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A Venezia è di scena il cinema africano dopo 19 anni di latitanza

Daratt è il primo film del Ciad a partecipare alla Mostra
di Tirza Bonifazi Tognazzi

venerdì 1 settembre 2006 - News
È emozionato Mahamat-Saleh Haroun durante la conferenza stampa di presentazione del suo Daratt - Dry Season, pellicola che segna due importanti avvenimenti alla 63° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica: sono 19 anni che un film africano non è in concorso al festival di Venezia ed è il primo film del Ciad che sia mai stato presentato al Lido. "Sono lieto di essere qui, soprattutto perché non è l'unico film africano presente (l'altro è del regista sudafricano Teboho Mahlatsi, Sekalli Le Meokgo - Meogo And The Stickfighter, fuori concorso nella sezione Corto Cortissimo, NdR). Spesso si pensa all'Africa come periferia del mondo, ma siamo certi che con il suo contributo possa irrigare il centro. Dovrebbe però essere considerato innanzitutto cinema, prima di essere considerato 'africano'".

"Daratt è un film secco, proprio come vuole rimarcare il titolo. Era necessario questo rigore nel girare la pellicola perché parla di un boia che cerca di riscattarsi attraverso la religione, divenendo panettiere e facendo il 'pane quotidiano'. È ossessionato da tutto il male che ha commesso nella sua vita, ma non si tratta di un film sul perdono, semmai sul dovere. Il problema delle guerre civili è che non si spengono mai, finché non si avrà saldato il conto i dissidi continueranno a ripresentarsi. Deve esserci una presa di coscienza, e su questo si basa il mio lavoro. Io non credo nel perdono, il perdono è qualcosa di cristiano e io non sono religioso" mette in chiaro il regista, che ammette di aver tratto la storia dalla sua esperienza personale. "Ogni creazione è sottoposta al ricordo, senza memoria non c'è creazione. Ma non sarebbe importante se non si confrontasse con la realtà, con fatti di attualità. Daratt vuole essere una riflessione su queste tematiche".

Per quanto riguarda gli attori protagonisti Mahamat-Saleh Haroun racconta di come li abbia trovati e scritturati. "Youssouf Djaoro (Nassara) non è un professionista, ha partecipato a un film che non è mai uscito in Europa, bensì nell'unica sala che c'è in Ciad (dove a ottobre verrà proiettato Daratt, NdR). Ali Bacha Barkaï (Atim) durante l'audizione mi ha parlato della sua passione per la poesia. Ci trovavamo in una piccola sala senza elettricità, e con 42°; io gli ho chiesto quale fosse il suo poema preferito e lui ha iniziato a recitare tutto infervorato "Les Fleurs du Mal" di Baudelaire. Non potevo non dargli la parte!".

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