Everything Everywhere all At Once

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Un film di Dan Kwan, Daniel Scheinert. Con Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Ke Huy Quan, James Hong.
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Azione, Ratings: Kids+13, durata 139 min. - USA 2022. - I Wonder Pictures uscita giovedì 6 ottobre 2022. MYMONETRO Everything Everywhere all At Once * * * 1/2 - valutazione media: 3,74 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Uno sguardo sullo spettatore nuovo Valutazione 3 stelle su cinque

di Alessandro Spata


Feedback: 1173 | altri commenti e recensioni di Alessandro Spata
domenica 9 aprile 2023

 - Credo nel cinema che non esclude lo spettatore. Ma a tutto ci sarà un limite? -

Schizzi di “multiverso  cinematografico” si spargono copiosi sullo spettatore inerme. Questi Daniels (multi)versatili o decidi di prenderli in blocco oppure provi a scansarli per sempre. Ma noi che siamo come i bambini alle prese con i barattoli di vernice ci piace imbrattarci e volentieri ci immergiamo mani e piedi in questo ennesimo "pastrocchio" filmico.
Non dico di essermi esattamente annoiato, ma una certa uggia l’ho sperimentata qua e là. Sebbene girato con sapienza registica e nonostante la presenza di ottimi attori non mi sono sentito coinvolto dall'inizio alla fine.
In un opera del genere in cui la girandola di immagini e situazioni fantasmagoriche la fanno da padroni sarebbe sbagliato voler scovare una qualche logica. Ripensandoci, normalmente non ci facciamo troppi scrupoli di fronte alla surrealtà di un film fantasy come ad esempio il Signore degli Anelli. Sappiamo che è totalmente assurdo e non ci chiediamo il senso di ciò che vediamo. Sospendiamo l’incredulità e andiamo avanti se ci piace certo genere di spettacoli. Oppure ci viene voglia di andarci a leggere il romanzo da cui è tratto il film nella migliore delle ipotesi. A proposito, qualcuno è uscito dalla visione di  Everything Everywhere All At Once(EEAAO) con la voglia irrefrenabile di saperne di più sulla Teoria delle stringhe?
Per apprezzare certi film forse avere un’infarinatura di fisica dei quanti o di quarta dimensione aiuterebbe ad apprezzare di più ciò che scorre sullo schermo. Tuttavia, non è facendoci una cultura sulla "Teoria della relatività" che ameremo di più i contenuti del film. Dopo un primo momento di smarrimento ti riprendi prontamente pensando che è sufficiente, forse, farsi affascinare dalle sequenze di immagini avvincenti che ti passano frenetiche davanti agli occhi (o almeno così te la racconti). È soltanto a questo che ti devi aggrappare per una questione proprio di igiene mentale, oserei dire. E poi non vorrei ricadere tragicamente nel trappolone di chi sta lì a tutto oggi a chiedersi cose del tipo: “Come diavolo avrebbe fatto un wormhole a collegare due o più buchi neri (a vostro piacere) attraverso uno dei quali è poi transitato il motore di un aereo precipitato (il motore non l’aereo) in seguito su una casa (e più precisamente dentro la stanza di un adolescente tormentato della "Virginia") quando lo stesso identico motore in questione si trova ancora incollato ad un aereo non ancora partito dall’aeroporto di Los Angeles. Ok, avete esattamente 28 giorni, 6 ore, 42 minuti, 12 secondi per rispondere alla domanda prima che io incorra definitivamente in un “collasso gravitazionale”. Tranquilli, non voglio riaprire l’annosa questione e poi sono sicuro che ciascuno di voi ha compreso tutto benissimo e da un bel pezzo pure dell’opera in questione.
Ma più che parlare del film dei Daniels in sé vorrei concentrarmi sullo spettatore tipo di questo genere di film. Che tipo di spettatore “stanno selezionando” i film cervellotici, macchinosi, cerebrali cui assistiamo sempre più spesso al cinema? Per uno abituato ad una narrazione lineare tipica dello schema di certi romanzi ottocenteschi può risultare davvero arduo seguire certe trame molto (tanto) apparentemente contraddittorie che assomigliano sempre più al tracciato impazzito dell’elettroencefalogramma di uno in preda agli incubi. Motivo per cui l'interpretazione dell'elettroencefalogramma, pardon, del film rischia sempre di più di essere affidata a specialisti esperti di funzioni cerebrali, pardon, di cinema o di  Teoria della relatività ristretta, all’occorrenza. Oppure più semplicemente si sta espandendo sempre più una platea “esclusiva” di nerd patiti per i videogiochi e i videoclip musicali e col pallino della fisica teorica, eventualmente? Non sarà che sta cambiando proprio l’assetto cognitivo dello spettatore, in quanto campione medio statisticamente significativo del genere umano? In fondo perché stupirsi se anche il settore del cinema è coinvolto in questo cambiamento evolutivo di certa  plasticità neurale e di pensiero dell’uomo e donna Sapiens?
Spero di non esagerare se dico che l’argomento del “multiverso” è oggi utilizzato da certi cineasti come espediente per combattere l’attitudine eccessiva e dilagante a semplificare la realtà. Cioè il bersaglio dei Daniels sarebbe il pensiero “sincretico” (e la sua degenerazione nel pensiero magico). In sostanza, qui lo spettatore viene invitato a mettere in atto un processo per mezzo del quale gli eventi che appaiono superficialmente dissimili vengono ritenuti comunque collegati da una qualche relazione causale. Concretamente la “persona-spettatore” del film è chiamato a tollerare le contraddizioni che apparentemente, per una mente non allenata, si susseguono nelle inquadrature obbligandolo a riportare all’unità in qualche modo elementi diversi o palesemente incompatibili con la propria abituale visione del mondo. In qualche modo, quantomeno nella mente dell’astante, la contraddizione va sanata e la complessità prima aborrita come la peste va accettata ed eventualmente ricondotta ad una nuova unità (si spera forse di livello superiore)
Dietro certe operazioni cinematografiche c’è dunque l’esortazione a superare l’attitudine perniciosa all’«economia cognitiva» che se esagerata impedisce qualunque manifestazione di creatività e soprattutto diventa un modo per chiudersi a riccio e rifiutare gli altri e le condizioni e i saperi diversi dai propri. Certo c’è anche l’esortazione a vivere “il qui ed ora”, a dare “valore” al - momento presente – (quindi, non è vero che tutto ha lo stesso valore) ricordandoci che ogni azione ha delle  conseguenze su noi stessi e sugli altri (quantomeno quelli che ci sono più vicini).
