Eighty Plus di Želimir Žilnik vince il Premio “Laceno d’Oro 50”. A Lengua Muerta di José Jiménez va il Premio “Gli occhi sulla città”.
Si è conclusa con la premiazione dei vincitori la 50ma edizione del Laceno d’Oro International Film Festival di Avellino. Otto giorni di grande cinema con due Premi alla Carriera “Laceno d’Oro” a Víctor Erice e a Leos Carax, e il Premio d'Onore “Pier Paolo Pasolini” a Andrei Ujic? anche Presidente della Giuria Internazionale Lungometraggi. Ai tre registi sono state dedicate tre retrospettive e tutti e tre hanno tenuto una masterclass, per raccontare le loro idee di cinema e ripercorrere la loro carriera.
Una quarta retrospettiva, in collaborazione IWONDERFULL Prime Video Channel, è stata dedicata a It's Alive Films di Jani Pösö e Teemu Nikki, società di produzione finlandese celebre per il lavoro originale e irriverente. È Eighty Plus di Želimir Žilnik a vincere il Premio “Laceno d’Oro 50”, sotto il giudizio della giuria composta dal regista Andrei Ujica, dai produttori Jani Pösö e Donatella Palermo e dal montatore Joe Bini. Il film, a cui va il premio di Euro 3500, è stato premiato con la seguente motivazione: “Eighty Plus, perché sembra di sentire oggi As Time Goes By su un pianoforte austriaco che ha attraversato tutta la storia della Jugoslavia scomparsa.”.
Due Menzioni Speciali per Yrupa di Candela Sotos “Il film è come la dolce attesa di 79 minuti per vedere sbocciare una pianta di un raro ecosistema, un film realizzato da una giovane regista che promette di fare lo stesso” e per Punku di Juan Daniel Fernández Molero “Il film si esprime attraverso un linguaggio visivo unico, che unisce la realtà quotidiana a quella del mondo spirituale attraverso una struttura frammentata e non convenzionale”. Il Premio Miglior Film nella sezione “Gli occhi sulla città” è stato assegnato a Lengua Muerta di José Jiménez, che si aggiudica il premio di Euro 1500, dalla giuria composta dal critico, programmatore e docente Giulio Sangiorgio, dal regista Leandro Picarella e dalla curatrice, direttrice dell’American Film Festival di Breslavia e del programma U.S. in Progress Urszula Iniegowska. La motivazione così recita: “Per l'inventiva capacità di far dialogare una testimonianza inascoltata dalla Storia con un'immagine pungente, irrequieta, anche disturbante a livello sensoriale, dando consistenza a un documento audio sepolto nel buio con un'immagine povera e potente che prova a cercare una luce, il premio "Gli occhi sulla città" va a Lengua Muerta di José Jiménez.”.
Menzione Speciale a Samba infinito di Leonardo Martinelli “Per come "gli occhi sulla città" di questo film sanno oltrepassare la festa, il carnevale, le cartoline di Rio de Janeiro per toccare - in modo commovente e profondo nei contenuti e leggiadro e brillante nella forma - un trauma nascosto, non solo personale, la menzione speciale della giuria va a Samba infinito di Leonardo Martinelli.”. Case cadute di Gianluca Abbate si aggiudica il Premio Laceno d’Oro Spazio Campania “Chiara Rigione”, assegnato dal regista, sceneggiatore e produttore Toni D'Angelo, la giornalista de Il manifesto Lucrezia Ercolani e il programmatore del MedFilm Festival, co-creatore di Karawan Fest Alessandro Zoppo. Il film vince il premio di Euro 1000 “per la capacità di portare il movimento nel cuore dello spazio urbano, reinterpretando il trauma del terremoto in Irpinia in una chiave che unisce persone, ambiente e oggetti, tutti accomunati dall’esistere e dunque anche dalla possibilità di cadere. Il mondo è re-incantato attraverso le possibilità in espansione del cinema con uno sguardo fermamente rivolto al futuro ma radicato in una memoria collettiva che ha segnato un'intera generazione. Un'opera che esplora frontiere ibride e sovverte regole, ribadendo l'identità e il valore unici del cortometraggio. Coraggio tematico e visione restituiscono al cinema la sua funzione più alta: dare forma al nostro presente attraverso l’immaginazione”.
La Menzione Speciale va a Una cosa vicina di Loris G. Nese, “per il coraggio di affrontare lo stigma a viso aperto e di indagare un’eredità che non è stata scelta ma che rimane appiccicata come un fantasma, che il cinema può forse finalmente smascherare. Il rapporto teso tra ecosistema familiare e unicità dell’individuo vive nei non detti, e in ciò che finalmente si riesce a dire davanti a una telecamera, che diviene catalizzatore di verità. Un film avvincente per la sua capacità di raccontare il connubio tra passato e presente in un luogo di sangue e radici, incrociando documentario e animazione con un fare concreto della ricostruzione che trasforma il personale in universale”.