Piccole donne

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Up-date remake Valutazione 4 stelle su cinque

di Ghisi Grütter


Feedback: 2850 | altri commenti e recensioni di Ghisi Grütter
venerdì 10 gennaio 2020

Il film “Piccole Donne” di Greta Gerwig è un’operazione di attualizzazione di un romanzo che tutte le donne, di almeno tre generazioni, hanno letto. E se non lo hanno letto hanno sicuramento visto un film tratto dal romanzo di Louisa May Alcott del 1868. Cinque, infatti, sono stati i film, di cui due versioni animate, più una serie tv BBC del 2017 e, in Italia, uno sceneggiato di Anton Giulio Majano del 1955.

Due erano film che quando ero bambina ci facevano piangere e costituivano un must:Bambi” di Walt Disney e, appunto, “Piccole donne”.

La splendida Katherine Hepburn diretta da Geoge Cukor, fu la prima Jo, l’eroina tomboy, nel 1933, ma noi ricordiamo prevalentemente il remake del 1949 di Marvin LeRoy con June Allison nella parte di Jo, Janet Leigh in Meggy ed Elisabeth Taylor in Amy (e il nostro Rossano Brazzi nel Professor Bhaer). Il film più recente è invece del 1994, diretto dalla regista australiana Gillian Amstrong, con Winona Ryder nella parte della protagonista, Christian Bayle in Laurie, Susan Sarandon in quella della madre e Gabriel Byrne in Baher; ha avuto un gran successo ma forse leggermente inferiore a quello delle versioni precedenti.

La storia è quella (quasi autobiografica) della famiglia March a Concord, una piccola cittadina del Massachusetts. Lì vivono con la madre Marmee le quattro sorelle - in ordine di età Meg, Jo, Beth e Amy (interpretate da Emma Watson, Saoirse Ronan, Eliza Scanlen e Florence Pugh) - protagoniste della vicenda, che si snoda intorno agli avvenimenti domestici nell'anno in cui il padre Robert è lontano da casa perché nell'esercito, durante la Guerra Civile.

Greta Gerwig, attrice e sceneggiatrice di successo, fonde i due libri della Alcott (in US Piccole donne e Piccole donne crescono sono due parti dello stesso libro) in un unico racconto frammentato da continui flash back. Forse la storia non scorre agevolmente ma tutte noi, che la conosciamo a memoria, non abbiamo alcuna difficoltà nel comprenderla.

La regista ha messo insieme una serie di ottimi ingredienti. Ha reso un po' meno antipatica la figura di Amy, un pochino più scialba quella di Meg. Ha usato due attori maschi di gran successo al momento (e considerati sexy), Thimotée Chalamet nella versione istrionica di Laurie Lawrence e Louis Garrel nella parte di Friedrich Bhaer. Leggermente sbiadita e forse un po' troppo bonaria è la figura di nonno Lawrence interpretato da Chris Cooper. Inoltre, Gerwig ha fatto finire il libro diversamene con una trovata revanscista divertente.

Il cast è eccezionale e si avvale anche di due grandi attrici americane: la zia March è addirittura Meryl Streep e la mamma Marmee, Laura Dern (già vincitrice del Golden Globe 2020 per “Storia di un matrimonio” di Noah Baumbach).

Un paio di battute sono memorabili, quella della zia March che dice a Jo: «Una ragazza può non sposarsi solo se nasce dannatamente ricca» e quella dell’editore che afferma: «Se la protagonista del romanzo è una donna nel finale o si deve sposare oppure deve morire».

Greta Gerwig, considerata un po' alleniana nelle sue sceneggiature, al suo secondo lungometraggio da regista, ha confezionato un ottimo prodotto, coinvolgente ed emozionante. Belle le fotografie, splendidi i vestiti, gli arredi e la scenografia. Una piccola curiosità: la regista ha voluto girare il film proprio nella casa di Louisa May Alcott, dove aveva scritto il libro (diventata oggi casa-museo). Ottima la musica del pluripremiato Alexandre Desplat oltre all’inserimento dei pezzi classici che, tra Schubert e Schuman, rafforzano il lato romantico della storia. La musica cambia e accelera nelle scene quando sono rappresentate le ragazze tutte insieme, vestite con gonne di colori pastello e unite dalla sisterhood.

Il film tratta tutti temi attuali - dall’emancipazione femminile alla parità di genere, dal ruolo della donna nella società al razzismo - che la società moderna, anche se in modo diverso, si è trascinata dietro fin dall’Ottocento.

 

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