Compliance |
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Un film di Craig Zobel.
Con Ann Dowd, Dreama Walker, Pat Healy, Bill Camp, Philip Ettinger.
continua»
Drammatico,
- USA 2012.
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Banalità del male o belato del gregge?
di Lore64Feedback: 3194 | altri commenti e recensioni di Lore64 |
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martedì 8 ottobre 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Premetto che ho visto il film nell’originale inglese e non posso giudicare il doppiaggio. L’ho guardato in due chiavi di lettura di cui rendo conto separatamente. Si tenga presente che il film è quasi interamente composto di dialoghi telefonici fra il finto poliziotto e gli impiegati del fast food: ne risulta una notevole ripetitività / pesantezza. Se il film non vi cattura difficilmente resisterete fino alla fine. La prima chiave è quella della ‘banalità del male’, per dirla colla giudea Arendt: la facilità con cui gente perfettamente normale viene indotta a compiere, ma anche ad accettare senza ribattere, atti di grave sopraffazione per mano di una – per quanto fioca e lontana – voce dell’autorità. All’uopo il film si concentra sul clima oppressivo creatosi nell’ambiente angusto del retrobottega, nella ‘sospensione della ragione’ creata dalla voce suadente ed autorevole del finto poliziotto, e rinuncia a qualsiasi approfondimento delle personalità dei protagonisti che rimangono prototipi di gente qualunque, sagome impersonali delle nostre società di massa. La cosa, specie nel caso della ragazza, è spinta al punto di pietrificare il personaggio – chi si lascerebbe imporre simili umiliazioni senza manifestare qualche reazione? – e costituisce un primo limite del film. In aggiunta i soprusi cui viene sottoposta la ragazzina si spingono troppo in là e la situazione, già di per sé improbabile, a un certo punto diventa completamente inverosimile. Per fare un film vendibile l’autore ha deciso di calcare la mano. Infine, chi sia conscio del carattere perfettamente goffo ed arbitrario di tutti i pregiudizi aggregativi su cui si fonda la vita del gregge, la sua stupida docilità in situazioni del genere apparirà tutt’altro che eccezionale, e l’insulso concetto pseudoreligioso di banalità del male si stempera in quello, politico e antropologico, attinente alla natura gregaria della scimmia umana. Ecco perché – e arriviamo alla seconda chiave di lettura – quel che io cercavo nel film era altro: la dimensione erotica, e più precisamente un raffinato modello di sadismo cerebrale raffigurante l’umiliazione della ragazzina e la degradazione della sua personalità. Sotto questo aspetto il film, pur venendo incontro alle aspettative più elementari del pubblico maschile (nel senso che mette generosamente in mostra il corpicino della pulzella), non soddisfa le aspettative: l’azione è troppo spezzettata dagli ossessivi dialoghi telefonici, e la totale, quasi monolitica assenza di approfondimento psicologico non lascia intravedere una qualche personalità che sia possibile mortificare. Nel complesso, un film di nicchia senza infamia ma anche senza grandi lodi, il cui punto di forza sta nel carattere innovativo dell’argomento trattato.
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