La sottile linea rossa |
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Un film di Terrence Malick.
Con Sean Penn, Jim Caviezel, Nick Nolte, Elias Koteas, Ben Chaplin.
continua»
Titolo originale The Thin Red Line.
Guerra,
Ratings: Kids+16,
durata 170 min.
- USA 1998.
MYMONETRO
La sottile linea rossa
valutazione media:
3,28
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Goffo pastone di valori pacifistidi Lore64Feedback: 3194 | altri commenti e recensioni di Lore64 |
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martedì 29 giugno 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non è un’americanata pura e semplice come «Salvate il soldato Ryan»; è un film New Age, che solo in seconda istanza sceglie di applicare il proprio mondo di valori e di sensibilità alla dimensione bellica, trovandovi un ambito di sviluppo congeniale. Nick Nolte ha riferito che il regista considerava il film una sorta di riflessione sulla possibilità di esperire «compassion» persino in ambito bellico, di tra uomini che si vanno uccidendo reciprocamente. Che dire? Capisco che, per chi condivida questo goffo pastone di sensibilità pacifistiche ed umanitarie, rilette a partire da un vago sincretismo animistico-cristiano-buddista che cerca il Tutto nell’Uno e si appella allo Spirito della Vita (dice il soldato Witt: «Maybe all men got one big soul everybody's a part of, all faces are the same man»), il film sia portatore d’una sua carica poetica. L’intercalare delle scene di combattimento con altre, che raffigurano magnificenze paesaggistiche (a suggerire l’assurdità distruttiva della guerra, in rapporto all’armonia che regnerebbe nella Natura), la voce fuori campo che aspira a porsi in termini di spirito-guida, la figura del soldato Witt (il Cristo-Budda di turno) ed il suo sacrificio finale, l’assenza di una pronunciata caratterizzazione dei personaggi (che rimonta all’intento di ricondurre l’individuale dell’Universale, di rileggere la vita in termini di flusso), la stessa durata della pellicola: sono tutti elementi dell’affresco in chiave magico-animistica propostoci da Malick. Certo, chi provi solo disgusto nei confronti di questa trasvalutazione in chiave spiritualistica della religione dei diritti dell’uomo e di Santa Democrazia, imposta dal vincitore di turno, dal film ricaverà quasi solo noia e irritazione. Le facce stravolte - e sovente francamente grottesche - dei soldati, anziché ispirargli il senso del comune patire (nell’accezione etimologica di 'pathos', "ciò che si prova nel bene e nel male, nel fisico e nel morale") dell’umano genere, ma prima ancora della Vita come categoria complessiva (si ricordi la bella inquadratura dell’uovo appena dischiusosi), appariranno a chi non condivida la base ideale della pellicola vuoti stravolgimenti della realtà storica, ovvero maldestri tentativi di esorcizzare un aspetto nodale della spiritualità umana, quale la propensione all’uccisione cruenta del proprio simile. Malick, in somma, indirizza la propria poesia a quanti si riconoscano nei valori panteistico-matriarcali sanciti dalle élites che, a partire dal ’45, gestiscono gli apparati multimediali di controllo delle società occidentali. "Contro la deviazione dello Stato in uno strumento di garanzia del benessere collettivo l’unico rimedio è la guerra, e ancora la guerra [...]. Terribile risuona il suo arco d’argento, e ovunque divampano i roghi dei cadaveri. Dobbiamo riconoscere che per lo Stato la guerra è una necessità purificatrice, allo stesso modo in cui per la società è necessaria la schiavitù [...]. I Greci ce ne hanno rivelato il mistero, con il loro istintivo diritto delle genti, il quale, anche nella più matura ricchezza del loro incivilimento e del loro senso di umanità, non cessò mai di pronunziare con voce impassibile queste parole: 'al vincitore appartiene il vinto, colla sua donna e i suoi figli, coi suoi beni e il suo sangue. La violenza fornisce il primo d i r i t t o, e non esiste diritto che nel suo fondamento non sia arroganza, usurpazione e violenza' " (F. Nietzsche).
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