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giovedì 9 marzo 2017
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film esilarante
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Film delicato e ironico che mette a nudo l'ipocrisia moderna del successo e arrivismo sociale, incarnato dalla giovane figlia, e il tentativo ben riuscito di un padre di ristabilire la relazione filiale attraverso una creativa umanità.
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klauss
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giovedì 9 marzo 2017
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da evitare
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Sinceramente non riesco a comprendere il successo di questo film e addirittura la sua nomination all'Oscar. Presentarlo come "un trionfo di risate" crea solamente delle aspettative mal ripagate. Il film è sopravvalutato, di una noia mortale e decisamente troppo lungo. Vedere persone (tante) che abbandonano la sala mi è dispiaciuto ma penso che sia la risposta stizzita all'esaltazione di questa pellicola.
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raffele
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mercoledì 8 marzo 2017
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insomma, papà
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un padre ed una figlia quarantenne che la vita ha inesorabilmente allontanato. questa figlia vive immersa in un ruolo professionale cinico e pervasivo, questo padre, scherzomane impenitente, irrompe nelle giornate di lei, a prima vista come un cialtrone, con le sue "ragazzate" grossolane, la sconcerta, la irrita, alla fine le tocca delicatamente un involucro dimenticato, rinsecchito, di affetti, forse di ricordi, le strappa null'altro che una rincorsa e un' abbraccio (come da piccola?). il riapparire dell'espressione fredda sul viso di lei, quando si scrolla di dosso il senso del buffo provocato dal papà eterno ragazzone, chiude la storia, e la restituisce al calcolo delle sue giornate di manager.
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un padre ed una figlia quarantenne che la vita ha inesorabilmente allontanato. questa figlia vive immersa in un ruolo professionale cinico e pervasivo, questo padre, scherzomane impenitente, irrompe nelle giornate di lei, a prima vista come un cialtrone, con le sue "ragazzate" grossolane, la sconcerta, la irrita, alla fine le tocca delicatamente un involucro dimenticato, rinsecchito, di affetti, forse di ricordi, le strappa null'altro che una rincorsa e un' abbraccio (come da piccola?). il riapparire dell'espressione fredda sul viso di lei, quando si scrolla di dosso il senso del buffo provocato dal papà eterno ragazzone, chiude la storia, e la restituisce al calcolo delle sue giornate di manager. come quella pietra dura di realismo irriducibile dentro di noi vuole, dopo una sbandata. chi ha una figlia di 10 anni assapori avidamente la sua ingenuità, perché nell'attimo in cui lei sgambetta e canta non te ne accorgi, ma quando sarai stanco, pesante, quei trent'anni passati da allora e quel viso maturo di chi è altrove ti sembreranno un sortilegio.
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[+] una commedia riflessiva
(di tom87)
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[+] bello
(di jackbeauregard)
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zoomecontrozoom
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martedì 7 marzo 2017
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non sarai certo tu o la tua grattugia a fermarmi
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Se l’irritazione è quello che si prova iniziando a vedere questo film, siamo sulla buona strada per apprezzarlo, per coglierne i molteplici aspetti che rifiutiamo perché è facile supporre che decidiamo che non ci appartengono.
Winfried, il protagonista, è il parente che non si vorrebbe avere, troppo fuori dagli schemi, troppo invadente, troppo candore in ogni suo intervento, per non essere giudicato uno stupido fastidioso ottuso ingombrante personaggio.
Tutto intorno a lui, corrisponde a una normalità accettata e stabilita per un benessere e una felicità che non corrispondono ai suoi canoni, e questo lo si intende dalle prime inquadrature dove si ha la netta percezione della sua umanità, dei suoi valori, della sua capacità di accettarsi e di proporsi agli altri senza nulla pretendere, nemmeno che apprezzino i suoi scherzi che lui stesso peraltro, minimizza nelle finalità.
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Se l’irritazione è quello che si prova iniziando a vedere questo film, siamo sulla buona strada per apprezzarlo, per coglierne i molteplici aspetti che rifiutiamo perché è facile supporre che decidiamo che non ci appartengono.
Winfried, il protagonista, è il parente che non si vorrebbe avere, troppo fuori dagli schemi, troppo invadente, troppo candore in ogni suo intervento, per non essere giudicato uno stupido fastidioso ottuso ingombrante personaggio.
