Il resto della notte

La storia poetica di due clandestini a Roma

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari / e fui contento perché rubacchiavano. / Poi vennero a prendere gli ebrei/ e stetti /zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali /e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti/ ed io non dissi niente perché non ero comunista» poetava Bertolt Brecht, con una sintesi che anche oggi ci ferisce, e concludeva: «Un giorno vennero a prendere me / e non c'era rimasto nessuno a protestare». Sono versi che, in questi tempi difficili, fanno male. E sono la perfetta epigrafe per il cinema che, con Il resto della notte di Francesco Munzi, presentato con successo a Cannes alla sezione Quinzaine, affronta il tema dell'immigrazione. Un tema che ha cambiato registro e tono, nella realtà come sullo schermo, diventando sempre più complesso e drammatico.
Basta vedere il delicato, quasi impalpabile tessuto di un film di quasi dieci anni fa, che esce ora in dvd (distribuito da Cecchi Gori), L'appartamento, di Francesca Pirani, e metterlo a confronto con i toni estremi e tosti del film di Munzi. Ma anche con quelli di un film recente, scritto e diretto, cosa assai interessante, da un immigrato tunisino, lo scrittore e regista Mohsen Melliti, Io, l'altro, dove il sospetto e la paura xenofoba si scatenano tra amici e compagni di lavoro.
Il lavoro di Francesca Pirani fa parte di una serie di quattro film sul tema del
l'immigrazione prodotti nel 1997 da Marco Bellocchio e dalla Rai e intitolati collettivamente Un altro paese nei miei occhi (ma naturalmente finirono in seconda serata, a fine luglio, due anni dopo esser stati realizzati). E racconta la storia, condotta con ritmi molto poetici e rarefatti, di due clandestini, di due solitudini che si incontrano: un giovane maestro vetraio egiziano che lavora in Italia e deve fare il pizzaiolo per vivere, e una maestrina di Mostar in esilio, ossessionata da terribili ricordi, che fa la domestica in una bella casa del centro di Roma. Si incontrano per caso. Sono circondati dal sospetto. Lui, grazie all'ingenerosità delle buone signore romane, viene arrestato. E le lascia la bambina che portava con sé, sua figlia, simbolo di un mondo dove l'amore è l'ultimo dei valori che contano e la paura e la diffidenza hanno la meglio.
Da Il Venerdì di Repubblica, 6 giugno 2008

di Irene Bignardi, 6 giugno 2008