ruger357mgm
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giovedì 2 novembre 2017
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fatua senilità
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La mano elegante di Stephen Frears, gran cerimoniere e maestro del film melò di epoca vittoriana/decadente ( da Wilde a Florence, sua ultima, mediocre, fatica), conduce sicura, attraverso inquadrature da videoclip di agenzia di viaggi, una sceneggiatura men che sufficiente, infarcita di retorica e luoghi comuni.Se da un lato è lodevole il tentativo di realizzare un prodotto che possa soddisfare anche una audience islamica ( anche con la Brexit i musulmani in Inghilterra sono una una comunità fortissima, e pericolosa se radicalizzata), dall'altra la pochezza della storia e la confezione su misura per una meritata statuetta alla signora Dench, non rendono l'opera particolarmente entusiasmante.
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La mano elegante di Stephen Frears, gran cerimoniere e maestro del film melò di epoca vittoriana/decadente ( da Wilde a Florence, sua ultima, mediocre, fatica), conduce sicura, attraverso inquadrature da videoclip di agenzia di viaggi, una sceneggiatura men che sufficiente, infarcita di retorica e luoghi comuni.Se da un lato è lodevole il tentativo di realizzare un prodotto che possa soddisfare anche una audience islamica ( anche con la Brexit i musulmani in Inghilterra sono una una comunità fortissima, e pericolosa se radicalizzata), dall'altra la pochezza della storia e la confezione su misura per una meritata statuetta alla signora Dench, non rendono l'opera particolarmente entusiasmante. Di pessimo gusto la macchietta inventata su Puccini. Gradevole l'isterico medico di corte e sufficientemente borioso l'eterno erede al trono. Tutto il resto è sfarzo di fotografia e di scenari, budget elevato ma risultato non all'altezza delle aspettative.L'attore che impersona il munji, ossia l'Abdul del titolo ha l'espressività di una sogliola, un goffo tentivo di Kabir Bedi 2.0, senza lo charme e il carisma delll'indimenticata Tigre.Deludente.
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[+] scarso spessore
(di maria)
[ - ] scarso spessore
[+] grazie ai sentimenti le barriere possono crollare
(di antoniomontefalcone)
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samanta
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martedì 14 novembre 2017
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quando l'inghilterra non conosceva il suo impero
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Vittoria e Abdul è un film uscito in Italia attualmente. La produzione è mista Ingese e USA, la regia è di Stephen Frears un regista inglese che ha un notevole curriculum cinematografico con al suo atttivo films come The Queen e Florence. Il film che è tratto dal libro omonimo di uno scrittore indiano Shrabani Basu attualmente giornalista del Times, narra una storia reale: le vicende in un indiano alla corte della Regina Vittoria dal 1887 al 1901.
La trama: Abdul Karim (Alì Farzal) è un impegato come scrivano nella prigione di Agra e viene scelto insieme ad un compagno a portare alla Regina Vittoria in occasione del suo giubileo 50 anni di regno una moneta particolare come omaggio dell'impero indiano di cui Vittoria (Judi Dench che impersona per la seconda volta la regina) è Imperatrice.
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Vittoria e Abdul è un film uscito in Italia attualmente. La produzione è mista Ingese e USA, la regia è di Stephen Frears un regista inglese che ha un notevole curriculum cinematografico con al suo atttivo films come The Queen e Florence. Il film che è tratto dal libro omonimo di uno scrittore indiano Shrabani Basu attualmente giornalista del Times, narra una storia reale: le vicende in un indiano alla corte della Regina Vittoria dal 1887 al 1901.
