flaw54
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sabato 25 maggio 2019
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finalmente un film!
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In un panorama cinematografico desolante il film di Bellocchio sembra fuori posto per la bellezza delle immagini, la forza dei dialoghi e la recitazione di tutto il cast. Bellissima la scena iniziale della festa di Santa Rosalia con l'effimera pace e tra i clan mafiosi in un ambiente barocco e decadente che sembra nascondere dietro l'apparenza la violenza di ciò che sta per accadere. Ottima la sceneggiatura è la scelta di privilegiare i momenti più significativi con scene di grande cinema come quella del confronto in tribunale tra Buscetta e Pippo Calò. Favino inarrivabile, ma tutti gli attori hanno reso al massimo. Si sente costantemente la presenza di Coppola e dei suoi " Padrini".
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In un panorama cinematografico desolante il film di Bellocchio sembra fuori posto per la bellezza delle immagini, la forza dei dialoghi e la recitazione di tutto il cast. Bellissima la scena iniziale della festa di Santa Rosalia con l'effimera pace e tra i clan mafiosi in un ambiente barocco e decadente che sembra nascondere dietro l'apparenza la violenza di ciò che sta per accadere. Ottima la sceneggiatura è la scelta di privilegiare i momenti più significativi con scene di grande cinema come quella del confronto in tribunale tra Buscetta e Pippo Calò. Favino inarrivabile, ma tutti gli attori hanno reso al massimo. Si sente costantemente la presenza di Coppola e dei suoi " Padrini". Un applauso a Bellocchio.
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k. s. stanislavskij
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sabato 25 maggio 2019
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uno dei migliori film di mafia- affresco iperreale
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BELLOCCHIO- IL TRADITORE
sono andato al cinema pieno di pregiudizi sull'ennesimo film di mafia, temendo un prodotto medio e neutro da dejavu, ormai saturo interiormente di prodotti seriali da tv sull'argomento, in più avevo enormi diffidenze su Favino, sulla sua parlata, dopo aver visto il trailer.
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BELLOCCHIO- IL TRADITORE
sono andato al cinema pieno di pregiudizi sull'ennesimo film di mafia, temendo un prodotto medio e neutro da dejavu, ormai saturo interiormente di prodotti seriali da tv sull'argomento, in più avevo enormi diffidenze su Favino, sulla sua parlata, dopo aver visto il trailer...e confesso che Bellocchio me pareva, anche per l'età, rincoglionito...
Mi sbagliavo di grosso!
IL TRADITORE E' UNO DEI MIGLIORI FILM DI MAFIA MAI VISTI! ...(ovviamente secondo me).
Un affresco potente, capace di ri-narrarci una storia che in fondo conosciamo nelle sue linee storiche, in un modo che tocca corde profonde e apri squarci perfino inediti.
Intanto introducendo una dimensione iperreale e a volte onirica incredibilmente efficace: tutte le scene all'aula bunker sembrano un'opera teatrale con coro e solisti...grande intensità, non fiatava una mosca al cinema...e non a caso c'è Giuseppe Verdi come commento musicale.
Per un attimo mi è sembrato Sorrentino, che non so se sia un complimento, ma indica cmq una modalità narrativa inedita per questa storia reale.
E poi una recitazione efficace di molti, se non tutti, con un FAVINO che alla fine riempie lo schermo di tanta "corpulentità", ma la sua recitazione ha sfumature notevoli d'intensità e interiorità fatta di microgesti che rivelano sentimenti complessi, anche molto credibile nella parlata palermitana (agevolato dal fatto che Buscetta aveva un accento tutto suo quando parlava italiano con i giudici, visto che aveva vissuto all'estero a lungo, ma quando parla con palermitani è un palermitano credibile).
LUIGI LO CASCIO perfetto nella sua "nervosità" e parlata -, ma gioca in casa - e la sua scena all'aula bunker è un piccolo capolavoro.
E tutti gli altri incisivi, Calò, Riina, Liggio, tutti smontati e rimontati da una recitazione che ne amplifica le dinamiche interne... davvero un affresco notevole, un'altra prospettiva, e il cuore per questa storia recente continua a battere anche con nuovi solchi che l'arte traccia.
Spero in un premio domani sera.
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samanta
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domenica 16 giugno 2019
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ma è il vero buscetta?
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Il Traditore in parte è un film in parte è un documentario della vicenda di Tommaso Buscetta "don Masino" (interpretato da Pierfrancesco Favino) uomo della mafia siciliana che per primo collaborò con la giustizia, permettendo nel 1986 che si svolgesse il c.d. maxi processo contro centinaia di mafiosi. Il film non è evidentemente nelle corde di Marco Bellocchio che non riesce a dare spicco alla personalità di Buscetta che diventa un personaggio senza troppo nerbo, quasi uno spettatore delle sue vicende. Inoltre il film appare troppo lungo (2 ore e mezzo) lento e a tratti anche noioso.
