Il cacciatore di aquiloni

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Un film di Marc Forster. Con Khalid Abdalla, Homayoun Ershadi, Shaun Toub, Atossa Leoni, Saïd Taghmaoui.
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Titolo originale The Kite Runner. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 131 min. - USA 2007. - Filmauro uscita venerdì 28 marzo 2008. MYMONETRO Il cacciatore di aquiloni * * 1/2 - - valutazione media: 2,91 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Vi racconto i piccoli cacciatori di aquiloni che, dopo il film, devono vivere nascosti.

di Arianna Finos Il Venerdì di Repubblica

Minacciati dai talebani per aver prestato i loro volti ai protagonisti del bestseller di Hosseini, i due bambini hanno dovuto cambiare Paese. Ora, mentre si attende l'arrivo del suo lavoro nelle sale italiane, il regista Marc Forster, che li aveva scovati a Kabul, non si dà pace: «Spero che almeno siano felici...»
Nonostante tutto quello che è successo dopo, reso l'idea che Amir e Hassan potevano essere portati sullo schermo solo da due bambini afgani...»: Mare Forster, regista del Cacciatori dï aquiloni non ha dubbi: è convinto di aver fatto la scelta giusta, anche se poi i guai sono stati tanti e, alla fine, dopo le minacce dei talebani, la produzione ha dovuto trasferire velocemente i piccoli attori, insieme con le loro famiglie, negli Emirati Arabi Uniti.
Marc Forster (45 anni), tedesco, è da un mese a Londra sul set del nuovo 007, Bond 22, ma non si dà pace, pensando ai travagli del Cacciatore di Aquiloni: «È stato un grande dolore scoprire per me che è stato proibito in Afghanistan. Tutti quelli che avevo incontrato a Kabul durante le riprese avevano amato il libro e sostenevano appassionatamente il film. L’ambasciatore afghano a Washington l’ha giudica una lettera d’amore al suo Paese e tutte le comunità afgane che lo hanno visto hanno abbracciato la nostra causa».
Quindi è stato sorpreso dalla decisione di Kabul?
«No, sono triste, ma in realtà non stupito. Troppe cose sono cambiate rispetto a tre anni fa, quando abbiamo girato il film. La situazione è terribilmente peggiorata, a Kabul e nel resto dell'Afghanistan».
Come ha scelti i bambini?
«Avevo inviato la mia responsabile del casting a Kabul un mese e mezzo prima di me: lei ha visto migliaia di bambini. Quando sono arrivato io, aveva ristretto la scelta a due scuole, di alunni ciascuna. La maggior parte dei bambini n Paese non sa leggere scrivere, ma io avevo bisogno di due ragazzi istruiti per il film».
E poi?
«Li abbiamo fatti incontrare tutti insieme in cortile, dando vita a una gigantesca battaglia di aquiloni. Giocando con loro, ho capito quelli con cui si sarebbe potuto lavorare bene. Quasi d'istinto, ho sentito che Zekeria Ebrahimi e Ahmad Khan Mahmidzada erano perfetti».
Perché?
«Zekeria è uno metto speciale. Ha vissuto un'infanzia tragica. Suo padre è stato ucciso da un missile vagante prima che lui nascesse, la madre l'ha abbandonato dopo il parto, per risposarsi. Lui è cresciuto con la zia. Quando l'ho visto per la prima volta, ho notato che c'era qualcosa di timido e molto triste in lui, forse proprio perché, come il suo personaggio, aveva perso la mamma. Quando hai a che fare con attori ragazzini, certi sentimenti, malinconia, dolore, non li puoi guidare: devono averli già dentro. Ahmad invece mi ha travolto: ha la forza della vita. Così appassionato, selvaggio e diretto». Come sono cambiati durante le riprese?
«Sono fioriti, letteralmente. All'inizio erano timidi e taciturni, alla fine inarrestabili. Hanno capito subito la profondità della storia e delle sue sfumature. Abbiamo provato molto, soprattutto la scena dello stupro, perché volevo che avvenisse senza traumi. Si sono innamorati di questo gioco meraviglioso che è il cinema. Non dimenticherò mai la loro emozione, quando abbiamo proiettato il nostro film al Festival di Dubai. Non solo perché c'erano le loro facce, ma perché, per la prima volta, vedevano un film proiettato sul ;rande schermo. Negli anni Settanta, a Kabul, c'erano tanti cinema, ma i talebani hanno distrutto tutto e ora circolano per lo più dvd pirata».
II padre di Ahmed vi ha accusato di aver messo in pericolo la vita del figlio, avendogli fatto girare scene offensive per la cultura islamica.
«I ragazzi, i loro genitori... Tutti conoscevano la storia. Avevano letto la sceneggiatura, compresa la scena della violenza. Il problema è che le condizioni di vita a Kabul sono molto peggiorate negli ultimi tre anni. Guardi, è stato un bene che il padre di Ahmad abbia espresso le sue paure a un giornalista: i ragazzi a questo punto rischiavano. Quelli che li hanno minacciati rappresentano un pezzo di società cui è impossibile accettare che si mostrino certe scene. Alla fine, la produzione ha ingaggiato un esperto, ex agente della Cia, che si è preoccupato del trasferimento di bimbi e famiglie. Oggi vivono tutti a Dubai, vanno a scuola con altri afgani, credo e spero che siano felici».
Da Il Venerdì di Repubblica, 1 febbraio 2008

di Arianna Finos, 1 febbraio 2008

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