La trama: Abdul Karim (Alì Farzal) è un impegato come scrivano nella prigione di Agra e viene scelto insieme ad un compagno a portare alla Regina Vittoria in occasione del suo giubileo 50 anni di regno una moneta particolare come omaggio dell'impero indiano di cui Vittoria (Judi Dench che impersona per la seconda volta la regina) è Imperatrice. Questa lo prende a benvolere e lo nomina come valletto personale (in un certo senso sostituisce il defunto John Brown valletto scozzese ed amico chiaccherato della regina). La regina non solo prende in grande simpatia Abdul. ma addirittura lo nomina Monshi che vuol dire maestro in tale funzione gli insegnerà non solo l'urdu, una delle lingue dell'India, ma anche le usanze religiose (nel caso l'Islam) e i costumi di quel grande paese. Abdul non appare come una figura limpida racconta parecchie bugie sia sull'India sia sulle sue vicende personali però la Regina lo difende malgrado la ribellione della Corte e dei ministri finché alla sua morte il nuovo Re il figlio "Bertie" Edoardo VII (Eddie Izzard) lo rimanda in India e fa distruggere tutti i documenti che lo riguardano.
Innanzitutto il giudizio che a nostro avviso è positivo dal momento che si tratta di un film discreto soprattutto per l'ambientazione (in questo la cinematografia inglese è insuperabile) mobili , decorazioni, locali, costumi sono ricostruiti con grande abilità, da manuale la scena del tè servito all'aperto in uno scenario scozzese freddo e piovoso. Inoltre buona è l'interpretazione, emerge soprattutto la recitazione di Judi Dench veramente accurata e di grande classe, com'é buona l'interpretazione di Alì Fazal che recita in un ruolo ambiguo e degli altri interpreti in ruoli di caratteristi. Desta un pò di perplessità la regia che dapprima imbocca la strada della commedia brillante (ed è la parte migliore) per poi imboccare la strada del dramma patetico. Francamente appaiono inverosimili le scene di ribellione della Corte (compresi valletti e cameriere) in un ambiente come quello inglese al tempo della regina Vittoria. Sarebbe stato meglio conservare il tono brillante.
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maurizio.meres
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domenica 29 ottobre 2017
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la regina e il suddito
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La storia narrata in questo film si basa essenzialmente sulle pochissime traccie lasciate nella residenza reale dell'isola di Wight,una storia vera concentrata alla fine dell'Ottocento quando la regina Vittoria incontrò un suddito Indiano e si affascinò per i modi e le usanze,nella voglia di conoscere un regno lontano e quasi sconosciuto.
La storia vera sicuramente è stata molto differente dal film,in quanto i pochissimi documenti trovati non possono rendere reale tutto quello che cinematograficamente il regista vuole dare,ma con una trasformazione della figura della Regina in una grottesca romanzata quasi favolistica riesce a dare un senso storico al racconto,sovrapponendo tutte le disuguaglianze che un colonialismo dittatoriale imponeva,in un dolce rapporto tra due persone totalmente opposte nella gerarchia ma tremendamente attratte da una reciproca voglia di una maturazione reciproca improntata sul rispetto e la stima di ognuno,anche se l'ostilità di tutta la corte e questo nel film diventa molto veritiero,farà del tutto per ostacolare questa amicizia,e dopo la morte della sovrana cancellerà per sempre questo momento storico sicuramente interessante se documentato ufficialmente,purtroppo certe situazioni non consone all'etichetta reale sono quasi sempre cancellate.
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La storia narrata in questo film si basa essenzialmente sulle pochissime traccie lasciate nella residenza reale dell'isola di Wight,una storia vera concentrata alla fine dell'Ottocento quando la regina Vittoria incontrò un suddito Indiano e si affascinò per i modi e le usanze,nella voglia di conoscere un regno lontano e quasi sconosciuto.
La storia vera sicuramente è stata molto differente dal film,in quanto i pochissimi documenti trovati non possono rendere reale tutto quello che cinematograficamente il regista vuole dare,ma con una trasformazione della figura della Regina in una grottesca romanzata quasi favolistica riesce a dare un senso storico al racconto,sovrapponendo tutte le disuguaglianze che un colonialismo dittatoriale imponeva,in un dolce rapporto tra due persone totalmente opposte nella gerarchia ma tremendamente attratte da una reciproca voglia di una maturazione reciproca improntata sul rispetto e la stima di ognuno,anche se l'ostilità di tutta la corte e questo nel film diventa molto veritiero,farà del tutto per ostacolare questa amicizia,e dopo la morte della sovrana cancellerà per sempre questo momento storico sicuramente interessante se documentato ufficialmente,purtroppo certe situazioni non consone all'etichetta reale sono quasi sempre cancellate.