Buscetta era un criminale pluriomicida, trafficante di droga alla grande, che conduceva una vita brillante sopra le righe, donnaiolo impenitente.
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Il Traditore in parte è un film in parte è un documentario della vicenda di Tommaso Buscetta "don Masino" (interpretato da Pierfrancesco Favino) uomo della mafia siciliana che per primo collaborò con la giustizia, permettendo nel 1986 che si svolgesse il c.d. maxi processo contro centinaia di mafiosi. Il film non è evidentemente nelle corde di Marco Bellocchio che non riesce a dare spicco alla personalità di Buscetta che diventa un personaggio senza troppo nerbo, quasi uno spettatore delle sue vicende. Inoltre il film appare troppo lungo (2 ore e mezzo) lento e a tratti anche noioso.
Buscetta era un criminale pluriomicida, trafficante di droga alla grande, che conduceva una vita brillante sopra le righe, donnaiolo impenitente. Fu costrretto a collaborare perché era l'unica chance che aveva per non essere ucciso, infatti Cosa Nostra (fu don Masino a rivelare che questo era il vero nome della mafia) non aveva più fiducia in lui che si comportava come un free lance dello spaccio dal suo rifugio (lussuoso) in Brasile con la terza moglie e anche per la sua vita dissoluta e questo non per un falso moralismo come voleva far credere Totò Riina al processo ma parché non dava la sicurezza di essere discreto e rivelasse i segreti delle imprese mafiose, come dice un vecchio proverbio mafioso "meglio comandare che fotxxxe".
Buscetta non era un mafioso vecchio stile, che era feroce quanto la nuova ma che a differenza di quella precedente ("canna quando c'é il vento piegati") decise di fare la guerra allo Stato ammazzando giudici, poliziotti, carabinieri e addirittura il Prefetto di Palermo . A suo tempo il Prefetto Mori che "piallò" la mafia nel periodo 1924-1929, andava tranquillamente a cavallo nella campagna senza scorta, la mafia sapeva benissimo che attacccare lo Stato avrebbe comportato un inasprimento di pene e che d'altra parte morto un servitore dello Stato un altro lo avrebbe sostituito.
Buscetta si presenta come un vecchio mafioso che si ribella alla nuova dirigenza, ma in realtà si era arricchito con il traffico di eroina il cui ricavato riempì di miliardi i trafficanti e stravolse le leggi della vecchia mafia, partecipa a tutte le imprese criminose che gli comandano, solo quando la mafia colpisce la sua famiglia lui decide di collaborare perché sa che prima o poi sarebbe toccato a lui, ma questo dal film traspare poco, Buscetta appare quasi un personaggio neutro, abulico, non viene in luce la sua personalità tragica, fantasiosa, la sua furbizia, raccontò anche bugie a Falcone che peraltro se ne accorse, incominciò per soldi a fare rivelazioni tardive (ormai era morto Falcone) sulla politica quasi questa fosse la cupola della cupola con risultati nulli (il processo Andreotti) . Teorema che Falcone negò, in realtà non era la politica a comandare alla mafia, ma questa a comandare ai politici collusi. Il film però dà poco spazio al processo Andreotti che forse era meglio omettere perché intralcia il filo della trama apparendo come un appendice di scarsa importanza.
Il film peraltro si avvale di una eccellente interpretazione di Favino e soprattutto di Fabrizio Ferracane che interperta il mafioso Pippò Calò, il confronto al processo tra lui e Buscetta è un capolavoro che fa comprendere quale abisso di male era (ed è) la mafia. In conclusione un film discreto anche se certamente ritengo insuperabile "Il giorno della Civetta" di Damiano Damiani tratto dal romanzo di Sciascia: Buscetta era un uomo o un quaquaraquà?.
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kronos
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domenica 8 settembre 2019
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fiction tv "impegnata"
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Un irriconoscibile Marco Bellocchio da vita all'ennesima produzione RAI di "denuncia civile", con al centro stavolta Don Masino e la mafia siciliana anni 70/80.
Ma non dovrebbero bastare e avanzare gli innumerevoli reportage e documentari televisivi sull'argomento a informaci su tali vicende e personaggi?
A meno che il regista non tiri fuori dal cappello qualche bel coniglietto, puntando magari più sull'astrazione che sulla maledetta cronaca ... vedasi "buongiorno notte".
Ma stavolta il coniglietto bianco non esce dal cilindro di Bellocchio: "il Traditore" naviga stancamente nelle acque della Fiction TV più soporifera: didattico, lineare, cronachistico, con pochissimi colpi d'ala.
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Un irriconoscibile Marco Bellocchio da vita all'ennesima produzione RAI di "denuncia civile", con al centro stavolta Don Masino e la mafia siciliana anni 70/80.
Ma non dovrebbero bastare e avanzare gli innumerevoli reportage e documentari televisivi sull'argomento a informaci su tali vicende e personaggi?
