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tulipanorosso
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venerdì 27 aprile 2012
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un film per tutti
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Se potessi darei 10 stelle, ottimo film, e soprattutto adatto ai giovani,spero che ci vadano in tanti a vederlo,soprattutto loro che non sanno nulla di queste stragi.
Mi piacerebbe che facessero un film su ogni strage per non dimenticare mai.
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andrea'70
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martedì 24 aprile 2012
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giustizia bendata e imbavagliata
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A cosa serve l'arte?A cosa servono i film?Forse a niente diranno i cinici quando non c'è poi vera e rapida giustizia.Comunque ringraziamo Giordana,Rulli e Petraglia,tutti gli attori,i tecnici,le maestranze,etc per averci fatto ricordare e rifletterer magari solo per il tempo della visione di questo importante e bel film che l'Italia e gli italiani sono migliori della classe politica e dirigente che li governa come sudditi e non cittadini da decenni e che si sono vissute tali tragedie rimaste impunite e quasi seppellite.
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shanks
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lunedì 23 aprile 2012
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la cravatta contro le istituzioni
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Coinvolgente ed affascinante. C'è un ottima tradizione in patria di "film-inchiesta", ovvero di pellicole che attingono direttamente dalla cronaca. Il nuovo lavoro di Marco Tullio Giordana si colloca in questo contesto, cercando di far luce nelle zone d'ombra della nostra Storia, in modo da non dimenticare il pesante bagaglio culturale che ci trasciniamo. Il racconto è teso, vibrante, nonostante si snodi su fili narrativi semantici, lasciando l'azione in secondo piano. Giordana lavora con le parole, parole dosate e mirate, ricreando un linguaggio ricercato nei tempi e nei modi; e cosi ne possiamo assaporare tutte le sfumature dialettali di ogni regione chiamata in gioco, anche ovviamente per merito di un cast in forma.
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Coinvolgente ed affascinante. C'è un ottima tradizione in patria di "film-inchiesta", ovvero di pellicole che attingono direttamente dalla cronaca. Il nuovo lavoro di Marco Tullio Giordana si colloca in questo contesto, cercando di far luce nelle zone d'ombra della nostra Storia, in modo da non dimenticare il pesante bagaglio culturale che ci trasciniamo. Il racconto è teso, vibrante, nonostante si snodi su fili narrativi semantici, lasciando l'azione in secondo piano. Giordana lavora con le parole, parole dosate e mirate, ricreando un linguaggio ricercato nei tempi e nei modi; e cosi ne possiamo assaporare tutte le sfumature dialettali di ogni regione chiamata in gioco, anche ovviamente per merito di un cast in forma. E' un grande lavoro, come quello di mettere al centro della storia un uomo, che si batte certamente per la giustizia delle istituzioni, ma che forse intuisce che le stesse non sono "dalla parte giusta". Questo non lo sapremo mai, sappiamo però che quest'uomo sa cosa è corretto eticamente e per questo verrà emarginato. Il regista lascia ampio respiro alla vita più intima del Commissario, dal tenero rapporto con la famiglia, che contrasta fortemente con la violenza del mondo esterno, alla lotta interiore: morale contro giuramento. Non a caso, la scena che rimarrà piu impressa non sarà l'esplosione, di cui ricordiamo ogni sordido particolare, ma la scelta della cravatta. E' la vita di un uomo.
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erostrato
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lunedì 23 aprile 2012
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ulteriore fumo
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Se dal punto di vista formale il film è riuscito, da quello contenutistico ne esce a pezzi. E' un insulto alla verità; si è detto che il racconto fa luce sulla strage ma quello che mette sullo schermo è un'ulteriore cortina fumogena che non aiuta a fare chiarezza. Spiace constatare che Marco Tullio Giordana si sia prestato a questo gioco al massacro; daccordo, i diritti erano quelli del libro di Paolo Cucchiarelli e su questo bisognava lavorare, ma Pinelli che sorride a Calabresi, dopo morto, potevi anche risparmiarcelo.
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stefania_170
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lunedì 23 aprile 2012
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italiano più che mai
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Dopo romanzo criminale, un altro cult che spiega accuratamente una realtà italiana sempre più presente e degradante del nostro paese, oltre che offensiva per i parenti delle vittime e nei confronti del popolo italiano. Ottimo cast, scene e descrizioni minuziose e reali di quella che è una macchina incessante e inspiegabile della storia italiana che si ripete in continuazione senza mai dare giustizia a chi deve. Quasi 3 ore di proiezione che volano in pochi istanti...fluido, intuitivo... Ottimo Sant'Andrea nella parte del commissario come anche l'attore che interpreta Aldo Moro e Favina, come sempre, insuperabile.