Il film scorre attraverso battute e situazioni quasi comiche,non è mai irriverente verso la corona,ma sicuramente prende spunto dai modi e le abitudini di un classicismo comico molto Inglese.
Ambientazione ottima,con bellissimi scenari,ma sicuramente la vera mattatrice del film e la bravissima Judi Denck,interpreta splendidamente gli ultimi anni della Regina e la rende quasi reale.
Ritengo il film molto leggero,la trasformazione favolistica secondo il mio punto di vista fa diventare la storia quasi inventata e poco credibile.
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gabriella
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mercoledì 10 gennaio 2018
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vittoria e vittoria
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Diamo a Judy quel che è di Judy, perchè è giusto riconoscerne il talento e la bravura di questa infaticabile
interprete, però per ciò che riguarda il resto , meglio stendere un velo pietoso, non mi vengono in mente altre
definizioni, tanta è stata la delusione, la noia e la fatica a reggere il film fino alla fine.
Dal regista di "Philomena" ( tanto per citarne uno con la Dench), mi aspettavo qualcosa di più originale,
di più innovativo,l'insolita amicizia tra la regina Vittoria e il suo "Munshi", un servitore indiano venuto
inizialmente a consegnare un omaggio a sua maestà e divenuto poi sempre più intimo fino a stabilire un saldo
legame affettivo basato sulla fiducia e sulla confidenza reciproca, poteva essere trattato con più coraggio
e intraprendenza.
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Diamo a Judy quel che è di Judy, perchè è giusto riconoscerne il talento e la bravura di questa infaticabile
interprete, però per ciò che riguarda il resto , meglio stendere un velo pietoso, non mi vengono in mente altre
definizioni, tanta è stata la delusione, la noia e la fatica a reggere il film fino alla fine.
Dal regista di "Philomena" ( tanto per citarne uno con la Dench), mi aspettavo qualcosa di più originale,
di più innovativo,l'insolita amicizia tra la regina Vittoria e il suo "Munshi", un servitore indiano venuto
inizialmente a consegnare un omaggio a sua maestà e divenuto poi sempre più intimo fino a stabilire un saldo
legame affettivo basato sulla fiducia e sulla confidenza reciproca, poteva essere trattato con più coraggio
e intraprendenza. E invece mi ritrovo in un film vintage, sembra sia stato girato almeno cinquanta anni prima,
lasciamo stare la fotografia la coreografia che ha i suoi pregi, l'ambientazione sontuosa e tutto il resto,ma
la sceneggiatura appare debole, troppo forzata nella caratterizzazione dei funzionari di corte che appare fin
troppo macchiettistica, da dire che il siparietto con Puccini è addirittura imbarazzante.Frears perde l'occasione
di dare un'immagine contemporanea alla vicenda, la diversità e l'approccio tra due culture, imbocca inesorabilmente
la strada della commedia e si perde in ammiccamenti parodistici a non finire. Sicuramente la vicenda reale è perlopiù
rimaneggiata, non si conosce molto dei fatti realmente accaduti, probabilmente la figura di Abdul era più ambigua
e furba che devota, ( nel film è appena abbozzato),ma su questo si può chiudere un occhio, almeno Alì Fazal fosse
convincente nel ruolo, recita con un'espressione da stoccafisso che raggiunge l'apice nella scena della regina ormai
morente, non c'è commozione, non c'è vibrazione. Deludente, so benissimo che la maggior parte della gente in sala
approvava e rideva e sono certa che è uscita contenta e soddisfatta di aver ben speso i soldi del biglietto, ma
sinceramente rimango della mia opinione, un plauso alla signora Dench che è veramente una queen del cinema.
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francesco2
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mercoledì 8 aprile 2020
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frears non decadente, ma in decadenza
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Stephen Frears, ormai, si avvicina agli ottanta anni.
