La sottile linea rossa |
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Un film di Terrence Malick.
Con Sean Penn, Jim Caviezel, Nick Nolte, Elias Koteas, Ben Chaplin.
continua»
Titolo originale The Thin Red Line.
Guerra,
Ratings: Kids+16,
durata 170 min.
- USA 1998.
MYMONETRO
La sottile linea rossa
valutazione media:
3,28
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un film di guerra per chi odia i film di guerradi Frenky 90Feedback: 0 |
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martedì 3 febbraio 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Prendete attori della fama di Mickey Rourke, Viggo Mortensen, Gary Oldman e Adrien Brody…e buttateli via. Eh si perché 11 anni fa solo quest’ultimo (tra l’altro futuro premio oscar) si salvò parzialmente dagli spietati tagli della terza pellicola del regista e sceneggiatore più anti-conformista di Hollywood Terrence Malick, schivo con i media e maniacale perfezionista come Kubrick (mai una foto o un’intervista, 4 film in 33 anni), ma senza averne la genialità introspettiva. Eppure questi due cineasti, seppur con le dovute distanze, si somigliano nello stile e nelle facezie, se è vero come è vero che questo film e “Full metal jacket” sono gli unici film di guerra consigliati a chi odia i film di guerra. E’ fatto così “La sottile linea rossa”(stupendo titolo tratto dal romanzo omonimo di James Jones, a sua volta preso da un aforisma di Rudyard Kipling che vi consiglio di andare a cercare su internet), si serve di ciò che più tormenta il quieto vivere dell’uomo, la guerra, per sviscerare le più recondite fisime e frustrazioni dell’uomo stesso, condannato a morte dal suo stesso sistema, dallo stesso regime di violenza che ha creato. Perciò poco importa il contesto storico della seconda guerra mondiale e i combattimenti dell’isola oceanica di Guadalcanal, tra l’altro resi male da un montaggio confusionario che rende difficile l’esatta cognizione delle manovre militari e delle rispettive contromosse, nonostante la scelta delle location originali (una manna per la fotografia) e dei buoni effetti speciali, se non per rimarcare l’assurdità di una guerra preventiva cui si dette luogo per paura della minaccia espansionistica giapponese nel Pacifico. Ciò che davvero salva questo lungometraggio dalla noia di un ritmo molto poco incalzante per il genere (quasi 3 ore di relativa calma piatta, prima del lavoro di “cutting” addirittura 6) sono le storie che ogni soldato, che ogni uomo dei più svariati gradi, ma soprattutto tipi, racconta per mezzo della sua voce interiore. Si era tentata una soluzione con l’ex Babbo bastardo Billy Bob Thornton come unica voce narrante ma, neanche a dirlo, Malick ha preferito eliminarla. Sicuramente una scelta azzeccata se si pensa che a raccontare le sofferte vicende emotive con una forse fin troppo lucida ma indubbiamente poetica e affascinante follia, sono i protagonisti stessi delle turbe delle proprie anime appese a un filo. Non manca nessuno: c’è il soldato disertore ma pieno d’orgoglio, c’è il cinico sergente ligio al dovere, il colonnello fallito con l’ultima occasione per prendersi la tanto agognata gloria, il capitano dal volto umano che ha a cuore solo il bene dei propri militari e l’immancabile ma non eccessivamente banale soldato innamorato lontano, e alla fine anche abbandonato, dalla sua bella. Quello che subito balza all’occhio è che non è il pur ricco cast a farla da padrona; non i bravi Sean Penn e Nick Nolte, particolarmente a suo agio nella parte del (finto?) duro, non il talentuoso Caviezel, di cui esce dalla mediocrità solo la spaurita espressione nella scena dell’accerchiamento poco prima di morire ammazzato, né le comparsate pubblicitarie di Clooney e Travolta e del futuro pianista malinconico e commovente di Polanski, quel povero Adrien Brody che doveva essere il protagonista del film e soltanto alla prima seppe che, per via delle modifiche dell’ultimo momento, diceva si e no tre battute scarse. Infatti, con un abile mossa, il bravo regista si serve della sua sceneggiatura e, va detto, del suo talento visivo (ottime inquadrature) per salire letteralmente in cattedra. E’ lui il vero protagonista del film.
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