ennio
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martedì 6 luglio 2021
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soporifera lagna sentimentalistica
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Allora ditelo. I film da sempre si contraddistinguono per "genere". Se uno legge "drammatico", si aspetta qualcosa di profondo, o almeno di coinvolgente dal punto di vista mentale e spirituale. "Dove non ho mai abitato" è invece un film decisamente "sentimentale". Una debolissima soap opera, dove tutto il contorno di personaggi noiosamente borghesi e stereotipati (l'anziano paterfamilia, le separazioni, i viaggi a Parigi ecc.), sono funzionali al raggiungimento di una storia sentimentale, appunto, tra i 2 protagonisti principali. Cosa che si intuisce da subito, senza pathos. Che poi storia sentimentale fa un pò ridere. Due persone che per diversi motivi sono al momento insoddisfatte sessualmente e affettivamente, e hanno una gran voglia di andare a letto con qualcuno.
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Allora ditelo. I film da sempre si contraddistinguono per "genere". Se uno legge "drammatico", si aspetta qualcosa di profondo, o almeno di coinvolgente dal punto di vista mentale e spirituale. "Dove non ho mai abitato" è invece un film decisamente "sentimentale". Una debolissima soap opera, dove tutto il contorno di personaggi noiosamente borghesi e stereotipati (l'anziano paterfamilia, le separazioni, i viaggi a Parigi ecc.), sono funzionali al raggiungimento di una storia sentimentale, appunto, tra i 2 protagonisti principali. Cosa che si intuisce da subito, senza pathos. Che poi storia sentimentale fa un pò ridere. Due persone che per diversi motivi sono al momento insoddisfatte sessualmente e affettivamente, e hanno una gran voglia di andare a letto con qualcuno. Infatti, una volta raggiunto l'obiettivo, ci si dichiara "confusi" "distanti", tutte quelle cose che si dicono quando ci si vergogna di aver voltuto semplicemente fare sesso con qualcuno che ci attraeva e bisogna necessariamente buttarla sull' "amore" (oltretutto tra due ultra50enni, sigh che commozione).
Dispiace un pò per gli ottimi attori coinvolti in questa soap, prima di tutto l'ottimo Brogi.
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tiz
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mercoledì 12 giugno 2019
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concordo!!! bellissimo film!!!
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Bellissimo film! Magari facessero film così in Italia. Magari!!!
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review
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venerdì 27 aprile 2018
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bello e intenso.
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il migliore film che ho visto al festival di Bari. Tra i film scelti dal festival come i migliori della scorsa stagione. Premiato il direttore della fotografia Cianchetti. L'avevo perso al cinema. Da vedere e rivedere... Non sembra un film italiano. Raffinatissimo. Splendida Emmanuelle Devos. Grande Giulio Brogi. Musica di Donaggio superlativa. Regia di rara eleganza. commovente!
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albertoantoni
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domenica 12 novembre 2017
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una storia struggente e profonda. che bel film...
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Che bel film... All'uscita tante persone commosse... Non mi capitava da tanto tempo vedere un film così struggente e profondo... Lo consiglio davvero a tutti... Si esce molto emozionati e si ripensa a quel sentimento che tutti noi abbiamo incontrato nella nostra vita. C'è chi lo ha vissuto e chi, per paura, è fuggito... L'amore con la a maiuscola... Un film stupendo... Lei straordinaria, lui bravo e misurato... Si fanno ancora i bei film in Italia... Da non perdere.
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kostanzo
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sabato 11 novembre 2017
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patinato , scontato fotoromanzo utile solo a chi soffre dì insonnia
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Tra uno sbadiglio e l'altro, tra una dormitina e l'altra, lo sprovveduto spettatore si pone due domande: perché si devono dare dei soldi dei contribuenti a opere simili, giudicate di alto livello culturale? Ma i critici come fanno a esprimere giudizi così colti, entusiastici a pellicole di tal fatta? Ma allora è proprio vero che i commentatori di professione si scrivono addosso per far vedere che ne sanno tanto di cinema...? Certo, la foto e gli interni sono da rivista patinata, la musica accattivante.. e allora? A chi possono interessare la storia e le frustrazioni , sussurrate, prevedibili, noiosissime di architetti che si portano il cuoco a casa e che si lasciano dopo aver consumato la tanto attesa notte d'amore sul letto altrui? Volete un consiglio da amico? Evitate questo film.