Purtroppo, sembra molto lontano da quella seconda giovinezza che conosce, per esempio, Woody Allen quando firma Blue Jasmine e La ruota delle meraviglie. Senza avere ancora visto il suo film su Armstrong, sembra interessato a dipingere ritratti di signore ormai non piu giovani, intenzionate a
lottare contro soprusi piu o meno espliciti nelle rispettive societa di appartenenza. Forse, non a caso, un suo film -non piu recentissimo- si intitolava proprio Piccoli affari sporchi.
Philomena, da questo punto di vista, era un film che portava la dignita della sua protagonista, una signora mossa prima dal desiderio di cercare un figlio, poi dal desiderio di portare alla luce lo scandalo dei bambini venduti dalle suore irlandesi.
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Stephen Frears, ormai, si avvicina agli ottanta anni.
Purtroppo, sembra molto lontano da quella seconda giovinezza che conosce, per esempio, Woody Allen quando firma Blue Jasmine e La ruota delle meraviglie. Senza avere ancora visto il suo film su Armstrong, sembra interessato a dipingere ritratti di signore ormai non piu giovani, intenzionate a
lottare contro soprusi piu o meno espliciti nelle rispettive societa di appartenenza. Forse, non a caso, un suo film -non piu recentissimo- si intitolava proprio Piccoli affari sporchi.
Philomena, da questo punto di vista, era un film che portava la dignita della sua protagonista, una signora mossa prima dal desiderio di cercare un figlio, poi dal desiderio di portare alla luce lo scandalo dei bambini venduti dalle suore irlandesi.
Victoria, invece, lungi dall essere una signora irlandese che nessuno conosceva, era una regina inglese il cui nome richiama la conservazione, ma di cui viene messo in evidenza un episodio inedito, l amicizia con un domestico indiano, che quindi, secondo i parrucconi della corte. era una doppia sfida alle convenzioni. E proprio dipingere tale ambiente, in maniera arguta e puntuale, risulta un merito del film nella prima parte, prima di affondare in un manicheismo che lo rende un pamplhet antirazzistoide e anticlassistoide, con annesso il decesso della sovrana ed il ritorno del povero domestico nel proprio paese, dove dimostrera in maniera tangibile di non volerla mai dimenticare.
Allora Frears, che si riavvicina purtroppo a Liam - 2000-, diventa convenzionale e stucchevole, proprio come i parrucconi che pure condanna, magari in buona fede. Invece di assomigliare alle anziane signore anticonformiste che elogia.
Stephen Frears, ormai, si avvicina agli ottanta anni.
Purtroppo, sembra molto lontano da quella seconda giovinezza che conosce, per esempio, Woody Allen quando firma Blue Jasmine e La ruota delle meraviglie. Senza avere ancora visto il suo film su Armstrong, sembra interessato a dipingere ritratti di signore ormai non piu giovani, intenzionate a
lottare contro soprusi piu o meno espliciti nelle rispettive societa di appartenenza. Forse, non a caso, un suo film -non piu recentissimo- si intitolava proprio Piccoli affari sporchi.
Philomena, da questo punto di vista, era un film che portava la dignita della sua protagonista, una signora mossa prima dal desiderio di cercare un figlio, poi dal desiderio di portare alla luce lo scandalo dei bambini venduti dalle suore irlandesi.
Victoria, invece, lungi dall essere una signora irlandese che nessuno conosceva, era una regina inglese il cui nome richiama la conservazione, ma di cui viene messo in evidenza un episodio inedito, l amicizia con un domestico indiano, che quindi, secondo i parrucconi della corte. era una doppia sfida alle convenzioni. E proprio dipingere tale ambiente, in maniera arguta e puntuale, risulta un merito del film nella prima parte, prima di affondare in un manicheismo che lo rende un pamplhet antirazzistoide e anticlassistoide, con annesso il decesso della sovrana ed il ritorno del povero domestico nel proprio paese, dove dimostrera in maniera tangibile di non volerla mai dimenticare.
Allora Frears, che si riavvicina purtroppo a Liam - 2000-, diventa convenzionale e stucchevole, proprio come i parrucconi che pure condanna, magari in buona fede. Invece di assomigliare alle anziane signore anticonformiste che elogia.