A meno che il regista non tiri fuori dal cappello qualche bel coniglietto, puntando magari più sull'astrazione che sulla maledetta cronaca ... vedasi "buongiorno notte".
Ma stavolta il coniglietto bianco non esce dal cilindro di Bellocchio: "il Traditore" naviga stancamente nelle acque della Fiction TV più soporifera: didattico, lineare, cronachistico, con pochissimi colpi d'ala.
Pure l'impianto tecnico dell'opera va in quella direzione, con una fotografia che pare uscita dalle Fiction "i delitti del BarLume". Mah!
Godrà comunque di una buona distribuzione internazionale: all'estero non disdegnano storie di mafiosi siciliani, pittoreschi e caciaroni.
Voto al netto della stima: Una stellina e mezzo
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loland10
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domenica 26 maggio 2019
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cupole aperte...
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“Il traditore” (2019) è il ventiquattresimo lungometraggio del regista-sceneggiatore piacentino Marco Bellocchio.
Film documento che percorre dalla fine degli anni settanta fino...ai nostri giorni. L’incipit è la festa di Santa Rosalia del 1980 a Palermo: mentre le luci notturne illuminano attorno dentro casa la mafia balla, canta e si ritrova in grande spolvero. La guerra mafiosa tra Corleone e Riina con Il capoluogo siciliano e Buscetta entra nel vivo di ammazzamenti e uccisioni continue. L’eroe (dei due mondi) visto il pericolo fortissimo decide di espatriare in Brasile. Una lezione amara per il boss con la famiglia (la sua) al primo posto in tutto.
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“Il traditore” (2019) è il ventiquattresimo lungometraggio del regista-sceneggiatore piacentino Marco Bellocchio.
Film documento che percorre dalla fine degli anni settanta fino...ai nostri giorni. L’incipit è la festa di Santa Rosalia del 1980 a Palermo: mentre le luci notturne illuminano attorno dentro casa la mafia balla, canta e si ritrova in grande spolvero. La guerra mafiosa tra Corleone e Riina con Il capoluogo siciliano e Buscetta entra nel vivo di ammazzamenti e uccisioni continue. L’eroe (dei due mondi) visto il pericolo fortissimo decide di espatriare in Brasile. Una lezione amara per il boss con la famiglia (la sua) al primo posto in tutto. Un inizio ‘coppoliano’ dove i padrini ci sono e il Capo attira a se ogni movimento di camera e sguardi avvinghiati.
La differenza fra i due in ‘guerra perenne’ mentre Riina pensa al potere e poi alle donne, Buscetta pensa prima a fottere e poi al potere. Una differenza sostanziale che ribadisce durante l’interrogatorio di fronte a Giovanni Falcone in tempi futuri.
Un conteggio in vaso a sinistra di tutto il sangue mafioso, quasi un caterpillar il susseguirsi numerico che mette lo spettatore in grande ansia e in un luogo ‘di bravi ragazzi’ sempre e perennemente ammattiti di potere e soldi. Buscetta entra nello schermo vestito di bianco, quasi una ‘febbre’ della notte siciliana che aspetta in riva alla spiaggia i fuochi pirotecnici della Santa a cui tutti cantano con devozione e quasi sacrilego immedesimazione.
Ma il figlio è la discordia, da trascinare, da schiaffeggiare, lì solo sul bagnasciuga in preda ad un orgasmo di ‘sogno’ da persona strafatta. Ecco che il Capo vuole fare festa ma l’interno vicino e lontano puzza di guai e di cadaveri. Sono ‘eccellenti’ per le cosche in lotta perenne. Solo un fuga e non per sempre allontana i problemi al Tommaso Buscetta di Palermo.
Un inizio sconquassato e forte dove la famiglia mafiosa si compatta, si armonizza e tiene lontano ogni destino amarissimo. La morte non fa paura ma lo scorrere del sangue cambia i cestini di un ‘pentito’ che diventerà eccellente per lo Stato e gli arresti che ne conseguiranno.
Una pellicola roboante e silenziosa, scarna e di parola, vistosa ed essenziale. Un racconto pieno di giochi dalla centralità mafiosa palermitana, corleonese, nel mercato di droga, del potere e di quello che Cosa Nostra ha rappresentato. I nomi ci sono tutti, conosciuti, conosciutissimi, capi e cupole varie. Da Calo’ a Contorno, da Badalamenti a Bagarella, da Liggio a Bontade, da Buscetta a Riina.
Ecco che il trascorso dei tanti attorno al palermitano Buscetta gira l’intera vicenda, il cosiddetto traditore. Il pentito o meglio quello che ha scoperchiato la grande cupola e fatto arrestare decine e decine di mafiosi (le didascalie alla fine danno il summa di quello che è avvenuto). Come la morte di Buscetta ‘nel suo letto’ come egli desiderava (lui che non aveva paura di morire).
