film. La sceneggiatura di Rulli e Petraglia scorre con buon ritmo (il primo passaggio a vuoto si avverte dopo quasi un’ora e mezza) evitando con abilità i rischi della frammentazione e della superficialità malgrado la narrazione si svolga su un arco temporale di tre anni e sciorini una successione di luoghi, volti e situazioni diverse. La macchina da presa di Giordana stringe con essenzialità sui volti disegnando – grazie anche a un uso espressivo del chiaroscuro - immagini claustrofobiche come la storia che racconta, in una pellicola che ha pochissimi esterni e almeno un colpo di genio (la scena sul tram tra i montaggi alternati in attesa della bomba). Gli attori si dimostrano tutti all’altezza e anche oltre, dando vita a partecipazioni molto sentite (per esserci, Luca Zingaretti fa il perito in tribunale per trenta secondi) fra le quali è obbiettivamente difficile e anche ingiusto scegliere: meglio la fredda ferocia della coppia Marchesi/Fasolo (ovvero Freda/Ventura) oppure la dolente umanità del Pinelli di Favino? E’ da preferire il percorso a ostacoli psicologici che Mastrandrea racconta nei panni di Calabresi o il mimetismo che trasforma Gifuni in un Aldo Moro sconfitto dalla storia? Arduo esprimere una preferenza, come è impossibile, in fondo, parlare (pardon, scrivere) di ‘Romanzo di una strage’ solo dal punto di vista cinematografico: potrebbe farlo solo uno spettatore straniero perché altrimenti il coinvolgimento emotivo è, comunque, condizionante. Anche se si sono letti articoli e libri a bizzeffe sull’argomento, il cinema e il grande schermo hanno una forza di impatto ben diversa e impongono con la forza delle immagini di meditare che tutto questo è stato. Secondarie, se non inutili, paiono allora le polemiche sul fatto che il film sia costruito sul libro (al momento screditato dalla storiografia ufficiale) ‘Il segreto di Piazza Fontana’ di Paolo Cucchiarelli: una valigia o due non fa differenza, quel che conta è che qualcuno volle portare l’Italia sulla strada della Grecia dei colonnelli e per riuscirci non esitò a calpestare decine di vite umane. Frange giovanili estreme, servizi segreti interni ed esteri, pezzi di Stato che tradirono o, almeno, omisero – a partire dal disgustoso (comportamento del) questore Guida, ex funzionario fascista, per giungere alle più alte cariche: una combinazione, già additata da Pasolini pochi anni dopo Piazza Fontana, che la giustizia italiana non è mai riuscita a scrivere in una sentenza. Il silenzio degli innocenti è rimasto assordante (i quattordici della Banca dell’Agricoltura, Pinelli, anche Calabresi lasciato solo e poi tutti gli altri degli anni che seguirono) e, visto che questo è un Paese portato in particolar modo alla smemoratezza, sarebbe forse il caso di far vedere un film come questo nelle scuole.
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liver
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lunedì 14 maggio 2012
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difficile ed equilibrato
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Non offende nessuno. Purtroppo nella realtà i colpevoli non sono stati condannati e questo è il vero dramma.
Tuttavia nel film – al di là di finzione e suggestione – tre personaggi suscitano il massimo rispetto: Pinelli, Calabresi, Aldo Moro. Tre grandi uomini che hanno pagato un prezzo troppo elevato per la loro onestà intellettuale. Ovviamente così sono stati dipinti dal regista e così mi piace immaginarli.
Giordana fa pochi film, tutti bellissimi.
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zelos1977
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mercoledì 9 maggio 2012
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marco tullio giordana al suo meglio!
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Come già aveva descritto nel documentario del 1995 sulla morte di P.P. Pasolini, Giordana stavolta affronta un' altra pagina oscura della storia italiana, la strage di piazza Fontana a Milano nel dicembre 1969. E' un film inchiesta davvero ben narrato, attori mirabili, regia documentaristica controllata ed indagatrice! Per chi, come noi giovani non ha vissuto (fortunatamente) quell'epoca, questi film ben fatti ci aprono gli occhi alla macabra storia politica-terroristica italiana. Ognuno può farsi una sua idea riguardo ai presunti colpevoli della strage di piazza Fontana, resta il fatto che il regista sembra tendere a scagionare dalla colpevolezza i militanti anarchici.
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Come già aveva descritto nel documentario del 1995 sulla morte di P.P. Pasolini, Giordana stavolta affronta un' altra pagina oscura della storia italiana, la strage di piazza Fontana a Milano nel dicembre 1969. E' un film inchiesta davvero ben narrato, attori mirabili, regia documentaristica controllata ed indagatrice! Per chi, come noi giovani non ha vissuto (fortunatamente) quell'epoca, questi film ben fatti ci aprono gli occhi alla macabra storia politica-terroristica italiana. Ognuno può farsi una sua idea riguardo ai presunti colpevoli della strage di piazza Fontana, resta il fatto che il regista sembra tendere a scagionare dalla colpevolezza i militanti anarchici. Questo film somiglia molto agli eccellenti film inchiesta di F. Rosi degli anni '60-'70.
