Il ritorno

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Un film di Andrey Zvyagintsev. Con Vladimir Garin, Ivan Dobronravov, Konstantin Lavronenko, Nataliya Vdovina, Galina Popova.
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Titolo originale Vozvraschenye. Drammatico, durata 105 min. - Russia 2003. MYMONETRO Il ritorno * * * - - valutazione media: 3,47 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

ESTRANEITÀ ED ANGOSCIA Valutazione 3 stelle su cinque

di THEOPHILUS


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mercoledì 29 gennaio 2014

VOZVRASCENIE - IL RITORNO
 
Di difficile pronuncia – almeno per noi italiani - il titolo del film vincitore del Leone d’oro alla 60. mostra internazionale del cinema di Venezia: esso ci obbliga a inserire immediatamente a fianco la traduzione. Ancora più problematico il nome del regista, Andrei Zvyagintsev.
Potrebbe, metaforicamente, essere visto tutto in questi termini il senso di estraneità che il Cinema dell’Est europeo, così come quello asiatico in generale, procura al pubblico occidentale. Un cinema povero, perché fatto con scarsità di mezzi ma anche perché ha nella cruda bellezza delle immagini la sua forza principale, lascia sconcertata l’intellighenzia del vecchio mondo che ama cimentarsi con storie più complesse, più costruite, più filosoficamente pregnanti. La conseguenza che a volte e paradossalmente ne discende è quella per cui prende il sopravvento un senso di colpa che si insinua senza quasi far mostra di sé e ci fa chiedere se non dobbiamo allargare i nostri confini e azzardare riconoscimenti anche a patto di premiare ciò che non amiamo veramente e che non comprendiamo se non in parte. In pratica, ad un superbo complesso di superiorità se ne sostituisce un altro, pavido e accomodante, di inferiorità. Si spiegherebbero, così, anche le riottosità interne, il senso di autolesionismo di cui ci sentiamo vittime, e per la mancata assegnazione del Leone a un film italiano e, più in generale, per l’incapacità di difendere il cinema di casa nostra.
Ci pare che Il ritornorappresenti un onesto compromesso all’interno del quadro che abbiamo appena disegnato. Film dalla sceneggiatura scarna, in ossequio ai dettami di quella filmologia, ha nella bellezza a volte selvaggia e genuina della scenografia la sua principale cifra stilistica, la sua identità retorica. A questa genuinitàche non risente ancora, se non in piccola misura, della contaminazione con l’ideologia occidentale, per cui l’incanto delle immagini è probabilmente quello vero di scenari naturali che sono parte dello spirito russo, si accompagna un senso di mistero alimentato dallo svolgimento in sé della storia.
Un padre torna a casa, senza preavviso, dopo un’assenza di 12 anni. Chi è? Ce lo domandiamo subito noi, ma se lo chiedono anche i figli, che vedono irrompere nella loro vita una figura per loro nuova, prima inesistente. Soprattutto il più piccolo dei due si ribella a quella che sente come una prevaricazione. L’autoritarismo con cui il padre tenta subito d’imporsi è anch’esso ciò che resta di un retaggio culturale non ancora scontratosi con il lassismo dell’occidente o è una forzatura che non può comunque essere accettata dai figli? Il ritorno è quello dell’uomo che rientra a casa a riappropriarsi delle sue condizioni di marito e di genitore o è un riprendere possesso delle proprie origini che si sentono minacciate? Il lungo giro senza ritornoche i tre fanno partendo in automobile appare come un viaggio iniziatico, che dovrà compensare e condensare quei dodici anni in pochi giorni. L’adulto deve acquistare subito il carisma necessario a fare di lui un padre; i figli sono costretti ad apprendere rapidamente lezioni teoriche e pratiche di vita. Ma il prezzo che viene pagato è altissimo: la ferrea disciplina imposta dall’uomo, che forse vuole intimorire i ragazzi, anche per dissuaderli dal fare domande sul suo passato, spezza tragicamente e fatalmente quella corda artificiosa e il padre porterà i suoi segreti con sé in fondo al lago.
Tutti e tre gli attori, Vladimir Garin, Ivan Dabronrdvav, Konstantin Lavronenko appaiono notevolmente compresi delle loro parti, ma più incisiva delle altre ci è parsa l’interpretazione data dal bambino che impersona la parte del piccoletto: egli riesce a mostrare in modo assai credibile la rabbia e la diffidenza nei confronti di colui a cui non può concedere le prerogative di padre, che vedrà, però, sconvolto, affondare insieme con la sua barca dopo averne causato indirettamente la morte.
 
Enzo Vignoli,
2 dicembre, 2003.
 

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