La storia si racconta senza tante spiegazioni e giri, si evidenzia con i fatti le poche alchimie di finzione e una ripresa ferma, piatta e intensa. La storia del maxi-processo resta dietro di noi con voci, fumi, spari, confronti, tensioni, politica e saturazioni ancora da schiodare, siluri ancora da scoprire e misteri sempre in coma. E tutto il cerchio ‘mafioso’ che è in scena è un brivido, un culmine e una chiosa volgare del ‘nostro paese’. È il risveglio della prima Repubblica (nel volto attoriale appuntito, fermo, tetro e lugubre di Andreotti) che maneggia dentro i volti e le arguzie simili di un palazzo contro e di un’antimafia che ancora ricorda appassionatamente l’efferatezza della strage di Capaci. Proprio in questi frangenti l’anniversario.
Il film di Bellocchio diventa specchio greve e amorfo di una società che ancora è addormentata sulle stragi irrisolte. E si deve dire che ha qualcosa di forte interiormente nel raccontare epiloghi, morti e tragedie in un susseguirsi teatrale di grande impatto.
Il corpo e i movimenti di Buscetta interpretato da Pierfrancesco Favino sgombrano le dovizie di particolari importanti: la camminata goffa, l’epa magniloquente, gli occhi appassiti, le labbra piene, le sigarette intense e i posteriori mesti contro una donna di piacere. Una veridicità efficace e aderente, spaventosamente intensa; quindi una performance aderente, astratta, corporea e mai viziata da compiacimenti. Un ruolo che regge con grande fermezza per l’intero film e che vale la sua carriera e oltre (e il biglietto). Si ricorda che l’attore ha voluto con forza questo ruolo (nonostante qualche sbavatura nei provini....come si legge da interviste di questi giorni dello stesso Favino). Personaggio in auge, ambiguo e pieno di foschie come di ‘nascondimenti’ mai diradati.
Il suo stare non regge confronti con tutti i bravi interpreti ad iniziare da Luigi Lo Cascio (Salvatore Contorno) che prende il bavero della Sicilia per distruggere con la sua recita scorretta l’addentro della vita mafiosa, Fabrizio Ferracane (Pippo Calo’) che ascolta il de prufundis della cosca corleonese. Asciutta e scavata l’interpretazione di Fausto Russo Alesi nel ruolo di Giovanni Falcone. Gli quasi i interrogatori con Buscetta appaiono di una semplicità importante e di una sottrazione di finzione.
Spaventa l’attentato di Capaci visto dall’interno dell’auto mentre tutto sembra tranquillo, ordinario e normale. Una bomba dentro lo Stato e dentro di noi. Una sequenza che apre lo schermo. E lo stesso Falcone ricorda (anche) nel film che ha più paura di Roma che di Palermo (mentre gli interrogatori con Buscetta si concretizzano in centinaia di pagine).
Musiche di Nicola Piovani che alimentano la pellicola, estenuanti e corpose, tetre e uditive.
Regia piena e compatta, discreta e ammantata da puro realismo; cinema civile, rigoroso e lucido.
Voto: 8/10 (****).
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gianluca dozza
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venerdì 31 maggio 2019
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un traditore a cannes
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Non ha conquistato premi dalla giuria,ma sicuramente quelli del popolo sì. Trattasi de “Il traditore”,ultima opera del regista Marco Bellocchio, capace ancora di commuovere e stupire con la crudezza della messinscena della realtà. Alla veneranda età di quasi 80 anni si è buttato a capofitto nella ricostruzione di Tommaso Buscetta, primo grande pentito di mafia e confidente di Giovanni Falcone, il quale grazie alle informazioni date da Buscetta riuscì a risalire all’origine di Cosa Nostra, prima di essere ucciso da quest’ultima il 23 maggio 1992 a Capaci. La stessa data di uscita del film, in concomitanza con l’anniversario della strage, non è casuale, semmai un omaggio al sacrificio del magistrato siciliano.