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Tra uno sbadiglio e l'altro, tra una dormitina e l'altra, lo sprovveduto spettatore si pone due domande: perché si devono dare dei soldi dei contribuenti a opere simili, giudicate di alto livello culturale? Ma i critici come fanno a esprimere giudizi così colti, entusiastici a pellicole di tal fatta? Ma allora è proprio vero che i commentatori di professione si scrivono addosso per far vedere che ne sanno tanto di cinema...? Certo, la foto e gli interni sono da rivista patinata, la musica accattivante.. e allora? A chi possono interessare la storia e le frustrazioni , sussurrate, prevedibili, noiosissime di architetti che si portano il cuoco a casa e che si lasciano dopo aver consumato la tanto attesa notte d'amore sul letto altrui? Volete un consiglio da amico? Evitate questo film. A meno che non vi piacciano i fotoromanzi di una volta o che soffriate di insonnia.
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alex2044
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sabato 11 novembre 2017
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un film da vedere perchè diverso
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Un film da vedere perchè diverso e forse perfino fuori moda ma per niente noioso . Anzi con lo scorrere del tempo l'attenzione e l'interesse aumentano . Sotto il cielo di una Torino appena accennata due personalità che si sentono incompiute , si cercano , si trovano e poi si lasciano, quasi senza volerlo . Il tutto in un'atmosfera priva di retorica dove , anche i sentimenti , sono trattati con leggerezza . I sorrisi sono accennati e le lacrime sono vere e sincere ma non preludono a nessuna tragedia . C'est la vie con le sue gioie e le sue delusioni ma rifugge dall'egoismo e ci ricorda che il nostro io non può prevaricare quello degli altri , creando delle vittime innocenti .
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Un film da vedere perchè diverso e forse perfino fuori moda ma per niente noioso . Anzi con lo scorrere del tempo l'attenzione e l'interesse aumentano . Sotto il cielo di una Torino appena accennata due personalità che si sentono incompiute , si cercano , si trovano e poi si lasciano, quasi senza volerlo . Il tutto in un'atmosfera priva di retorica dove , anche i sentimenti , sono trattati con leggerezza . I sorrisi sono accennati e le lacrime sono vere e sincere ma non preludono a nessuna tragedia . C'est la vie con le sue gioie e le sue delusioni ma rifugge dall'egoismo e ci ricorda che il nostro io non può prevaricare quello degli altri , creando delle vittime innocenti . Visconti e Antonioni ? La lezione è stata molto ben compresa da Paolo Franchi e si nota nel profondo rispetto per i dettagli , fosse anche solo l'arredamento di una casa o le tonalità di un vestito e nella descrizione del sentimento molto umano di chi non ha paura di scavare nel proprio intimo . Emmanuelle Devos è intensissima la vera colonna portante di tutto il film .Fabrizio Gifuni , come sempre bravo e preciso nella parte . Giulio Brogi è Giulio Brogi , caustico ed antipatizzante il giusto e quindi perfetto . Una nota per Isabella Briganti , in una parte breve ma intensa , una sorpresa . Fra i protagonisti si può mettere anche la bellissima villa moderna cui se avessi le possibilità non disdegnerei farci un pensierino .
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andress
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martedì 31 ottobre 2017
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finalmente grande cinema!
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Finalmente un film europeo con un cast raffinato e di grandi attori. Non le solite facce. Stile magnifico. E soprattutto tanto commovente. Ma una commozione profonda, mai ricattatoria e banale. Romanzo di altri tempi. Da vedere e rivedere. Il cinema italiano è rinato!
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vanessa zarastro
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sabato 28 ottobre 2017
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i turbamenti amorosi della borghesia
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Il film ha una tematica antica di cui i film italiani non parlano più: i turbamenti amorosi della buona borghesia. Solo che i registi che lo hanno fatto erano agli inizi degli anni ’60 in una città in pieno boom economico e sviluppo industriale come per La notte di Michelangiolo Antonioni, che era del 1961. Lì il senso di insoddisfazione che serpeggia nella società italiana era descritto attraverso una coppia in crisi, senza stimoli in piena crisi personale e generazionale. In Dove non ho mai abitato non c’è accenno di crisi economica, anzi lo studio professionale di architettura ha parecchi lavori in progress, mentre oggi i laureati in architettura spesso finiscono a fare i commessi in un negozio di scarpe o di computer.