Tutto intorno a lui, corrisponde a una normalità accettata e stabilita per un benessere e una felicità che non corrispondono ai suoi canoni, e questo lo si intende dalle prime inquadrature dove si ha la netta percezione della sua umanità, dei suoi valori, della sua capacità di accettarsi e di proporsi agli altri senza nulla pretendere, nemmeno che apprezzino i suoi scherzi che lui stesso peraltro, minimizza nelle finalità.
La sua stessa fisicità è ingombrante e tanto più lui lo è, tanto più la figlia è esile, algida, rigida nella sua posizione sociale che faticosamente sta conquistandosi.
Appena inquadrati i due personaggi e la pragmatica delle situazioni dichiaratamente ottimali per la felicità degli individui, è necessario scegliere se identificarsi nel contesto e arrabbiarsi per quello che succede con quest’uomo ingombrante tra i piedi oppure giudicare il film per la destrezza con la quale il regista riesce a trattare il tema dell’alienazione personale che è il nocciolo del problema, in un modo così semplice perché è reale anche se indigesto nella sua realtà.
Si può puntualizzare che il senso del film sta nella scelta di come si può vivere la vita - soffrendola spersonalizzandosi adattarsi a situazioni o compiacendo le proprie necessità emotive con due destini completamente diversi; due paralleli, padre e figlia, che si confrontano – questo tema perno si comprende dalla mancanza iniziale delle motivazioni per cui tra padre e figlia c’è un rapporto staccato e contrastante, e nel finale che è aperto, e permette a ognuno di trarre le proprie conclusioni.
A mio avviso non è una commedia, anche se è presentato come tale e alcune scene del film sono esilaranti, ma non lo sono per comicità, ma perché si coglie l’imbarazzo nell’imprevisto, l’incapacità di affrontare ciò che non rientra nei canoni conosciuti pur innocui, mentre quelli conosciuti, pur scabrosi – scena di sesso tra i due amanti - sono accettati e vissuti con nonchalance.
Questo film che travalica la difficoltà di essere genitori e di accettare le scelte dei figli, un film che nella scelta di non estremizzare le situazioni, dà uno spaccato di una società che non è capace o quantomeno è poco capace, di rinunciare a spazi sociali prestigiosi per raggiungere qualche cosa che pare felicità, anche se non convincente.
Una terribile frase per tutte lo definisce : “..se decido di uccidermi, non sarai certo tu o la tua grattugia a fermarmi..” pare un non senso, ma c’è tutta l’incapacità di dare ai valori più intimi il posto che a questi spetta. Bravissimi gli attori; buono il ritmo che permette di superare la lunghezza del film. Belli i personaggi di contorno che definiscono le situazioni con il realismo necessario. Se ci si chiede se tutto questo potrebbe succedere, la risposta è sì. Con un po’ di coraggio.
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zoomecontrozoom
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martedì 7 marzo 2017
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non sarai certo tu o la tua grattugia
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Vi presento Toni Erdmann Regia di Maren Ade con Peter Simonischek, Sandra Hüller, Michael Wittenborn, Thomas Loibl, Trystan Pütter Germania, Austria, 2016
Se l’irritazione è quello che si prova iniziando a vedere questo film, siamo sulla buona strada per apprezzarlo, per coglierne i molteplici aspetti che rifiutiamo perché è facile supporre che decidiamo che non ci appartengono. Winfried, il protagonista, è il parente che non si vorrebbe avere, troppo fuori dagli schemi, troppo invadente, troppo candore in ogni suo intervento, per non essere giudicato uno stupido fastidioso ottuso ingombrante personaggio. Tutto intorno a lui, corrisponde a una normalità accettata e stabilita per un benessere e una felicità che non corrispondono ai suoi canoni, e questo lo si intende dalle prime inquadrature dove si ha la netta percezione della sua umanità, dei suoi valori, della sua capacità di accettarsi e di proporsi agli altri senza nulla pretendere, nemmeno che apprezzino i suoi scherzi che lui stesso peraltro, minimizza nelle finalità.