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Non ha conquistato premi dalla giuria,ma sicuramente quelli del popolo sì. Trattasi de “Il traditore”,ultima opera del regista Marco Bellocchio, capace ancora di commuovere e stupire con la crudezza della messinscena della realtà. Alla veneranda età di quasi 80 anni si è buttato a capofitto nella ricostruzione di Tommaso Buscetta, primo grande pentito di mafia e confidente di Giovanni Falcone, il quale grazie alle informazioni date da Buscetta riuscì a risalire all’origine di Cosa Nostra, prima di essere ucciso da quest’ultima il 23 maggio 1992 a Capaci. La stessa data di uscita del film, in concomitanza con l’anniversario della strage, non è casuale, semmai un omaggio al sacrificio del magistrato siciliano. Accolto con un quarto d’ora di applausi sulla Croisette, il film si presenta come un romanzo aperto su Cosa Nostra in tutte le sue sfaccettature. Nella sua compattezza (rappresentato dal campo e controcampo tra i suonatori di tamburi e la villa dove sono riunite le famiglie in occasione della festa di Santa Rosalia, il 4 settembre 1980, nella scena di apertura del film), e nella sua sete di vendetta al momento dello sfaldamento (rappresentato dall’uccisione dei parenti e dei figli di Buscetta al momento della decisione di collaborazione di quest’ultimo con la giustizia). Lo stesso Buscetta, interpretato da un incredibile Pierfrancesco Favino, si mostra in tutte le sue contraddizioni e soprattutto, nel suo orgoglio di non accettazione di essere un pentito (come dichiarerà più volte nel corso del film) e che anzi, semmai è Cosa Nostra ad aver tradito i valori da quando ha preso il comando Riina. Un “soldato semplice” (come egli stesso si definisce), all’interno della piramide di Cosa Nostra che diventa un confessato all’intermo del confessionale di una Chiesa, quale sembra essere l’ufficio di Falcone. Un riferimento relgioso non casuale,poichè il film ripercorre numerose tematiche già viste ne “L’ora di religione”, uno su tutti quello della fede cristiana, rappresentata dalla cantilena dei rosari durante i funerali e dallo stesso crocifisso al collo di Buscetta. E nel confessionale,Falcone sembra quasi assumere il ruolo di prete e consigliere del peccatore Buscetta, il quale confessa i suoi peccati al giudice-prelato. Il film, inoltre, ripercorre il cosmpolitismo di Buscetta (non a caso soprannominato “il boss dei due mondi”), prima con la sua latitanza in Brasile (con conseguente arresto ed estradizione), e poi a New York e in Florida, dove morirà dimenticato da tutti e rinnegato dalla sua stessa famiglia (specialmente dalla sorella, che rinnegherà apertamente il nome Buscetta, rappresentato anche al passaggio in auto dell’ ex boss per le strade di Palermo al ritmo dei tamburi, ad indicare la perdita di fiducia in Buscetta e del suo tradimento). La ricotruzione fedele dei luoghi ci fa immedesimare nella Palermo di quegli anni, coadiuvata anche dalla fotografia che illumina i primi piani dei personaggi, lasciando appositamente sfocato qunado si “emarginano” dal contesto e lasciando la luce su Buscetta, che è il vero protagonista della storia, anche nel suo volto umano di padre (come nella scena all’interno di Villa Borghese, dove scoppia in lacrime ricordando i figli ammazzati, sollevando la tematica cristiana del “Mea culpa”, presente anche in “Delitto e castigo”di Dostoevskij), oltre che di grande tombeur de femmes, come si evince dalla scena di passione con una prostituta in carcere all’Ucciardone di Palermo. Ma Buscetta è anche un marito innamorato della sua Cristina e della famiglia (la scena dell’elicottero,dove Buscetta viene torturato per dire i nomi dei procuratori della droga e il raccordo di quinta che va sulla moglie,prossima a cadere in mare e la telefonata dal carcere ne sono due esempi cruciali). Ma più di tutto, l’ affresco su Buscetta è un affresco sulla contrapposizione tra uomo e mafioso, tra la maschera del boss sicuro e carismatico e l’uomo collaboratore di giustizia, denigrato a più riprese durante le deposizioni nei processi. Un’indagine sociologica che abbraccia numerosi campi, a partire da quello degli attori sociali di Goffman. In effetti, Buscetta non è altro che il risultato di un lavoro certosino sul suo ruolo di attore sociale sia all’interno di Cosa Nostra che come collaboratore, passando per padre,marito,conquistatore. Inoltre, è la rappresentazione shakespeariana dell’eterno confitto amletico dell’uomo con la sua esistenza e con il fare il conto con il suo passato, con una rievocazione dei fantasmi al proprio interno che ritorna e colpisce come una coltellata al petto, così come la crudezza degli omicidi. La mano sapiente di Bellocchio dirige con sicurezza (senza autoritarismi), questo romanzo popolare che parla di mafia, ma senza entrarci dentro, mantenendo un ritmo denso e -paradossalmente-,rapido,grazie ad una sceneggiatura che scorre lungo i 148 minuti di proiezione del film come un fiume in piena, in un vortice di pathos e crudezza, sapendo rendere comprensibile alla lettura di tutti un personaggio come Don Masino,alias Tommaso Buscetta.
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mauridal
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lunedì 24 giugno 2019
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amicizia + fedeltà = tradimento
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Quando è un autore di cinema, come Marco Bellocchio a intraprendere la strada della narrazione documentata di vicende vere accadute in Italia nel recente passato che hanno segnato la storia della Repubblica e dello Stato , allora si può essere certi che il percorso non sarà facile, ma pur con tante riflessioni e diversi aspetti a confronto , il raggiungimento dell obiettivo finale è’ sicuramente chiaro e al contempo pieno di lucidità. E'questo il caso del film Il traditore ,dove il tema narrativo è il tradimento , inteso come categoria etico morale che alcuni uomini ben definiti usano e accusano gli uni contro gli altri.