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Il film ha una tematica antica di cui i film italiani non parlano più: i turbamenti amorosi della buona borghesia. Solo che i registi che lo hanno fatto erano agli inizi degli anni ’60 in una città in pieno boom economico e sviluppo industriale come per La notte di Michelangiolo Antonioni, che era del 1961. Lì il senso di insoddisfazione che serpeggia nella società italiana era descritto attraverso una coppia in crisi, senza stimoli in piena crisi personale e generazionale. In Dove non ho mai abitato non c’è accenno di crisi economica, anzi lo studio professionale di architettura ha parecchi lavori in progress, mentre oggi i laureati in architettura spesso finiscono a fare i commessi in un negozio di scarpe o di computer. Siamo in una splendente Torino che non ha né problemi di smog, né quelli di “buchi nel bilancio”.
Degli amori e delle ipocrisie borghesi parlano ancora molti film francesi come, ad esempio, L’économie du couple di Joachim Lafosse, tradotto in italiano come Dopo l’amore del 2016e, guarda caso, Dove non ho mai abitato è per metà parlato in francese. Infatti, Francesca (Emanuelle Devos) la protagonista, suo marito (Hippolyte Girardot) e sua figlia adolescente sono tutti francesi e vivono a Parigi. L’anziano padre Manfredi è architetto (Giulio Brogi) ed è invece rimasto a Torino, dove ha uno studio affermato in società con Massimo (Fabrizio Gifuni), un collega più giovane, suo ex allievo. Il vecchio ha un caratteraccio, è volitivo, determinato, dice tutto ciò che pensa ed è piuttosto autoritario. Non sopporta che la figlia abbia rinunciato a fare l’architetto per andarsene a Parigi a fare la moglie di un finanziare accondiscendente e di troppo buon carattere. Ha invece un bel rapporto con Massimo con cui condivide le idee di lavoro e lo considera un po’ il figlio maschio che non ha mai avuto. Francesca dopo la morte della madre, schiacciata da entrambi genitori artisti e progettisti, è fuggita via per cercare una sua identità al di là della professione “di famiglia”., anche se sembra avesse un notevole talento.
La sera del suo 84mo compleanno, Manfredi cade e si rompe il femore quindi Francesca decide di rimanere a Torino per prendersi cura di lui. Il padre le chiederà di occuparsi, insieme a massimo di una villa sul lago, una ristrutturazione per una giovane coppia innamorata. Contrariati sia massimo sia Francesca si trovano comunque e non volendo a lavorare insieme e nasce un sentimento intenso, anche se non dichiarato. Questo porterà tormenti e scompiglio nella vita di due (ma com’è più facile un adulterio consumato!). Lui ha una compagna fissa da un paio di anni con cui però non vive, lei già piena di dubbi sul suo matrimonio inizia a rimpiangere la scelta fatta a suo tempo, non solo per l’attrazione che prova per Massimo, ma anche per quella parte creativa di sé che aveva messo a tacere sposandosi. Il film quindi va avanti lentamente con inquadrature sui due protagonisti che, nonostante tutto, sono piuttosto bravi.
A un certo punto il film diventa leggermente grottesco e si vede che chi ha scritto la sceneggiatura non ha la più pallida idea di cosa sia il mestiere di architetto. I due protagonista, la sera prima del trasloco della giovane coppia, vanno separatamente nella villa ristrutturata: aperta, non chiusa a chiave, tutta perfetta nei minimi dettagli e più che altro pulitissima. Così decidono di fare lì una cenetta romantica con vino rosso e formaggi (immagino francesi….). Chi ha esperienza di cantiere si rende conto dell’assurdità della scena!
Gli interni dei vari appartamenti nel film sono piuttosto spogli, come si immagina siano quelli degli architetti, ma la villa “dove non hanno mai abitato” e gli interni delle varie case sono più da casa Vogue che da una rivista d’architettura. I mobili sono tutti i classici progettati ormai di un secolo fa, oggi considerati status symbol: la poltrona di Marcel Breuer, le sedie Thonet di Alvar Aalto, la lampada Tolomeo di Michele De Lucchi.