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lo schiavo taita
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domenica 22 aprile 2012
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un film vero
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Un film che va a collocarsi tra i migliori del genere. Un cast ottimo, nel quale ogni attore è riuscito a caratterizzare il proprio personaggio. Atmosfera cupa che riesce a rendere l'atmosfera di quegli anni in una maniera a dir poco perfetta. Una penombra che avvolge lo spettatore facendolo calare di colpo in quegli anni. Una penombra probabilmente voluta dal regista, che così ha sottolineato i troppi lati oscuri di questa vicenda che ha dato origine a tante altre vicende nelle quali la luce fa tuttora fatica ad entrare. Non da versioni di comodo, riporta i fatti come sono avvenuti, sottolineando quelli che tuttora non sono mai stati chiariti, come la presenza o meno del commissario Calabresi, nella stanza dalla cui finestra cadde Pinelli.
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Un film che va a collocarsi tra i migliori del genere. Un cast ottimo, nel quale ogni attore è riuscito a caratterizzare il proprio personaggio. Atmosfera cupa che riesce a rendere l'atmosfera di quegli anni in una maniera a dir poco perfetta. Una penombra che avvolge lo spettatore facendolo calare di colpo in quegli anni. Una penombra probabilmente voluta dal regista, che così ha sottolineato i troppi lati oscuri di questa vicenda che ha dato origine a tante altre vicende nelle quali la luce fa tuttora fatica ad entrare. Non da versioni di comodo, riporta i fatti come sono avvenuti, sottolineando quelli che tuttora non sono mai stati chiariti, come la presenza o meno del commissario Calabresi, nella stanza dalla cui finestra cadde Pinelli. Il colonnello dei carabinieri che, confrontandosi con Moro, svolge l'indagine parallela che avrebbe potuto portare alla verità. Infine le tante domande in sospeso e su tutte una: Pinelli vivo avrebbe collaborato e aiutato Calabresi nelle indagini? E' la prima strage del terrorismo in Italia, quella che ha inaugurato la lunga stagione delle stragi che ancora oggi ci lasciano nella penombra della verità, dei tanti perché a cui non è mai stata data una risposta vera, nel sacro terrore della verità da parte di chi è preposto a proteggere lo stato e il suo popolo
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linodigianni
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venerdì 20 aprile 2012
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si ferma sulla soglia della verità
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Incentrare un film , che vuole ricordare una strage, su due personaggi simbolo
come il commissario Calabresi e l'anarchico Pinelli, rischia di creare
la favoletta che illumina la scena senza vedere il torbido che ci sta dietro.
La storia dei servizi segreti deviati, nell'ipotesi del commissario.
sembra preludere alla sua uccisione.
Pinelli si trova in mezzo ad un ingranaggio che deve
portare avanti una strage di stato, vittima incolpevole
come Valpreda.
Il merito del film, è nella memoria.
La rivalutazione della figura di Calabresi è un particolare
secondario. La scritta agghiacciante finale ci dice
che dopo 30 anni la giustizia non ha trovato i colpevoli.
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Incentrare un film , che vuole ricordare una strage, su due personaggi simbolo
come il commissario Calabresi e l'anarchico Pinelli, rischia di creare
la favoletta che illumina la scena senza vedere il torbido che ci sta dietro.
La storia dei servizi segreti deviati, nell'ipotesi del commissario.
sembra preludere alla sua uccisione.
Pinelli si trova in mezzo ad un ingranaggio che deve
portare avanti una strage di stato, vittima incolpevole
come Valpreda.
Il merito del film, è nella memoria.
La rivalutazione della figura di Calabresi è un particolare
secondario. La scritta agghiacciante finale ci dice
che dopo 30 anni la giustizia non ha trovato i colpevoli.
E i parenti delle vittime devono pagare le spese processuali.