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Quando è un autore di cinema, come Marco Bellocchio a intraprendere la strada della narrazione documentata di vicende vere accadute in Italia nel recente passato che hanno segnato la storia della Repubblica e dello Stato , allora si può essere certi che il percorso non sarà facile, ma pur con tante riflessioni e diversi aspetti a confronto , il raggiungimento dell obiettivo finale è’ sicuramente chiaro e al contempo pieno di lucidità. E'questo il caso del film Il traditore ,dove il tema narrativo è il tradimento , inteso come categoria etico morale che alcuni uomini ben definiti usano e accusano gli uni contro gli altri. Si tratta di uomini facenti parte di quell'universo oscuro che viene definito socialmente mafia ma che qui si chiarisce come una organizzazione a delinquere col nome " cosa nostra". Intanto ,premesso questo , il film non è come si potrebbe pensare un film sociologico sulla mafia in genere, o peggio un film di denuncia storica della politica dello stato italiano in quegli anni. Dunque un film narrativo, per niente cine documentario ,anche se sono veri gli inserti filmati dalla tv e dai media dei vari processi in tribunale e le immagini dei personaggi che appaiono nella loro realtà. Qui lo sforzo credo riuscito della sceneggiatura e del regista Ë quello di rappresentare con il linguaggio del cinema ,la storia di un uomo come Tommaso Buscetta, appunto mafioso sinonimo di delinquente ma dal profilo speciale ,ovvero un appartenente alla organizzazione che dopo essere stato colpito nei suoi affetti familiari da nemici ex amici decide di denunciare tutta l'organizzazione mafiosa allo stato , alla magistratura italiana e quindi favorendone lo smantellamento e la scomparsa. Tutto in chiave narrativa, come storia di una vicenda umana contraddittoria e introspettiva con grandi e dubbiosi comportamenti, di colui che viene definito da suoi stessi sodali traditore pentito e che di tutti i personaggi coinvolti, sarebbe un gradino più in alto per il merito di aver collaborato. Tuttavia il regista sceglie di demolire il personaggio Buscetta , non come traditore, accusa che lui respinge ma proprio come uomo di poco onore per aver aderito alla cosca mafiosa , esserne stato capo , aver ordinato e anch'egli ucciso persone. IL film in buona sostanza non valorizza il pentimento , è un disvalore come il tradimento in ma rende giustizia al risultato ottenuto dai magistrati , Giovanni Falcone è ben interpretato e reso nei pochi momenti del film quando nei confronti della mafia e dei mafiosi non concede alcuna giustificazione anche se alcuni collaborano. Intanto la storia scorre sullo schermo con efficaci immagini dei volti di mafiosi in gabbie nel tribunale del maxi processo e in un momento di particolare effetto visivo e narrativo nel confronto faccia a faccia con il vero nemico ex compare di Buscetta , Pippo Calò, ottima interpretazione di Fabrizio Ferracane. Nei dialoghi tra i due esce la vera natura di sfida e di violenza che sottintendeva nei rapporti tra i mafiosi da cui si evince che una vera amicizia non poteva esistere tra loro. In contrasto al tradimento anche l’amicizia viene sottintesa come contraddizione di fondo , e con il personaggio di Salvatore Contorno perfettamente reso da un grande Luigi Lo Cascio si stabilisce il senso e la forma dell’amicizia tra gli uomini della cosca. Dunque amicizia, fedeltà , tradimento, rispetto dei valori della tradizione, famiglia e credenze religiose un mix culturale che coinvolge e avvolge tutti gli appartenenti al sistema mafioso. Il film si muove in un clima opprimente una sorta di claustrofobia delle vite in una terra siciliana già isolana ma qui si evidenzia la quasi totale impossibilità per un picciotto di svincolarsi dalle famiglie opprimenti e vincolanti. Ottima la scelta del regista di mantenere la stretta parlata siciliana nel dialogo tra i personaggi per rimarcare la chiusura al mondo degli adepti. Buscetta reso anche in dialetto , da un fenomenale Favino . si distinguerà anche per la sua esterofilia la seconda vita in Brasile e le ideali scene delle cantate nostalgiche in brasiliano, di un uomo vecchio ormai privo di futuro. Un film a tuttotondo dove Bellocchio ha scolpito ogni personaggio affinché possa restare oltre l’immagine filmica nella mente dello spettatore. Una particolare interpretazione del finale dove un giovane mafioso spara ad una figura simile durante una festa di matrimonio. Bellocchio avrà ripescato i suoi elementi di analisi della psiche ponendoci di fronte all’epilogo di un a vita , Buscetta finisce la sua esistenza sparando a ritroso nella memoria ad un sua mancata vittima che altri non è che lui stesso alle origini un sé che si spara per interposta persona portando a termine un originario peccato mortale. (mauridal)
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alex
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sabato 26 agosto 2023
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bellocchio ti sei superato
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Commento: il traditore
"Il traditore" un film diretto dal grande regista Marco Bellocchio, che espone, senza filtri e censure, la vita afflitta e continuamente tormentata del coscienzioso Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino), vissuta nel dolore più totale, tra tradimenti di coloro che venivano considerati "amici" e continui lutti in famiglia. Il film va a rappresentare la Palermo mafiosa anni 80/90 divisa in due fazioni: i palermitani contro i corleonesi, in cui il regista ci dimostra per filo e per segno il comportamento sadico e perfido dei malavitosi mafiosi, che hanno un solo obbiettivo: il potere e il denaro.
