Hostel: Part II

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Un film di Eli Roth. Con Lauren German, Bijou Phillips, Roger Bart, Richard Burgi, Vera Jordanova.
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Horror, durata 96 min. - USA 2007. - Sony Pictures Italia uscita venerdì 22 giugno 2007. MYMONETRO Hostel: Part II * * 1/2 - - valutazione media: 2,59 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Marco Giusti

Il Venerdì di Repubblica

Siamo perversi?» sì chiedono due cattivi di Hostel Part II, opera al sangue di Eli Roth, presentata e prodotta dal suo maestro Quentin Tarantino, i che, mentre spara a zero contro il cinema italiano dei giorni non continua a citare, o a sostenere chi cita, i B-movie italiani degli anni Settanta. «No, siamo solo normali» si rispondono paragonando le i proprie nefandezze a quelle compiute in tanti Paesi, America compresa, vedi il i carcere di Guantanamo.
Dovendo affrontare un genere difficile e disturbante come il torture-pornoè logico che i bravi ragazzi dei cosiddetto «spiatpack» tarantiniano, cresciuti a cassette horror e splatter di ogni parte del mondo e numeri infiniti, di fanzine come Fangoria, si sentano in dovere di darsi delle giustificazioni politiche e morali. Così non è tanto velata la critica al primo Paese corrutture del mondo, l'America, e a come tratta il nuovo Terzo Mondo, cioè i Paesi al dì là della ex Cortina di ferro, d'accordo con i capitalisti russi, dipinti come i cattivi dei film di James Bond. Al punto che nessuno è veramente innocente nel film («e meno di tutti 9 pubblico», scrive Varíety) e i ruoli di torturatore e torturato si possono anche ribaltare.
Tutto ciò nel vecchio euro- trash del '900, così amate Roth e Tarantino, nei gialli all'italiana firmati Sergio Martino e Massimo Dallamano, perfino nei cannibal movie alla Ruggero Deoato, in realtà non esistev Non c'erano giustificazioni politiche o morali a messa in scena dell’orrore.
C'erano, semmai, nei film dei registi più colti come Mario Bava o il polacco Walerian Borowczyk o lo spagnolo Jesus Franco, giustificazioni estetiche nate da una certa cultura visiva e letteraria, per cui le torture e le scene più sadiche erano costruite con un misto di ingenuità e di raffinatezza surrealista. E la forza politica era nell'infrangere le regole del cinema «normale».
«Dovete imparare a guardare bene ì brutti film» scriveva il critico surrealista Ada Kvrou, «spesso sono sublimi». E negli anni, da spettatori, abbiamo capito, con la visione ripetuta di film di genere horror e splatter, che l'etichetta di sublime si addiceva al genere stesso al di là degli effettivi valori dei film. Hostel Part II (seguito di una prima parte di buon successo), come l'operazione Grindhouse firmata Tarantino e Rodriguez, cerca di regolare i conti con una certa cultura cinematografica. E, magari, di produrne una totalmente nuova. Senza voler arrivare al film d'autore Roth affronta vari generi dell'euro-trash, dell'horror e del giallo europeo. Così le tre ragazze americane, Lauren German, Bijou Phillips e Heather Matarazzo, che finiranno nelle camere degli orrori del paesino slovacco, all'inizio del film sono allieve della professoressa Edwige Fenech. Un grande ritorno. Voluto proprio da Tarantino. Che per celebrare i B-movie italiani ha chiamato sul set anche Luc Merenda e Ruggero Deodato. N
Guardando, dunque, Hostel Part II è impossibile non pensare a celebri gialli della Fenech, come Tutti i colori del buio di Sergio Martino. Ma anche ai gialli italiani, come Cosa avete fatto a Solange? di Massimo Dallamano, mostrato dallo stesso Tarantino a Venezia quattro anni fa.
Già nella prima scena, compare Luc Merenda, protagonista dl polizieschl all'italiana, come I corpi presentano tracce di violenza carnale, proiettato al Grindhouse Festival di Tarantino a Los Angeles. Nell'edizione originale Merenda è un ispettore che parla italiano. In quella doppiata è invece un funzionario slovacco (fa molto «Grndhouse»). La bella Axelle, Vera Jordanova, la modella che spinge le tre ragazze verso l'ostello maledetto, fa invece parte del repertorio delle vampire lesbiche alla Jean Rollin o alla José Larraz. E, nella scena più forte del film, la tortura alla povera Heather Matarazzo, (la bruttina di Fuga dalla scuola media di Todd Solondz), che vediamo appesa nuda a testa in giù mentre sotto di lei appare una depravata donna matura vestita solo da un mantello nero, siamo dalle parti di Lina Romay, vampira nerovestita in La contessa nuda di Jesùs Franco o da quelle di Brigitte Lahaie in Fascination di Jean Rollin. Il bagnc di sangue della cattiva nuda ci riporta, poi, alla baronessa Von Batory (Paloma Picasso) nel più celebre episodio di Racconti immorali (1974) di Walerian Borowczyk.
Certo, Eli Roth non riesce a maneggiare né l'erotismc surrealista come Borowczyk né quello sadìco e privo di moralismi come Franco. Fa un film troppo ricco per permettersi le loro follie. E non è altrettanto colto. Deve fare anche i conti con la censura. Rilancia invece verso lo splatter americano, tendendo una mano ai film di tortura di Herschell Gordon Lewis e di Ted V. Mikels. Ma si permette di citare Mario Bava nella scena della festa del paese. E in quella delle terme, davvero ben girata, dove la sua eroina, Lauren German, si ritrova sola in piscina, costruisce una situazione che dai classici di Jacques Tourneur arriva ai gialli italiani di Emilio P. Miraglia e Massimo Dallamano. E, se nel primo Hostel faceva un'apparizione come cliente assassino Takashi Miike, il regista di Ichi the Killer (e Tarantino ha appena ricambiato il favore interpretando Ringo nel suo Sukiyaki Western Django, primo spaghetti western giapponese), stavolta come guest star tra i clienti appare addirittura Ruggero Deodato, il regista di Cannibal Holocaust.
Viene disturbato dalla manager della prigione con una «offerta speciale». Una ragazza che può durare al massimo venti minuti. Deodato, che nel copione origìnale si chiamava Mr. Bava, offre 500 euro e torna alla sua occupazione: mangiarsi un poveraccio vivo.
Appare così un amore vero per il cinema italiano, anche se gli italiani, nel film, non fanno una grande figura. Li troviamo nel treno RomaPraga urlanti, vestiti con la maglietta di Totti (ma c'è anche uno con quella dì Toni), mentre un terzetto di brutti ceffi cerca dì violentare le ragazze americane sul modello di L'ultimo treno della notte di Aldo Lado, in una carrozza dove trionfano simpatiche scritte in italiano: «Sei una troia!», «Vaffanculo», «Viva la figa». Del resto siamo in seconda classe.
Ma è sulla protagonista, Lauron German, che Eli Roth riesco a costruire la parte più originale, facendone una specie di Soledad Miranda, musa dei film di Franco, asessuata e vendicativa. Quindi, maschi attenti a chi sa usare troppo bene le forbici...
Da Il Venerdì di Repubblica, 22 giugno 2007

di Marco Giusti, 22 giugno 2007

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