Voto al film , 7 e mezzo
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salvatore venuleo
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martedì 17 aprile 2012
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conformismo politico e verità artistica
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L'ha già detto qualcuno e ne sono convinto anch'io. Il conformismo ovvero il politicamente corretto guida la mano di Tullio Giordana. E' probabile che le cose siano andate come suggerisce il regista. Più o meno (e qui è il dramma dell'impossibilità di una verità giudiziaria). Che la strage di Milano fosse il risultato di menti raffinati (Cia e/o servizi segreti italiani)e/o di infiltrati (il Merlino un po' fascista, un po' anarchico) e/o di fascisti e anarchici manovali del terrore (Freda e/o Ventura e/o Valpreda, etc.). Depennando o assolvendo qualcuno fra questi,è l'opinione prevalente nella gente, sui giornali, fra i magistrati e i politici. L'ambiguità della congiunzione e/o è il punto.
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L'ha già detto qualcuno e ne sono convinto anch'io. Il conformismo ovvero il politicamente corretto guida la mano di Tullio Giordana. E' probabile che le cose siano andate come suggerisce il regista. Più o meno (e qui è il dramma dell'impossibilità di una verità giudiziaria). Che la strage di Milano fosse il risultato di menti raffinati (Cia e/o servizi segreti italiani)e/o di infiltrati (il Merlino un po' fascista, un po' anarchico) e/o di fascisti e anarchici manovali del terrore (Freda e/o Ventura e/o Valpreda, etc.). Depennando o assolvendo qualcuno fra questi,è l'opinione prevalente nella gente, sui giornali, fra i magistrati e i politici. L'ambiguità della congiunzione e/o è il punto. L'autore però li mette tutti coinvolti. Così- non posso fare a meno di pensare- Giordana non rischia nulla. Infierisce tranquillamente sui Saragat, sui Rumor, su politici e funzionari. Artefici e variamente complici, col fare e soprattutto col tacere. Su quelli che è lecito criticare.Su quelli che nessuno difenderà.I due protagonisti avversari, Pinelli e Calabresi,invece, sono due campioni leali, schierati casualmente in campi opposti. Si combattono e si stimano, vittime entrambi di quegli anni terribili. Quest'ultima la cosa davvero indubitabile. Dal film non mi sento aiutato a condividere una diagnosi, una mappa dei colpevoli. Un po' troppi i protagonisti, troppo complesso il complotto, troppo complessa l'ipotizzata regia. A me è più facile pensare a un complotto andato bene (cioè col massacro) fra tanti complotti andati male e tante maldestre, sciagurate iniziative di sedicenti anarchici, fascisti o cos'altro. Allora il film non sostituisce i processi. E'un film utile per chi non visse quegli anni per avviare un pensiero, non per concluderlo. Trovo più verità infine nell'arte vera e nelle interpretazioni. Nella rappresentazione dei rituali delle adunate di destra e anarchiche, che allora come ora, appaiono di mondi chiusi che non ascoltano il dolore vero. Nella madre e nella moglie di Pinelli, "disumanamente" dignitose come le persone che vogliono costruire una nuova umanità, che oggi mi fanno pensare a Ilaria Cucchi. Nello splendido Aldo Moro di Gifuni, lucidissimo, dolente, fatalista, rassegnato a un ruolo ancillare della politica per la non emendabilità degli uomini, per l'impossibilità di mettere ordine nel caos. L'Aldo Moro che sogna una catastrofe che cancelli tutto, uomini e cose e cemento e consenta alla natura di riprovarci daccapo.
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quieromirar
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domenica 15 aprile 2012
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romanzo senza fine
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Vagliare, confrontare, interrogare, inseguire per poi tornare mille volte al punto di partenza. L’ultimo film di Marco Tullio Giordana non è solo il resoconto di un’inchiesta che intravede, senza mai afferrarla, la sua risoluzione, ma racconta la sconfitta della logica e dell’etica a vantaggio di interessi che sembrano soverchiare anche chi li difende. Il Saragat che si augura per un momento di finire come Segni e in cui Omero Antonutti rende speculari la rabbia e la disperazione, il viscido questore connotato nel modo più sgradevole da Sergio Solli, il generale che rivela la presenza delle armi in una grotta a Calabresi, lo stesso Moro, presentato da Fabrizio Gifuni come il mesto sacerdote di un culto che conosce, ma non domina fino in fondo, sono tutte figure vincolate a qualcosa che resta sfuggente, ma inquina le loro vite, le contamina senza lasciarsi decifrare.