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Vi presento Toni Erdmann Regia di Maren Ade con Peter Simonischek, Sandra Hüller, Michael Wittenborn, Thomas Loibl, Trystan Pütter Germania, Austria, 2016
Se l’irritazione è quello che si prova iniziando a vedere questo film, siamo sulla buona strada per apprezzarlo, per coglierne i molteplici aspetti che rifiutiamo perché è facile supporre che decidiamo che non ci appartengono. Winfried, il protagonista, è il parente che non si vorrebbe avere, troppo fuori dagli schemi, troppo invadente, troppo candore in ogni suo intervento, per non essere giudicato uno stupido fastidioso ottuso ingombrante personaggio. Tutto intorno a lui, corrisponde a una normalità accettata e stabilita per un benessere e una felicità che non corrispondono ai suoi canoni, e questo lo si intende dalle prime inquadrature dove si ha la netta percezione della sua umanità, dei suoi valori, della sua capacità di accettarsi e di proporsi agli altri senza nulla pretendere, nemmeno che apprezzino i suoi scherzi che lui stesso peraltro, minimizza nelle finalità. La sua stessa fisicità è ingombrante e tanto più lui lo è, tanto più la figlia è esile, algida, rigida nella sua posizione sociale che faticosamente sta conquistandosi. Appena inquadrati i due personaggi e la pragmatica delle situazioni dichiaratamente ottimali per la felicità degli individui, è necessario scegliere se identificarsi nel contesto e arrabbiarsi per quello che succede con quest’uomo ingombrante tra i piedi oppure giudicare il film per la destrezza con la quale il regista riesce a trattare il tema dell’alienazione personale che è il nocciolo del problema, in un modo così semplice perché è reale anche se indigesto nella sua realtà. Si può puntualizzare che il senso del film sta nella scelta di come si può vivere la vita - soffrendola spersonalizzandosi adattarsi a situazioni o compiacendo le proprie necessità emotive con due destini completamente diversi; due paralleli, padre e figlia, che si confrontano – questo tema perno si comprende dalla mancanza iniziale delle motivazioni per cui tra padre e figlia c’è un rapporto staccato e contrastante, e nel finale che è aperto, e permette a ognuno di trarre le proprie conclusioni. A mio avviso non è una commedia, anche se è presentato come tale e alcune scene del film sono esilaranti, ma non lo sono per comicità, ma perché si coglie l’imbarazzo nell’imprevisto, l’incapacità di affrontare ciò che non rientra nei canoni conosciuti pur innocui, mentre quelli conosciuti, pur scabrosi – scena di sesso tra i due amanti - sono accettati e vissuti con nonchalance. Questo film che travalica la difficoltà di essere genitori e di accettare le scelte dei figli, un film che nella scelta di non estremizzare le situazioni, dà uno spaccato di una società che non è capace o quantomeno è poco capace, di rinunciare a spazi sociali prestigiosi per raggiungere qualche cosa che pare felicità, anche se non convincente. Una terribile frase per tutte lo definisce : “..se decido di uccidermi, non sarai certo tu o la tua grattugia a fermarmi..” pare un non senso, ma c’è tutta l’incapacità di dare ai valori più intimi il posto che a questi spetta. Bravissimi gli attori; buono il ritmo che permette di superare la lunghezza del film. Belli i personaggi di contorno che definiscono le situazioni con il realismo necessario. Se ci si chiede se tutto questo potrebbe succedere, la risposta è sì. Con un po’ di coraggio.
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(di jackbeauregard)
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flyanto
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martedì 7 marzo 2017
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un padre "imbarazzante" che fa riscoprire i veri v
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"Vi Presento Toni Erdmann" è l'ultima commedia di produzione tedesca che lo spettatore può piacevolmente gustarsi in questi giorni al cinema. In essa vi è presentato il difficile ed un poco conflittuale rapporto affettivo tra un padre ed una figlia 40enne, donna in carriera presso una multinazionale tedesca a Bucarest. La suddetta donna ritorna per un brevissimo periodo dalla madre in Germania e qui incontra l'eccentrico padre che, ormai divorziato dalla consorte, trascorre le proprie giornate di insegnante di musica in pensione, comportandosi come un burlone con tutti coloro che gli stanno vicino. Deciso quest'ultimo ad andare a trovare la figlia a Bucarest, trascorre con lei alcuni giorni nel corso dei quali egli si rende conto della vita priva di sentimenti e di calore umano in cui vive la figlia, assai presa da impegni e riunioni lavorative, tutta tesa ad un miglioramento professionale, in pratica,completamente sola affetivamente parlando.