Ciò che non è chiaro e che sembra anacronistico sono i tormenti di Massimo e Francesca che non si capisce perché ormai liberi da problemi edipici non mollano tutto e si mettano insieme, in fondo il divorzio esiste anche in Italia da quasi cinquant’anni!.
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forsedomani
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sabato 28 ottobre 2017
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un concentrato di banalità
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Trama che si comprende al primo minuto. Dialoghi banali e soprattutto personaggi non credibili. Anche Gifuni vacilla su una recitazione stereotipata. Scena in cui i due architetti fanno l'amore nella casa che consegnano ai proprietari la mattina dopo e' al livello di Centovetrine.
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luigi1023
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sabato 28 ottobre 2017
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un sentimento fondato sul rispetto reciproco
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Il film è ambientato a Torino dove si sviluppa la passione tra i due protagonisti Francesca (Emanuelle Devos) e Massimo (Fabrizio Gifun) entrambi architetti. Massimo ha sempre esercitato la professione sotto l’ala protettrice del padre di Francesca, anch’egli architetto di gran fama (Giulio Brogi), mentre Francesca dopo la laurea ha seguito suo marito a Parigi dove si è realizzata come moglie/madre, ma non ha coltivato le proprie aspirazioni lavorative.
Proprio per questo, in occasione del compleanno del padre, Francesca si ritrova a subire per l’ennesima volta le frustrazioni del genitore: il padre non perde occasioni di recriminare la scelta fatta dalla figlia per aver abbandonato ciò che sarebbe stata una rosea carriera lavorativa, espressione del proprio talento di architetto.
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Il film è ambientato a Torino dove si sviluppa la passione tra i due protagonisti Francesca (Emanuelle Devos) e Massimo (Fabrizio Gifun) entrambi architetti. Massimo ha sempre esercitato la professione sotto l’ala protettrice del padre di Francesca, anch’egli architetto di gran fama (Giulio Brogi), mentre Francesca dopo la laurea ha seguito suo marito a Parigi dove si è realizzata come moglie/madre, ma non ha coltivato le proprie aspirazioni lavorative.
Proprio per questo, in occasione del compleanno del padre, Francesca si ritrova a subire per l’ennesima volta le frustrazioni del genitore: il padre non perde occasioni di recriminare la scelta fatta dalla figlia per aver abbandonato ciò che sarebbe stata una rosea carriera lavorativa, espressione del proprio talento di architetto.
Approfittando della visita della figlia, il padre invita Francesca ad affiancare Massimo per lo sviluppo di un progetto di ristrutturazione di una villa fuori città.
Da questo punto in poi Francesca incomincia un percorso interiore che porterà a far splendere la propria anima ed essere sinceri con sè stessi e con gli altri, il tutto coadiuvato dal crescente sentimento per Massimo. Questa crisi esistenziale colpisce in parte il personaggio di Massimo, che accortosi dei propri veri sentimenti, rimane però rinchiuso in un guscio opaco da cui filtrano raggi di luce, sebbene più luminosi.
La regia di Paolo Franchi è di ampio respiro e si percepisce un certo equilibrio narrativo, complice l’uso sapiente di melodie e suoni che accompagnano le sequenza narrative specialmente in quelle prive di dialogo. Si nota una predilezione per i primi piani dei personaggi principali, le cui mimiche facciali costituiscono quelle barriere che devono essere infrante perchè il personaggio possa compiere il suo percorso di crescita interiore.
Una nota di rilievo è determinata dalla bravura di Giulio Brogi che interpreta il personaggio del padre di francesca, reinventando lo stereotipo del genitore pieno di aspettative nei confronti della figlia: il padre non è nè l’ostacolo insormontabile che impone i propri preconcetti, nè quell’incentivo per spronare francesca ad intraprendere un percorso di crescita, ma piuttosto assume il ruolo di motore silenzioso grazie a cui si movimenta l’intera vicenda.
Infine, come titolo del film suggerisce, ci si trova catapultati nell’eterna contrapposizione tra le motivazioni della ragione e quelle del cuore, archetipo che è stato sviluppato distogliendosi dal filo lineare delle narrazioni cinematografiche: prevale un susseguirsi di eventi dai risvolti realistici che trovano sostegno in alcuni escamotage narrativi. Ciò promuove quel rispetto reciproco di fondo nella relazione tra Francesca e Massimo che non scade mai nel banale rapporto d’amore egoistico dai toni melodrammatici.
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