Il poeta del grande schermo americano parla del cinema italiano.
di Chiara Renda
L'incontro con lo schivo regista americano registra il tutto esaurito
Una giornata importante quella di ieri alla Festa di Roma: ad accompagnare l'ovazione per Into the Wild di Sean Penn, c'è stato uno degli eventi più attesi di tutto il festival, che già da settimane aveva registrato il tutto esaurito: l'incontro con Terrence Malick, considerato per la sua riservatezza "il Salinger del grande schermo". La Sala Petrassi dell'Auditorium ha puntato i riflettori sul più sfuggente dei registi contemporanei, schivo e misterioso quasi in maniera maniacale.
Ma più che un'intervista personale al grande poeta del cinema, apparso in pubblico per l'ultima volta a Berlino per la première de La sottile linea rossa, l'incontro si è svolto come una lezione sul cinema italiano e sui suoi talenti, da Totò a Roberto Benigni, amati per il loro "umorismo così vicino alla vita". Totò a colori di Steno, I soliti ignoti di Mario Monicelli, Sedotta e abbandonata di Pietro Germi, Lo sceicco bianco di Federico Fellini, Il posto di Ermanno Olmi sono i cinque film scelti dall'autore per rappresentare attraverso le immagini quel "tipo di umorismo che non ti fa necessariamente ridere forte", dichiara, "ma che ti dà una sensazione di calore, come se tornassimo bambini. Come se le cose si sistemassero nella giusta prospettiva. Come accade anche con Benigni, il legittimo erede di Totò".
Nostalgia e nuovi progetti
Schivo, esitante, con il cappotto addosso durante tutto l'incontro, dal quale sono banditi fotografi e domande del pubblico e dei giornalisti, Malick si è poi lasciato andare, quasi per caso, a qualche riflessione più personale sulla sua esperienza registica, sul passato, sulla New Hollywood degli anni '70 e sullo spirito di cameratismo che regnava in quegli anni con colleghi come Coppola, Spielberg, Schrader e Bogdanovich: "Ogni volta che usciva il film di uno di noi", racconta, "anche gli altri provavano grande entusiasmo, come se fosse stato realizzato da un membro della propria famiglia. Tutti accoglievamo con spirito fraterno il lavoro altrui".
Non racconta molto riguardo ai primi film, La rabbia giovane e I giorni del cielo; mentre parlando de La sottile linea rossa e della leggenda secondo la quale praticamente tutti gli attori americani si sarebbero fatti avanti per partecipare, dichiara: "Da parte di tutti c'è stata grande generosità nei miei confronti. Il che non può non farmi piacere". Al momento il regista, dopo il suggestivo ma controverso The New World, è al lavoro su un progetto segretissimo risalente al 1978, dal titolo Tree of Life. Ovviamente nessuna indiscrezione è trapelata a riguardo.