Cinema belga contraddizione di termini direbbe forse un francese, ma non è così. Esiste, tra Vallonia francofona e Fiandre fiamminghe, una leva "calcistica" di registi importanti. I fratelli Dardenne, Chantal Akerman, Felix Van Groeningen, Jaco Van Dormael, Rémy Belvaux e altri. Consigliamo di tenere particolarmente d'occhio Michäel R. Roskam (recuperate il suo Bullhead, inedito in Italia, e aspettate di vedere il nuovo The Drop, poi vi farete un'idea del talento...). Noi ci occupiamo di Frédéric Fonteyne, uno degli autori belgi più blasonati, di cui potete vedere su MYMOVIESLIVE! (lunedì 7 luglio alle 21.30) l'ultimo film Tango Libre, premio speciale giuria Orizzonti a Venezia nel 2012. Un ottimo punto di partenza per chi ancora non conosce il suo cinema, abilmente scritto (qui la sceneggiatura è della moglie Anne Paulicevich, anche protagonista; i copioni precedenti sono invece di Philippe Blasband) sempre alla ricerca di "matasse" umane da dipanare. Due uomini in carcere, una donna e un bambino fuori. Il piccolo è figlio di uno dei due complici in gabbia ma la madre sta con quell'altro. Poco male, la cosa funziona. Senonché di lei si innamora un secondino (interpretato da uno dei migliori attori belgi, François Damiens) che nel tempo libero di una vita altrimenti mesta balla il tango, al quale pure la ragazza si sta avvicinando.

Da qui scatta la ronde sentimentale, con sottintesi mélo. Lo schema narrativo non è secondario per capire le "storie" di Fonteyne. Il tema del triangolo erotico (che in Tango Libre assume una forma ancora più complessa, quadrangolare), base di ogni melodramma che si rispetti, è al centro del suo film più giustamente celebre, La donna di Gilles (2004). Negli anni 30, un operaio ferocemente amato dalla moglie Emmanuelle Devos (attrice stupefacente) perde la testa per la giovane cognata Laura Smet (figlia di Johnny Hallyday). Invece di cacciarlo, la consorte gli si dedica con ardore ancora più malsano, alla fine annullandosi in una passione solo residuale, ormai respinta dall'uomo. Fonteyne, per ribadire l'epicentro umanistico del suo cinema, parte sempre dagli attori, dalle performance, dai caratteri. La presenza muscolare del franco-spagnolo Sergi Lopez (che nel carcere di Tango Libre apprende da un prigioniero argentino come muoversi danzando per riconquistare la compagna) fa da contraltare alla vulnerabilità di Nathalie Baye in Una relazione privata (1999, meglio il titolo originale Une liaison pornographique). Lui e lei si incontrano ed è subito sesso. Per quanto tempo è possibile mantenere il rapporto anonimo e solo fisico prima che la variabile umana irrompa anche drammaticamente?

Incontri. Casuali. Come quello del secondino e della moglie del galeotto in Tango Libre. Oppure, risalendo all'esordio di Fonteyne nel lungometraggio, Max & Bobo (1997), quello tra un parrucchiere di origine italiana (Max, interpretato dal sorprendente Alfredo Pea) e una specie di eccentrico "salvatore", Bobo. Si conoscono in un commissariato, hanno tutti e due qualche guaio con la giustizia. Sarà l'inizio di una grande amicizia. Forse. Il cinema di Fonteyne non può fare a meno dell'attimo che si trasforma in una vita; e dei corpi che a quell'attimo, in modo diversamente passionale, si arrendono.

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