Nella pellicola sono presenti tra i più importanti esponenti della mafia palermitana, tra cui: Totó Riina, il responsabile dell'attentato a Falcone del "92, Salvatore Contorno che fu il secondo pentito nella storia della mafia italiana, interpretato con maestria da Luigi lo Cascio e infine Pippo Calò, l'uomo che più di tutti fu d'intralcio nella vita di Buscetta.
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Commento: il traditore
"Il traditore" un film diretto dal grande regista Marco Bellocchio, che espone, senza filtri e censure, la vita afflitta e continuamente tormentata del coscienzioso Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino), vissuta nel dolore più totale, tra tradimenti di coloro che venivano considerati "amici" e continui lutti in famiglia. Il film va a rappresentare la Palermo mafiosa anni 80/90 divisa in due fazioni: i palermitani contro i corleonesi, in cui il regista ci dimostra per filo e per segno il comportamento sadico e perfido dei malavitosi mafiosi, che hanno un solo obbiettivo: il potere e il denaro.
Nella pellicola sono presenti tra i più importanti esponenti della mafia palermitana, tra cui: Totó Riina, il responsabile dell'attentato a Falcone del "92, Salvatore Contorno che fu il secondo pentito nella storia della mafia italiana, interpretato con maestria da Luigi lo Cascio e infine Pippo Calò, l'uomo che più di tutti fu d'intralcio nella vita di Buscetta. Analizzando invece l'aspetto tecnico del film, la regia è brillante, facendo trasparire al massimo la spossatezza di Buscetta, scappando giorno per giorno dalla malavita palermitana, andando dall'Italia al Brasile per poi rifugiarsi a Miami, nel quale si godrà gli ultimi anni di vita.
La fotografia è intinta nel rosso pure dei morti palermitani , con le inquadrature che variano da intensi sguardi di Favino ad altre di estrema malvagità. Lo spettatore durante il film è avvolto da un coltre di angoscia e ira, alleviato però da un amore che non si infrange, tra Buscetta e sua moglie, che anche nei momenti più critici, rimangono insieme. L'umanità di Buscetta traspare molto nel film, percorrendo un vero e proprio percorso mentale, trasformandosi da mafioso a paladino di giustizia, aiutando nell' istituzione per il così detto "Maxi processo", in cui riuscì ad incarcerare più di 300 mafiosi, di cui il traditore brutale Pippo Calò.
Un film che ti porta ad assaporare con tanta amarezza la criminalità mafiosa, e soprattutto il cambiamento umano che ebbe Buscetta nel corso della sua vita, un cambiamento che rivoluzionò in positivo la vita palermitana, che fino a quel momento era sotto dominio mafioso.
Favino, grazie alla sua interpretazione, riesce a far immedesimare lo spettatore a pieno nel film, rappresentando con una grande veridicità Buscetta, sia nei modi che nell'aspetto. Dopodiché a rendere il tutto più magico, la pellicola è involta nella soave colonna sonora " Es la historia de un amur" che fa da sottofondo al lugubre mondo mafioso, smorzandolo però con la sua incantevole melodia, rendendo il film una vera e propria opera artistica.
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alesimoni
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martedì 28 maggio 2019
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favino = de niro
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Grandioso.Il Maestro Bellocchio ha fatto centro con il suo film forse meno "bellocchiano", che non rinuncia alla classica dimensione onirica del suo cinema ma che racconta i fatti calandoli nelle vicende realmente accadute. Favino superlativo, non è un'eresia paragonarlo ai grandissimi del cinema crime americano. La sequenza inziale è già bellissima con una fotografia notevole ed uno uso delle didascalie che ricorda il Divo sorrentiano che qui apparità in mutande. Quella degli elicotteri, degna dei migliori film di azione tipo "Sicario" è clamorosamente e felicemente un inedito nel bagaglio del cineasta piacentino, ed è realizzata con grande maestria. Le sequenze oniriche , invece un suo must, sono potentissime e mi rimaranno a lungo impresse in mente, perché creano un grande disagio, soprattutto quella del funerale.