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elicann
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lunedì 12 febbraio 2018
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credo di essere soprattutto indignata
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Grandissima delusione dove salvo solo il talento e la bravura di questa infaticabile interprete, ma per ciò che riguarda il resto , meglio stendere un velo pietoso. Delusione, noia e fatica a reggere il film fino alla fine.
Dal regista di "Philomena" ( tanto per citarne uno con la Dench), mi aspettavo qualcosa di meno manipolatore verso la tolleranza della religione mussulmana. L'insolita amicizia tra la regina Vittoria e il suo "Munshi", un servitore indiano venuto inizialmente a consegnare un omaggio a sua maestà e divenuto poi sempre più intimo fino a stabilire un saldo legame affettivo basato sulla fiducia e sulla confidenza reciproca, è stato manipolato per far passare altro.
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Grandissima delusione dove salvo solo il talento e la bravura di questa infaticabile interprete, ma per ciò che riguarda il resto , meglio stendere un velo pietoso. Delusione, noia e fatica a reggere il film fino alla fine.
Dal regista di "Philomena" ( tanto per citarne uno con la Dench), mi aspettavo qualcosa di meno manipolatore verso la tolleranza della religione mussulmana. L'insolita amicizia tra la regina Vittoria e il suo "Munshi", un servitore indiano venuto inizialmente a consegnare un omaggio a sua maestà e divenuto poi sempre più intimo fino a stabilire un saldo legame affettivo basato sulla fiducia e sulla confidenza reciproca, è stato manipolato per far passare altro. In punto di morte il messaggio è che tutti torniamo ad Allah ... e questo quando non posso credere che in punto di morte una regina capo della Chiesa di Inghilterra non abbia avuto effettivamente il conforto di un prete. Io Capisco la curiosità verso un'altra cultura ma quì non è più storia o raccontare una parte di verità. Quì è un chiaro sistema di far passare i mussulmani come verità e da cattolica mi sento profondamente offesa da qualcosa che mi infastidisce e che vorrei scegliere di guardare se voglio, ma non infilarlo su un trama con il chiaro scopo di dire al mondo "noi mussulmani siamo i più fighi ... e Dio non esiste".
Sono indignata soprattutto e la cultura occidentale dovrebbe proteggere o quanto meno far presente che questo film è solo un attacco religioso mascherato da altro.
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(di giadalucia)
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seiken77
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lunedì 26 febbraio 2018
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richiede molta umiltá e intelligenza
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Un film ispirato a una storia vera che è stata resa pubblica solo pochi anni fa, ma che è accaduta circa un secolo fa. Un film che viene comunque realizzato con un indirizzo político, mediatico e massonico, ove si vuole forzare lo spettatore all'accettazione della comunitá musulmana, fino ad oggi presentata dai media mondiali come pericolosa, e fanatica di una religione. Ecco però che l'eccezione fa la regola: Abdul, vuole rompere questa ideología tuttavia, viene presentato fino alla metà del film e nelle descrizioni come un indiano, probabilmente per rendere piu'attraente lo stesso film. In realtá è un musulmano, e si scoprirá piu'avanti, e che deve attraversare il mondo per scoprire la bellezza di una donna, una bellezza interiore che come egli stesso dice, nemmeno in sua moglie ha visto, moglie coperta da velo nero integrale, completamente assente e nascosta come vuole l'assenza di cultura musulmana.
