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Disney investe un miliardo di dollari in OpenAI

Disney colpisce Google sull'AI: a Gemini di Google viene contestata la facilità con cui produce immagini che rappresentano personaggi Disney.
di Andrea Fornasiero

sabato 13 dicembre 2025 - News

Scacco in due mosse: è quello che ha fatto Disney tra mercoledì e giovedì attaccando da una parte Google per il suo dell’AI e accordandosi subito dopo con OpenAI per concedere parte delle sue proprietà intellettuali (IP) a ChatGPT e Sora. Se diventerà uno scacco matto è naturalmente tutto da dimostrare. La manovra, senz’altro affarista e che non manca come vedremo di cinismo, è interessante perché cerca di non solo di attaccare l’attuale modello di business delle AI, ma pure di proporre una via legale a questo tipo di operazioni. 
A Gemini di Google viene contestata la facilità con cui produce immagini che rappresentano personaggi Disney e come vi apponga il logo di Gemini (cosa che questa AI fa con ogni immagine), quasi a dire che quelle immagini hanno un diritto legale di esistere. Oltretutto Disney attacca Google per come alcuni suoi personaggi siano più accessibili agli abbonati a pagamento di Gemini, lucrando quindi su IP non sue. Infine, sostiene Disney, queste immagini si diffondono a macchia d’olio tra i vari rami di Google, come YouTube. Se l’attacco a Google è stato il più diretto, quello con le parole più forti (si parla di una violazione del diritto d’autore su “enorme scala”), Disney aveva già inviato diffide, con ordini di cessazione, a Meta, Character.AI e – insieme a Warner e Universal – anche a Midjourney e MiniMax. 

L’accordo con OpenAI viene invece proposto come la strada virtuosa alla collaborazione tra un’azienda che dispone di pregiate IP e un’altra che invece sviluppa AI. Come parte dell’accordo di licenza triennale, Sora potrà generare brevi video social su richiesta degli utenti, che potranno essere visualizzati e condivisi dai fan, scegliendo tra oltre 200 personaggi “mascherati, animati o creature” di Disney, Marvel, Pixar e Star Wars, inclusi costumi, oggetti di scena, veicoli e “ambienti iconici”. Inoltre, ChatGPT Images sarà in grado di recepire prompt su questi personaggi e ambienti e trasformali in immagini complete generate “in pochi secondi”. L’accordo non riguarda però gli attori che danno vita a questi personaggi, bensì solo le loro versioni animate. 
Un problema piuttosto evidente è se davvero si potranno poi magicamente azzerare tre anni di training massiccio, in caso l’accordo non venga rinnovato. Inoltre dire, come fa Disney, che in questo modo i “talent” sono protetti lascia assai perplessi perché non sono forse “talent” anche gli animatori, i registi, i character e concept designer e via dicendo di queste produzioni? Infatti il sindacato SAG-AFTRA, quello degli artisti di radio e televisione, si è detto estremamente preoccupato da questo sviluppo, che dà il lavoro dei suoi rappresentati in pasto a una AI. 
D’altra parte è inutile illudersi e pure ingannarsi: questo lavoro era già ampiamente masticato dalle AI, che non si fanno scrupoli riguardo quello che usano per il training delle proprie piattaforme e infatti si moltiplicano le proteste perché questa branca delle loro operazioni venga regolamentata.

Oltre alle già citate diffide di Disney e altri, si era fatta sentire solo un mese fa la giapponese CODA, un’associazione legale dedicata alla protezione all’estero di contenuti giapponesi tra cui quelli dello Studio Ghibli. Lo stile grafico di Miyazaki è stato innegabilmente saccheggiato dalle AI, che l’hanno riprodotto in milioni di immagini generate dagli utenti e diventate virali. Ancora più straziante l’appello della figlia di Robin Williams, che ha implorato pubblicamente i fan di smetterla di generare contenuti con l’immagine di suo padre – che da qualche parte le AI dovranno pur aver preso – perché era l’ultima cosa che avrebbe voluto. 
I video di Sora generati dagli utenti, oltre che dalla stessa Disney, saranno resi disponibili sia agli abbonati di Disney+, in una selezione curata, sia per il loro rilancio sui social. Questa dovrebbe essere, secondo Bob Iger di Disney, la sinergia che libera il potenziale finora imbrigliato delle IP nell’era delle AI. Sembra però, assai più modestamente, la resa al fatto che non c’è modo di proteggere un contenuto pop dalla sua trasformazione in meme, quindi tanto vale guadagnarci qualcosa. 


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