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Grandioso.Il Maestro Bellocchio ha fatto centro con il suo film forse meno "bellocchiano", che non rinuncia alla classica dimensione onirica del suo cinema ma che racconta i fatti calandoli nelle vicende realmente accadute. Favino superlativo, non è un'eresia paragonarlo ai grandissimi del cinema crime americano. La sequenza inziale è già bellissima con una fotografia notevole ed uno uso delle didascalie che ricorda il Divo sorrentiano che qui apparità in mutande. Quella degli elicotteri, degna dei migliori film di azione tipo "Sicario" è clamorosamente e felicemente un inedito nel bagaglio del cineasta piacentino, ed è realizzata con grande maestria. Le sequenze oniriche , invece un suo must, sono potentissime e mi rimaranno a lungo impresse in mente, perché creano un grande disagio, soprattutto quella del funerale. Favino regge quasi tutto il film sulle sue spalle rappresentando un uomo che non è certamente un santo, ma che dopo una vita spericolata decide di provare a redimersi e sente su di sé il peso di una colpa schiacciante e un senso continuo di essere in pericolo. Parla 4/5 lingue diverse accompagnandole anche con espressioni del viso diverse riempiendo lo schermo con rara intensità e portando lo spettatore a vivere il suo stato d'animo, senza bisogno di parlare. Il film è lunghissimo per il tema che tratta, ma non stanca mai. Gran bel finale, come ci aveva abituati in "Buongiorno,notte". Molto bravo anche Fabrizio "Anime Nere" Ferracane. E' un film dal respiro talmente internazionale che deve rappresentarci ai prossimi Oscar, è chiaro.
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mardou_
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sabato 13 luglio 2019
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il boss dei due mondi
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Negli ultimi vent’anni del 1900, il cancro della mafia si è fatto più maligno a causa della lotta per la supremazia tra Palermitani e Corleonesi.
Palermo è Cosa Nostra, con i suoi valori e le sue tradizioni antiche, ben rappresentate nella scena iniziale del film per i festeggiamenti di Santa Rosalia, un ritrovo di famiglia che ricorda quella del Padrino di Coppola, dove sacro e profano si sono mescolati fin dai tempi più antichi e dove è nato e si è sviluppato uno Stato nello Stato.
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Negli ultimi vent’anni del 1900, il cancro della mafia si è fatto più maligno a causa della lotta per la supremazia tra Palermitani e Corleonesi.
Palermo è Cosa Nostra, con i suoi valori e le sue tradizioni antiche, ben rappresentate nella scena iniziale del film per i festeggiamenti di Santa Rosalia, un ritrovo di famiglia che ricorda quella del Padrino di Coppola, dove sacro e profano si sono mescolati fin dai tempi più antichi e dove è nato e si è sviluppato uno Stato nello Stato. Corleone è la Sicilia profonda, quella che tutti vogliono dimenticare ed ignorare perchè gretta, lontana, agricola ma con la fame e la forza necessarie per prendere il potere e dar vita ad un nuovo regno, quello di Totò Riina.
Sul finire degli anni ’80, emerge quindi la figura di Tommaso Buscetta, diviso fra l’Italia ed il Brasile, uomo d’onore fino alla fine nonchè primo pentito della storia.
Il film di Marco Bellocchio punta tutto sul dualismo interiore del protagonista, un Pierfrancesco Favino nella sua migliore interpretazione di sempre, raccontando la sua posizione scomoda all’interno della cosca anche prima di collaborare con i giudici, il suo essere un padre di famiglia, un amante ed un marito devoto e le nefandezze compiute che lo hanno fatto diventare il boss dei due mondi.
Seppur la fotografia dia alla pellicola quel costante sapore da fiction tv, la potenza del materiale trattato la rende coinvolgente e dolorosa, mentre si ripercorrono le ferite di un paese che continua a combattere ancora oggi un nemico che sembra cambiare volto e adattarsi ai tempi in maniera sorprendente.
La parte centrale, quella del Maxi Processo che si svolse a Palermo dal 10 febbraio 1986 al 30 gennaio 1992, è sicuramente la migliore di tutto il film, tanto da sembrare un pezzo di teatro in cui spicca l’eccellente Luigi LoCascio che recita in siciliano stretto per la figura di Salvatore Contorno. Ciò che purtroppo non viene approfondito è il rapporto tra Masino e Giovanni Falcone durante i colloqui che portarono alle 487 pagine di verbale in cui si comprese per la prima volta la struttura gerarchica di Cosa Nostra ed il modo per combatterla.
Altro passaggio fondamentale ma liquidato frettolosamente, è infine il processo a Giulio Andreotti, accusato da Buscetta di essere uno dei principali referenti politici dell’organizzazione, quasi a voler suggerire che ci sono troppi passaggi che è meglio ancora non affrontare.
Ciò che resta è un messaggio importante, un invito a non dimenticare, all’essere sull’attenti perchè il nemico è sempre in agguato, pronto a coglierci impreparati nei momenti di debolezza come in quelli di felicità, come l’ombra della mafia che si allunga e si accorcia al ritmo di un paese che spesso vuole ignorare di non essere veramente libero.
Voto 3.5/5
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