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Un film ispirato a una storia vera che è stata resa pubblica solo pochi anni fa, ma che è accaduta circa un secolo fa. Un film che viene comunque realizzato con un indirizzo político, mediatico e massonico, ove si vuole forzare lo spettatore all'accettazione della comunitá musulmana, fino ad oggi presentata dai media mondiali come pericolosa, e fanatica di una religione. Ecco però che l'eccezione fa la regola: Abdul, vuole rompere questa ideología tuttavia, viene presentato fino alla metà del film e nelle descrizioni come un indiano, probabilmente per rendere piu'attraente lo stesso film. In realtá è un musulmano, e si scoprirá piu'avanti, e che deve attraversare il mondo per scoprire la bellezza di una donna, una bellezza interiore che come egli stesso dice, nemmeno in sua moglie ha visto, moglie coperta da velo nero integrale, completamente assente e nascosta come vuole l'assenza di cultura musulmana. Ma in occidente, egli ha la sua occasione, vede la Regina senza veli, nè maschere, ma non vede sua moglie, la quale non dice una sola parola in tutto il film, a denotare il maschilismo islamico. Ed ecco il paradosso che vuole far riflettere la razza musulmana. Vuole mostrare la bellezza femminile e far loro capire che esiste, e che qualcuno della loro specie, l'ha scoperta, l'ha rispettata, l'ha vissuta, addirittura attraverso una Regina. E allora, questo film, rappresenta un invito a tutti i musulmani, a liberarsi di un maschilismo masochista, di fissazioni coraniche cosi pedanti e non evolutive, perchè con l'apertura all'evoluzione, essi possono giungere a vedere la bellezza non solo di Abdul, essere umile e delicato, ma anche della Regina che li accompagna. Un film dalla profonda essenza che richiede una grande intelligenza e capacitá di mettersi in discussione, rivolto agli occidentali, per lasciare la porta aperta, e ai musulmani, per evolversi nel mondo occidentale che inseguono e che li ospita, a patto di adeguarcisi. Altrimenti, come Abdul, saranno rimandati indietro.
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domenica 3 settembre 2017
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vittoria e abdul
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#Venezia74. VITTORIA E ABDUL. Ovvero la regina d'inghilterra e il fedele mussulmano che ne fu il fedele consigliere negli ultimi anni di regno. Tra fascinazione per una cultura diversa e una difficile integrazione con la corte. Veicolo attoriale assoluto per Judi Dench tra massime sussurrate (tutti siamo prigionieri dice la regina, vittima di una serie di interminabili cerimoniali) e accademiche sottolineature su reame e societa'. Il regista Stephen Frears ? Bastano le poche righe che gli dedica un grande critico come Jonathan Rosenbaum che si possono reperire su "Critofilm" di Adriano Apra'.
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elgatoloco
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lunedì 12 luglio 2021
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complessivamente importante
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"Victoria and Abudl"(Stepehn Frears, dal libro di Shrabani Basu, sceneggiaturura di Lee Hall, 2017). Basata su una storia che sembra essere aderente alla realtà, la regina Victoria , ormai 81 enne, è affascinata dalla figura di un certo Abdul, Indiano musulmano, scelto in India, dove fa lo scrivano in una prigione(non da prigioniero), per portare in Inghilterra il "mogul", una sorta di pietra preziosa, con la proibizione di guare la sovrana. Ma Victoria, meglio la Queen Victoria, rimane così affascinata dal giovnae indiano, che ne"beve"tutti i racconti, nominandolo quasi cavaliere dell'Impero e dunque inimincandosi praticamente tutta la corte, a iniziare dal figlio, che sarà re alla morte della sovrana, morte che peraltro aspetta in ogni modo con ansia.