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"Vi Presento Toni Erdmann" è l'ultima commedia di produzione tedesca che lo spettatore può piacevolmente gustarsi in questi giorni al cinema. In essa vi è presentato il difficile ed un poco conflittuale rapporto affettivo tra un padre ed una figlia 40enne, donna in carriera presso una multinazionale tedesca a Bucarest. La suddetta donna ritorna per un brevissimo periodo dalla madre in Germania e qui incontra l'eccentrico padre che, ormai divorziato dalla consorte, trascorre le proprie giornate di insegnante di musica in pensione, comportandosi come un burlone con tutti coloro che gli stanno vicino. Deciso quest'ultimo ad andare a trovare la figlia a Bucarest, trascorre con lei alcuni giorni nel corso dei quali egli si rende conto della vita priva di sentimenti e di calore umano in cui vive la figlia, assai presa da impegni e riunioni lavorative, tutta tesa ad un miglioramento professionale, in pratica,completamente sola affetivamente parlando. Così il protagonista decide di ripresentarsi da lei dopo qualche giorno con la caricatura di un personaggio maschile (provvisto di parrucca e denti finti) di nome, appunto, Toni Erdmann, che di mestiere fa il manager che però dispensa lezioni di vita. Visibilmente scocciata e per nulla d'accordo con il "teatrino" che il padre ha inscenato, la giovane donna è costretta a stare al gioco ed a frequentare quotidianamente nel corso delle sue giornate lavorative il bizzarro genitore, riscoprendo piano piano il legame affettivo che la lega a lui e soprattutto rendendosi conto quanto sia vuota una vita completamente dedicata al lavoro ed esclusivamente alla carriera professionale.
La regista Maren Ade non avrebbe potuto meglio rappresentare, sia pure in chiave ironica e surreale e, pertanto, un poco irreale, il rapporto esistente ed un poco compromesso tra un padre ed una figlia completamente all'opposto caratterialmente parlando. Ella riesce, infatti, ad analizzare e presentare in maniera esemplare le due differenti nature, dipingendole perfettamente ed in maniera profonda dal punto di vista psicologico e nel corso delle loro azioni man mano che la storia si snoda. Non si può non provare simpatia per un simile padre, per quanto a volte egli risulti esagerato ed imbarazzante come persona, come non si può del tutto deplorare e non comprendere la figlia, fredda e all'apparenza insensibile, quando si trova a contatto con lo strampalato genitore. Probabilmente (ma non viene spiegato nel film) vi sono rancori passati e mai sopiti tra i due che, però, grazie alla vicinanza quotidiana e dunque alla possibilità reciproca di conoscersi realmente più a fondo, vengono superati e perdonati, divenendo pronti così ad un riavvicinamento totale e definitivo. L'unico "neo" di questa pellicola, forse, potrebbe essere l'eccessiva lunghezza (162 minuti) ma dal momento che la commedia si presenta finemente ironica e divertente, è un ostacolo che lo spettatore può benissimo superare, allietandosi con la vicenda.
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m.vittoria
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lunedì 6 marzo 2017
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un film lungo, noioso, brutto
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Due ore e quaranta per una "storia" che poteva essere raccontata in un'ora: esasperante, oltre che noioso. Non lo definirei commedia, né tantomeno divertente, casomai triste e deprimente, con personaggi che vivono una vita squallida ed esprimono solo infelicità e solitudine (peccato che questo tema non sia stato approfondito). Le famose battute "divertenti" non divertono affatto, tranne che nei primi cinque minuti, quando si è bendisposti e soprattutto desiderosi di vedere un film piacevole. Se poi essere spiritosi significa travestirsi da clown e fare delle stupidaggini, mi chiedo se per il regista Maren Ade ci sia differenza fra un buon umorismo intelligente e le gag trite e ritrite da circo.
