Classico nello stile e nella costruzione, non passerà alla storia come esempio eccelso di cinema di spionaggio. Dal 9 maggio al cinema.
di Marianna Cappi
L'anziana Joan Stanley vive serenamente in un elegante sobborgo londinese, tra le fotografie dei nipotini e la passione per il giardinaggio, quando viene arrestata dal MI5 e accusata di spionaggio e tradimento. Il figlio avvocato, Nick, non crede ai suoi occhi, ma, durante l'interrogatorio, Joan viene forzata a ricordare i tempi in cui studiava fisica a Cambridge, la passione per il comunista Leo Galich e il lavoro negli uffici del segretissimo Tube Alloys Project, alle dipendenze del professor Max Davies, e il passato riaffiora, più complesso e drammatico di quanto Nick avesse mai potuto immaginare.
Il produttore di Marilyn e Shakespeare in love ha giustamente visto nella vicenda di Melita Norwood una storia nella Storia, con i caratteri di leggendarietà e di umanità che avevano portato al successo i suoi prodotti precedenti. Qui non si tratta, però, del più misterioso e geniale drammaturgo di tutti i tempi, né della donna più bella e più triste del mondo, bensì della più potente delle bombe, l'atomica, al tempo della sua invenzione.
Classico che classico è dir poco, nello stile e nella costruzione, che alterna l'interrogatorio poliziesco nel presente con il ricordo del passato cronologicamente ordinato, il film di Trevor Nunn trova un buon equilibro tra pieni e vuoti, amplificazioni e riduzioni, ma non passerà alla storia come un esempio eccelso di cinema di spionaggio.