Titolo originale | Un homme qui crie |
Anno | 2010 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Belgio, Francia |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Mahamat-Saleh Haroun |
Attori | Youssouf Djoro, Dioucounda Koma, Fatimé Hadje, Marius Yelolo, Djénéba Koné Emile Abossolo M'bo. |
Distribuzione | da definire |
MYmonetro | 2,47 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 30 settembre 2010
Un padre impiegato in una piscina spedisce il figlio a combattere in guerra quando questa scoppia. I fantasmi della sua scelta pero' non lo abbandoneranno Il film è stato premiato al Festival di Cannes, Al Box Office Usa A Screaming Man ha incassato 8,1 mila dollari .
CONSIGLIATO NÌ
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Ciad, un ex campione di nuoto africano lavora ormai da anni per la piscina di un villaggio turistico. E' riuscito a far assumere come animatore il figlio ventenne, ma quando scoppia la guerra civile lo manda ad arruolarsi nell'esercito per combattere i ribelli. Il rimorso lo attanaglierà quando ormai sarà troppo tardi per tornare indietro.
Il primo film proveniente dal Ciad mai presentato in competizione al Festival di Cannes è una storia intimista sullo sfondo dell'attualità. L'amore padre-figlio si scontra con la realtà locale. In Ciad non è purtroppo possibile avere grandi ambizioni lavorative, e così anche un posto misero come quello di custode della piscina può mettere due persone che si sono sempre sostenute a vicenda l'una contro l'altra. Mentre fuori dalla città scoppiano le bombe, il numero dei morti e' in continuo aumento e basta aprire la porta di casa per vedere quanto sia difficile, per tutti gli altri connazionali, riuscire a trovare qualcosa di cui nutrirsi, per i protagonisti conta solo il potere come se il resto fosse in secondo piano. Anche l'affetto.
Camere fisse e lunghi piani sequenza tratteggiano un dramma dal ritmo oltremodo compassato. La lentezza e' una caratteristica determinante di qualsiasi azione svolta dai personaggi, sia che sia un esercizio di aerobica a bordo vasca che il masticamento di un boccone. Il regista Mahamat-Saleh Haroun, già autore di Daratt (premio della Giuria a Venezia nel 2006), allunga il più possibile una storia che non utilizza il tempo a disposizione né per raccontare, né per descrivere visivamente. La solitudine spirituale del papà non trae giovamento dai tanti silenzi che dovrebbero mostrare al pubblico il suo senso di inadeguatezza all'interno della sua gente. La volonta', stimabile, di utilizzare unicamente le immagini per comunicare senza fare mai affidamento sulle parole in questo caso di rivela un boomerang contro la comprensibilita'.
E purtroppo non tocca sorte migliore ai personaggi di contorno, come la moglie o la fidanzata del figlio, tutti monodimensionali, utili solo a dire ciò che devono dire e mandare un po' più giù il singhiozzo. Peccato che alla fine, però, il boccone non riesca a scendere definitivamente.
Au Tchad, les religions et les cultures se heurtent avec violence. De ces convulsions aussi vieilles que le pays, le cinéaste Mahamat Saleh Haroun extrait pour la deuxième fois d'affilée, après Daratt, réalisé en 2006, une tragédie sèche et aiguisée, pour mieux disséquer la souffrance humaine, afin que chacun puisse la voir pour ce qu'elle est, un héritage universellement partagé.