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"Victoria and Abudl"(Stepehn Frears, dal libro di Shrabani Basu, sceneggiaturura di Lee Hall, 2017). Basata su una storia che sembra essere aderente alla realtà, la regina Victoria , ormai 81 enne, è affascinata dalla figura di un certo Abdul, Indiano musulmano, scelto in India, dove fa lo scrivano in una prigione(non da prigioniero), per portare in Inghilterra il "mogul", una sorta di pietra preziosa, con la proibizione di guare la sovrana. Ma Victoria, meglio la Queen Victoria, rimane così affascinata dal giovnae indiano, che ne"beve"tutti i racconti, nominandolo quasi cavaliere dell'Impero e dunque inimincandosi praticamente tutta la corte, a iniziare dal figlio, che sarà re alla morte della sovrana, morte che peraltro aspetta in ogni modo con ansia. Alla morte della sovrana, l'inevitabile vendetta dei cortigiani, che si rivelano così, consegunemente all'opera, "vil razza dannata". Al di là di questo, il fil,m, scritto nel soggetto(libro)da un autore indiano, è violentemente antirazzista soprattutto per come è stata concepita la sceneggiatura e dunque svela quei retroscena di questo tipoi che nella corte inglese sono sempre stati"dietro le quinte",tanto che ancora oggi, talora, emergono, particolari inquietanti a proposito dlela moglie americana -mulata del secondo principe... Ed è probabilmente in questa chiave che è da leggere il film, oltre al fatto della riscoperta dell testo biografico, usato in qualche modo come"macchina da guerra"in chiave o meglio con destinazione interna(british, quasi "only british", dove tale definzione è da riferire a tutto l'iMpero o meglio ex.impero), che mostra l'anziana sovrana, in fase"calante"ma non di rimbambimento da Alzheimer o alrtro, dove se Judi Dench si conferma un'interprete sopraffina, anche Ali Fazal si dimostra un grande interprete nel ruolo del segretario indiano, appunto. Quanto ppi alla questione della storicità(diciamo meglio: attendibilità storica)del libro da cui è tratto il film e dunque il film stesso , non è possibile pronunciarsi, salvo il fatto che in quel 1887, con la regina Victoria ormai declinante, può essere che essa avesse in parte abidccato sl suo atavico conservatorismo anche rispetto ai sudditi coloniali., dove natrualmente ulteriori considerazioni sarebbero da esaminare a parte, tenendndo conto di fattori che andrebbero esaminati con grande attenzione analitica, il che natrualmente esorbita da questo tentativo di recensione filmiica. El Gato.
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starfish11
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domenica 29 ottobre 2017
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queen victoria scopre l'india di cui è imperatrice
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Judy Dench viene qui incoronata Queen and Empress. Ormai al 2' film ( 'La Mia Regina', 1997 di John Madden) a pieno diritto ne è la sua identificazione magistrale.
Pranzo di stato, epoca giubileo dei 50 anni di regno, la vediamo sonnolente che alza gli occhi e lo vede , alto e scuro di pelle ambrata,con quell'uniforme scarlatta in mezzo ai grigi della corte. Lui, a cui era stato raccomandato di non guardarla fissa negli occhi, disobbedisce, preso dall' immenso piacere di essere davanti alla sua sovrana e le bacia i piedi. È un colpo di fulmine per Vittoria, trascurata negli affetti familiari e dalla corte e inizia così la loro privatissima liason fino alla morte della regina.
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Judy Dench viene qui incoronata Queen and Empress. Ormai al 2' film ( 'La Mia Regina', 1997 di John Madden) a pieno diritto ne è la sua identificazione magistrale.
Pranzo di stato, epoca giubileo dei 50 anni di regno, la vediamo sonnolente che alza gli occhi e lo vede , alto e scuro di pelle ambrata,con quell'uniforme scarlatta in mezzo ai grigi della corte. Lui, a cui era stato raccomandato di non guardarla fissa negli occhi, disobbedisce, preso dall' immenso piacere di essere davanti alla sua sovrana e le bacia i piedi. È un colpo di fulmine per Vittoria, trascurata negli affetti familiari e dalla corte e inizia così la loro privatissima liason fino alla morte della regina. Prima private servant poi sempre più blasonato, passando da maestro personale da cui impara la lingua colta della Sua colonia e del Corano, fino a commendatore dell'Ordine Vittoriano. In parallelo l' ira della Corte, in capo il Principe di Galles, Bertie,il futuro Edward VII, cui il regista non resiste, come già fece John Madden con John Brown, a renderlo odioso, ottuso, glaciale, prepotente coi deboli, frustrato dall' attesa di diventare re, ma così cieco e all'oscuro di tutta la storia umana dei popoli del grande impero britannico. Vittoria ha un gran cuore che ha smesso di battere alla morte dell'amato marito, ma come già con John Brown ritrova vita e forza in animi puri che la venerano riconoscendone la Grandezza.
La corte ne esce a pezzi, disumani, invidiosi, sospettosi, cospiratori. Il povero adorato Abdul deve tornare in India dove non smette di pensare a Lei e corre a baciarle i piedi nella grande statua nel vialetto di rose del Taj Mahal.
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