Quattro volte candidato ai Goya, Glimmers (2024) trae ispirazione dal romanzo dello scrittore basco Eider Rodríguez "Un corazón demasiado grande" per trasporre sullo schermo la storia di Isabel (Patricia López Arnaiz) e della figlia Madalen (Marina Guerola) nel periodo che precede la scomparsa del padre ed ex marito Ramón (Antonio de la Torre).

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Affetto da una malattia incurabile, l’uomo si appresta infatti ad affrontare gli ultimi giorni della sua vita e Madalen è decisa a stargli accanto fino all’ultimo respiro. Ritorna quindi ogni fine settimana da Valencia, dove frequenta l’università, per dedicarsi al padre e alle sue cure.

Diversa, almeno inizialmente, è l’attitudine dell’ex moglie Isabel, ormai impegnata in una nuova relazione e nella ristrutturazione di un casale di campagna, che presto vorrebbe mettere in affitto. Benché, infatti, non siano noti i motivi esatti che hanno portato alla chiusura della sua relazione con Ramón, intuiamo che tra i due i rapporti si siano ormai incrinati.

Isabel si dimostra restia a prendersi cura dell’ex marito in fin di vita, se non fosse che la figlia Madelen richiama a gran voce le sue attenzioni nei confronti del padre, invitandola a superare il risentimento in nome di un più universale senso di compassione.

In un tempo che sembra sospeso nell’attesa di un evento tragico ma ineluttabile, prende così forma la vicenda al centro del lungometraggio firmato dalla regista Pilar Palomero, già vincitrice di quattro Goya per il film d’esordio Las niñas (2020).

Presentato in concorso al 72mo Festival di San Sebastian, Glimmers è un racconto silenzioso e delicato dedicato al tema del fine-vita, ma anche alle relazioni affettive e al delicato equilibrio che vige nelle famiglie allargate.

La storia di Isabel, Madalen e Ramón consente infatti alla regista di affrontare argomenti come il rapporto madre-figlia, l’importanza del perdono, dell’empatia, della cura verso chi si trova in una situazione di difficoltà.

Parlando di morte, in Glimmers si racconta la vita e, soprattutto, il ruolo imprescindibile dei legami umani che la attraversano e la rendono degna di essere vissuta. Giunto alla fine della sua esistenza, Ramón non viene definito tanto dal suo lavoro o delle azioni che ha portato a termine – sappiamo soltanto, di passaggio, che è stato un aspirante scrittore e che per finanziare la sua passione ha svolto moltissimi lavori diversi tra loro – quanto dalle sue relazioni affettive, in particolar modo quelle con la figlia Madalen e con l’ex moglie Isabel.

Nella finzione del lungometraggio, Ramón non esiste se non quando si relaziona con loro: il suo personaggio, infatti, non viene mai mostrato da solo, ma sempre in presenza di almeno una delle due donne, che ne restituiscono un’immagine sfumata e sfuggente.

In questa vicenda, tragica e al tempo stesso intima, aleggia infatti un evocativo alone di mistero, di indefinito. Una simile sensazione è suggerita anche dalla fotografia, la cui grana ingiallita sembra raccontare di un tempo ormai passato, eppure vividamente impresso nella mente e nel ricordo.