La rapidità con cui i protagonisti sono risucchiati da un ambiente all’altro è la stessa vissuta dallo spettatore. I cambiamenti simultanei di setting sembrano configurare una specie di “Cinema interruptus”: ogni scena sembra una scena sempre incompiuta destinata a concludersi altrove, forse in un altro spazio-tempo o forse in un altro genere cinematografico, ma che, proprio per questa interruzione costante, potrebbe rimanere più a lungo nella memoria dello spettatore. Una sorta di “Effetto Zeigarnik” filmico.
Ovviamente non dico che il film dovrebbe essere preceduto da una guida completa alla sua visione. Perché se è vero che tutto è già sapientemente predisposto dai due registi e anche vero che molto è lasciato potenzialmente all’iniziativa personale dello spettatore e al suo tentativo sovente frustrato di interpretazione. Veloce non è sinonimo necessariamente di semplice e insulso. Dico solo che bisogna stare attenti a che dietro il dilagare di certa “multiforme e bizzarra e frenetica miscelazione di generi e argomenti vari” non si finisca per fomentare al contrario una spaventosa povertà di pensiero e di emozione.
Qui il paradosso è che la platea è semplice spettatrice della scena, ma non vi partecipa veramente. Un film che non lascia molto spazio all'interpretazione dello spettatore, in realtà. Non si tratta ad esempio di quel genere di opera ambigua che permette allo spettatore di decifrare i dettagli “fuori-campo” attraverso le proprie esperienze.
Puoi soltanto inebriarti delle immense possibilità (creative) offerte dalla (ir)realtà degli universi multipli sebbene tu faccia un’identica immensa fatica a simbolizzarli. Qui c’è uno spettatore che viaggia insieme ai protagonisti (“coesiste”) in un'illusione o distorsione spazio-temporale (ammesso che si possa dire così). Ora se è vero che personaggi protagonisti e spettatori in sala si fanno vivere dagli eventi più che viverli, allora il personaggio del film e lo spettatore vivono una sorta di simbiosi. Chi è più reale tra i due? Chi dei due staziona nell’universo tangente? Chi nell’universo principale? Ma soprattutto, quale di questi è l’universo principale? La risposta dovrebbe essere assolutamente soggettiva e dall’immaginazione di ognuno potrebbe scaturire la soluzione più opportuna. Potremmo azzardare che il personaggio del film è contemporaneamente lo spettatore stesso (e viceversa) seppure in un altro universo (delirio multiversale).
Nello spettatore, immerso com’è in un  variopinto ed abbagliante caleidoscopio di immagini e suoni contrastanti, è provocata una reazione ambivalente di instabilità e disorientamento che scaturisce verosimilmente dall’impressione permanente che sempre un maggior numero di informazioni gli siano negate (cioè che gli manchi sempre qualcosa per risolvere l’arcano). Alcune delle scene più importanti sembrano rivolte direttamente allo spettatore toccato quasi da una forma d'ansia per questa sensazione di essere interrogato quasi dalle immagini. Una condizione permanente di “Dissonanza cognitiva” alimenta uno stato di curiosità e di fastidio insieme nell’osservatore. Lo spettatore in quanto spettatore non coinvolto, alla stregua di un giornalista distaccato, si limita a seguire l'evoluzione delle situazioni. L’«Innocente spettatore» dagli occhi come telecamere si limita a registrare un fatto così come si compie e mentre si compie.
Sembra quasi che lo spettatore medesimo sia incluso come parte del divenire paradossale di questa “storia non-lineare”. Anche la protagonista non comprende fino in fondo ciò che le succede, ma proprio come lo spettatore è stimolata a sentire la “verità” di questa (non)storia (una verità multipla ovviamente), anziché comprenderla razionalmente.
Più che virtualmente coinvolto nella (ri)costruzione di una “storia” (che implica la ricerca di senso) ti ritrovi a dover identificare l’esistenza di coincidenze plausibili. Quindi, più che confrontarti con una “storia” finisci per dover mettere ordine ad una successione di “immagini” che in apparenza non hanno un ordine preciso. Potremmo dire, in omaggio all’idea delle “logiche polivalenti” che trattasi di un “disordine precostituito”. Ma sono comunque immagini potenti. Alcuni effetti visivi, alcuni stratagemmi dall’effetto comico rimangano indubbiamente nella mente dello spettatore e proprio come gli universi multipli coesistenti possono assumere potenzialmente valenze multiple nello spettatore.
Ancora una volta questo contrasto “chiaroscurale” di generi e temi, di emozione e cognizione, mantiene lo spettatore in sospeso, trascinandolo in un viaggio a perdifiato nel tempo e nello spazio attraverso orizzonti cinematografici forse anche quelli solo apparentemente lontani.
Mi piacerebbe che i Daniels la smettessero di fare i videoclippari e mettessero il loro talento al servizio di un film meno "surrealista". Oramai sono stati sdoganati dall’establishment e a suon di Oscar pure. Non hanno più bisogno di fare i “trasgressivi”, gli alternativi, a vita. Certi “frullati di folk intelligente” a lungo andare stufano. Fare il “manifesto vivente dei festival off-Hollywood” tipo Sundance alla lunga diventa stucchevole. Il loro profilo “tardo hippy” è sufficientemente maturo per essere elaborato ad un livello superiore. Tuttavia, una cosa è certa. Col passare del tempo e a forza di assistere a certo cinema “visionario” (ma non soltanto per questo, ovviamente) finiremo con l’abbandonare la vecchia impostazione cerebrale che elabora il mondo in termini lineari di causa-effetto. Quali ricadute l’abbandono di questa vecchia abitudine mentale possa avere in termini etici e morali sulla società futura è tutto da scoprire. O forse finiremo tutti per pensare in moto alternativo? E magari saremo soltanto “tutti uguali nel pensare in modi diversi”. Una forma di trasgressione-conformista o di conformismo-trasgressivo si profila all’orizzonte? Un ossimoro ontologico pervaderà le nostre vite? Ops! Tranquilli, “è solo il mio cervello che è sottoposto ad un grande stress”. Ma come si fa balenare nel film, - dipende soltanto dalle nostre azioni il tipo di piega che prenderà il nostro universo. Facciamo in modo che la vita non sia soltanto “una ineluttabilità statistica”.
Consiglio finale: guardate il film almeno un paio di volte prima di rinunciare definitivamente.