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Vagliare, confrontare, interrogare, inseguire per poi tornare mille volte al punto di partenza. L’ultimo film di Marco Tullio Giordana non è solo il resoconto di un’inchiesta che intravede, senza mai afferrarla, la sua risoluzione, ma racconta la sconfitta della logica e dell’etica a vantaggio di interessi che sembrano soverchiare anche chi li difende. Il Saragat che si augura per un momento di finire come Segni e in cui Omero Antonutti rende speculari la rabbia e la disperazione, il viscido questore connotato nel modo più sgradevole da Sergio Solli, il generale che rivela la presenza delle armi in una grotta a Calabresi, lo stesso Moro, presentato da Fabrizio Gifuni come il mesto sacerdote di un culto che conosce, ma non domina fino in fondo, sono tutte figure vincolate a qualcosa che resta sfuggente, ma inquina le loro vite, le contamina senza lasciarsi decifrare. La ricerca di un senso imprime alla regia un dinamismo che si nutre di elementi precisi: la frequenza dei primi piani e di quelli ravvicinati, l’attenzione agli interni che non è solo ricostruzione storica, ma riflesso della tendenza di ogni fazione ad arroccarsi, le figure quasi sempre contrapposte nell’inquadratura. Tutto concorre a un’immagine che aggredisce, senza riuscire a penetrarlo, il silenzio. Lo spettatore è trascinato dagli avvenimenti in tutte le direzioni e in ogni istante si percepisce la parzialità della visione, la consapevolezza che la spiegazione ultima sia relegata in un beffardo fuori campo: lo stesso in cui avviene la morte di Pinelli. Se però il molteplice non si riduce all’uno, neppure l’uno si riconosce nel molteplice. Da un lato infatti le piste si accavallano senza un criterio che le unifichi, dall’altro si ha il progressivo isolamento di Calabresi – un Valerio Mastandrea che incarna una ferita non rimarginabile-. Ecco allora che due inquadrature in cui culmina il pathos si rivelano necessarie. La prima è quella in cui la madre dell’anarchico viene abbandonata nell’atrio dell’ospedale dai medici, in un violento contrasto tra il nero delle vesti e il bianco dell’ambiente; la seconda mostra il muto controcampo tra Pinelli ormai morto e il commissario. O si cerca di esorcizzare la morte e la sua capacità di racchiudere il vero, o la si interroga invano, restando a combattere coi fantasmi di una verità romanzesca.
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nalipa
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venerdì 13 aprile 2012
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..e' tornato il cinema italiano con la "c"
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maiuscola?
Film su una pagina, NERA, di storia del nostro (povero) Paese! Storia mai indagata o capita fino in fondo.... o forse indagata e capita ma non resa nota...????? Giordana é stato abbastanza coraggioso!
Il racconto si dipana tra le figure storiche che hanno fatto parte di quella che fu definita una "Strage di Stato": il commissario Calabresi, l'aente Annarumma, l'anarchico PInelli, Feltrinelli e altri vissuti e morti nei neri anni sessanta/settanta italiani. Nello specifico la strage di PIazza Fontana nel '69.
Onestamente durante la visione di questo film ci ho pensato e credo che dal momento che i registi ci sono: Giordano, Sorrentino, Amelio, Moretti, Mazzacurati, Vicari ecc.
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maiuscola?
Film su una pagina, NERA, di storia del nostro (povero) Paese! Storia mai indagata o capita fino in fondo.... o forse indagata e capita ma non resa nota...????? Giordana é stato abbastanza coraggioso!
Il racconto si dipana tra le figure storiche che hanno fatto parte di quella che fu definita una "Strage di Stato": il commissario Calabresi, l'aente Annarumma, l'anarchico PInelli, Feltrinelli e altri vissuti e morti nei neri anni sessanta/settanta italiani. Nello specifico la strage di PIazza Fontana nel '69.
Onestamente durante la visione di questo film ci ho pensato e credo che dal momento che i registi ci sono: Giordano, Sorrentino, Amelio, Moretti, Mazzacurati, Vicari ecc. - gli attori anche: in "Romanzo di una strage" possiamo ammirare un imponente Mastandrea, un grande Gifuni, un ottimo Lo Cascio, Tirabassi ecc...
Credo che dobbiamo sostenere di più questa parte della cultura italiana... perché se il livello é alto ... di cultura si parla.
COnsiglio la visione.
Riguardo la vicenda narrata, mi ha molto coivolta in quanto ricordo che ero bambina e sentivo cio'che accadeva e soprattutto vedevo lo sconforto e la tristezza sui volti, non mi era del tutto chiaro, ma capivo che era fatti gravi.
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