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Bellissimo film, e vi dirò perchè.
Una storia atipica, in una tribù in cerca di un'identità, inizia la storia di un ragazzino etiope cristiano, la cui madre lo induce a cogliere un'opportunità, quella di vivere.
Madre e figlio cristiani rimasti senza famiglia, si trovano in un campo profughi di un etnia etiope di fede ebraica che vuole con la collaborazione di Israele e degli Stati Uniti, andare in Israele in quanto ebrei a tutti gli effetti.
Il piccolo Shlomo si separa controvoglia da sua madre la quale gli ordina di riscattarsi una volta in salvo e fingere di essere ebreo per il suo stesso bene.
Shlomo viene adottato da una famiglia ebrea con altri due figli grandi, di sinistra, Il ragazzino è traumatizzato, non vuole saperne di questa famiglia, farà fatica ad adattarsi ad un altro tipo di vita, al razzismo e alla cattiveria della classe sociale israeliana che non vuole avere niente a che fare con persone dalla pellle scura anche della medesima origine.
Schlomo è solo .. disperatamente solo.
Il film nonostante la drammaticità della vicenda sembra una poesia, Schlomo riuscirà a risolversi, la sua dignità sarà restituita dal suo percorso di studi e dalla moglie bianca ed ebrea che lo renderà padre.
In questo film le figure materne, 2, perchè Schlomo oltre alla madre naturale ne avrà un'altra adottiva, quale importante figura di mediazione che aiuterà Schlomo ad essere sè stesso e a poter finalmente ammettere la vera identità, di non essere ebreo.
Immagini straordinarie, sentimenti autentici ed attori stupendi.
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