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dreamers domenica 9 aprile 2023
a forza di assistere...?!
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Caro Alessandro, grazie del tuo commento, impegnato e impegnativo, ma ricco di generoso impegno a offrire un contributo di senso alla lettura di un film che, per dirla alla Vasco, un senso non ce l''ha (e soprattutto non lo vuole avere). Credo anch''io che stiamo assistendo ad una mutazione antropologica (rispetto alle dinamiche cognitive e comunicative) che in un film come questo ha sicuramente una sua chiara espressione. Al punto che Everything potrà forse un giorno essere indicato come film spartiacque. Ma la questione che mi pongo è allora la seguente: la generazione (o le generazioni...) non ancora mutata, se questo è il cinema, si darà all''apicoltura o alla mineralogia, ma ben lontano da qualsiasi cosa assomigli a una sala/frullatore. [+]

[+] proviamo ad essere più ottimisti? (di alessandro spata)
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alessandro spata lunedì 10 aprile 2023
dedicato a "dreamers"
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Intanto ringrazio ''Dreamers'' per la pazienza dimostrata nel leggere le mie ''considerazioni''. E mi sento in dovere di abbozzare una risposta. Mi sforzo quantomeno di articolare un pensiero che sia il più possibile comprensibile e non mi è sempre facile. Condivido i timori espressi nel tuo commento ma sento di dover essere un tantino più ottimista. Il solo fatto che siamo qui a discuterne è il segno che persino certa ''bizzarria cinematografica'' è comunque capace di stimolare un pensiero. Intanto, sono convinto che non saranno i film come quelli dei Daniels a svuotare le sale cinematografiche. Non vedo una ''deriva'' (non ancora almeno) che costringerà tanti di noi a darsi ''all''''apicoltura o alla mineralogia'' che rimangono pur sempre attività rispettabilissime e fondamentali per la nostra sopravvivenza persino. [+]

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