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antonello chichiricco
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lunedì 7 maggio 2012
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sfracelli d'italia
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Il 12 dicembre 1969 una bomba ad altissimo potenziale esplode alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Il commissario Calabresi indaga seguendo la pista anarchica ma presto si rende conto che in realtà sono gli stessi servizi segreti e interi pezzi di stato sostenuti dalla CIA a manovrare la destra eversiva ansiosa di tornare ad un regime fascista.
“Anni di piombo” fu la terribile etichetta di quel periodo.
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Il 12 dicembre 1969 una bomba ad altissimo potenziale esplode alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Il commissario Calabresi indaga seguendo la pista anarchica ma presto si rende conto che in realtà sono gli stessi servizi segreti e interi pezzi di stato sostenuti dalla CIA a manovrare la destra eversiva ansiosa di tornare ad un regime fascista.
“Anni di piombo” fu la terribile etichetta di quel periodo. Ma com’è cominciata?
I moti del ’68, il maggio francese, le rivolte nei colleges americani, i movimenti pacifisti, il rifiuto rabbioso della guerra del Vietnam, le ondate di manifestazioni, di scioperi internazionali, le guerriglie urbane come quella di Roma a Valle Giulia, tutti effetti dell’universale desiderio di cambiamento; lavoro, cultura, istruzione, diritto, religione, ruoli e rapporti sociali e familiari, ogni cardine delle vecchie istituzioni viene rimesso in discussione con una contestazione mondiale senza precedenti nella storia.
Tutto viene estremizzato, forti attriti, tensioni sociali, tragiche altalene fra eversione e restaurazione. La contestazione di quegli anni praticamente diventa una contro-cultura “dominante”. Si configura un’egemonia di sinistra, definirsi compagni è anche una moda, oltre che un passpartout. Molti di quei ragazzi in eschimo, jeans, capelli lunghi, orecchino e tatuaggio sono poi diventati, o hanno cercato di diventare, rampanti yuppies, assatanati imprenditori, machiavellici politicanti.
In Italia l’anomalia del partito comunista più forte d’Europa e relativa agguerritissima frangia della sinistra extraparlamentare preoccupa l’egemonia democristiana e il Patto Atlantico.
E comincia la strategia della tensione.
E’ qui che parte il film di Giordana: dal primo di una lunga serie di attentati criminali giustamente definiti “stragi di stato”. La collocazione storiografica è didascalicamente fedele, quasi scontata, ma la ricostruzione-scenario si rivela interessante: per alcuni aspetti iconografici, scrupolosa (strade, vestiario, linguaggio, veicoli) per altri spazialmente surreale, immersa come sembra in una piece teatrale monoambiente. Bravi gli interpreti in particolare Favino nei panni dell’anarchico Pinelli vittima innocente - unica cosa chiara dell'oscura vicenda - di un vile assassinio, sottotono Valerio Mastandrea nei panni di un Calabresi troppo mesto e introverso rispetto al profilo umanamente più intenso e vivace del vero commissario, testimoniato dai suoi parenti. Il limite del film (che non necessariamente è un demerito) emerge fatalmente proprio da quel buco nero, uno dei tanti, della nostra storia più recente. Come in altre opere del genere, argomentare con una fiction-verista sull’Italia dei misteri è giocoforza arduo se non perdente. La pellicola - di ostentata pretesa pedagogica - s’ispira al romanzo di Paolo Cucchiarelli la cui teoria delle due bombe (una soft-anarchica, l’altra hard-fascista) non sta in piedi ed è stata più volte screditata.
Antonello Chichiricco
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barone di firenze
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sabato 5 maggio 2012
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io lo sapevo
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Chi come me ha vissuto i tempi cupi dell'Italia dell'eversione nera che ci ha fatto rischiare per almeno tre volte il golpe fascista, non puo' che osannare che un film di questo genere ben ricostruito nell'ambientazione. Favino, Gifuni e Mastrandrea una conferma del loro valore, ma anche la Michela Cescon e la Laura chiatti hanno dato una buona interpretazione del loro personaggio. Da vedere.
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lem10
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domenica 29 aprile 2012
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piazza fontana, la verità esiste?
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Dire "Un film che fa luce sullo stragismo di stato" suona surreale... Già la tag-line stampata sui manifesti prende in giro il pubblico: "Piazza Fontana, la verità esiste". Bene allora vuol dire che il film ce la raccontarà. Invece arrivi stancamente alla fine per leggere che su quella strage non si è mai arrivati a nessuna verità. E va bene che il marketing applicato al cinema esiste, ma essere presi in giro è un'altra cosa. Molto più apprezzabile lo Stone di "JFK" il cui sottotitolo era "Un caso ancora aperto". Il film di Giordana poi è sicuramente ben girato, alla maniera della buona televisione.
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Dire "Un film che fa luce sullo stragismo di stato" suona surreale... Già la tag-line stampata sui manifesti prende in giro il pubblico: "Piazza Fontana, la verità esiste". Bene allora vuol dire che il film ce la raccontarà. Invece arrivi stancamente alla fine per leggere che su quella strage non si è mai arrivati a nessuna verità. E va bene che il marketing applicato al cinema esiste, ma essere presi in giro è un'altra cosa. Molto più apprezzabile lo Stone di "JFK" il cui sottotitolo era "Un caso ancora aperto". Il film di Giordana poi è sicuramente ben girato, alla maniera della buona televisione. Ma il cinema è un'altra cosa e questo film non resterà nella storia del cinema.
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