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Due ore e quaranta per una "storia" che poteva essere raccontata in un'ora: esasperante, oltre che noioso. Non lo definirei commedia, né tantomeno divertente, casomai triste e deprimente, con personaggi che vivono una vita squallida ed esprimono solo infelicità e solitudine (peccato che questo tema non sia stato approfondito). Le famose battute "divertenti" non divertono affatto, tranne che nei primi cinque minuti, quando si è bendisposti e soprattutto desiderosi di vedere un film piacevole. Se poi essere spiritosi significa travestirsi da clown e fare delle stupidaggini, mi chiedo se per il regista Maren Ade ci sia differenza fra un buon umorismo intelligente e le gag trite e ritrite da circo. Il tema dell'incapacità di comunicare tra padre e figlia poteva essere trattato e svolto in modo ben diverso, con una profondità che qui manca. Per non parlare della scena gratuita e disgustosa di (non) sesso fra Ines e il suo amico. Anche il tema della denuncia sociale rimane a galleggiare in superficie. Da evitare assolutamente.
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angelo umana
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lunedì 6 marzo 2017
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fermare i momenti
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Sei un essere umano? Questa è la domanda più spiazzante che papà “Toni” (Peter Simonischeck) fa alla figlia Ines (Sandra Hueller). In tarda età gli è venuta voglia di starle vicino, di indagare su come realmente viva, e piomba nella sua vita all’estero, Bucarest, dove da tempo vive e lavora per una multinazionale tedesca. La sua venuta è molto inopportuna: una donna single e in carriera come Ines ha tanti obblighi sociali da rispettare, compiti che le derivano dal ruolo professionale. Questi papà!, che per solitudine o per affetto mettono il naso negli affari dei figli già grandi, sebbene con le migliori intenzioni: così avvenne nei due Stanno tutti bene, l’uno con Marcello Mastroianni nel ’90 e l’altro con Robert De Niro nel 2009.
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Sei un essere umano? Questa è la domanda più spiazzante che papà “Toni” (Peter Simonischeck) fa alla figlia Ines (Sandra Hueller). In tarda età gli è venuta voglia di starle vicino, di indagare su come realmente viva, e piomba nella sua vita all’estero, Bucarest, dove da tempo vive e lavora per una multinazionale tedesca. La sua venuta è molto inopportuna: una donna single e in carriera come Ines ha tanti obblighi sociali da rispettare, compiti che le derivano dal ruolo professionale. Questi papà!, che per solitudine o per affetto mettono il naso negli affari dei figli già grandi, sebbene con le migliori intenzioni: così avvenne nei due Stanno tutti bene, l’uno con Marcello Mastroianni nel ’90 e l’altro con Robert De Niro nel 2009.
Questo però è un film particolare, molto interessante, era il più papabile per l’Oscar 2017 al miglior film straniero, ma la scelta è caduta su Il Cliente di Farhadi per motivi extracinematografici. Rimanda, oltreché all’interessamento paterno per la vita della figlia, alla vacuità delle grandi strategie e riunioni aziendali e alla freddezza nei rapporti di lavoro delle progredite e profittevoli società del mondo “sviluppato”. Questa Ines non ha granché oltre quel lavoro, non una vita affettiva, sa forse gestirsi negli avanzamenti di carriera e nella “politica” delle relazioni professionali, ha pure del sesso ma è fatto di sola carne, è soprannominata “belva” nell’ambito lavorativo ma appare indifesa, triste e non pienamente appagata: lo sguardo che la riprende è manifestamente femminile, Maren Ade è la regista-produttrice-sceneggiatrice. Lo smartphone di Ines è ciò che la tiene perennemente in azienda, a volte davvero un rifugio per non comunicare con la gente intorno (come comunemente avviene nei nostri luoghi pubblici). Quando papà le chiede intimamente se si diverte, ella sembra non voler capire, vuole parlare di cose concrete.
Come nelle belle favole però questo anziano gigioneggia in quell’ambiente dove sembra caduto come un orso in città (e da orso si travestirà davvero), fa scherzi, prende in giro coloro che gli capitano a tiro, anche del lavoro della figlia ed infine la riconquista, e la protegge. Oltre a ciò, col suo fare mai serioso, provoca una”deregulation” nella figlia stessa, forse una riflessione su per cosa si viva. Spuntiamo una lista di cose da fare ma intanto la vita scorre via, le dice e lo dice a sé stesso, e Come fai a fermare un momento, le cose le capisci soltanto dopo. Ines canterà stupendamente una canzone di Whitney Houston in casa di rumeni dove sono stati invitati e papà suonerà alla pianola: forse quella irruzione nella vita della figlia li ha riportati ad anni indietro, a una passione che Ines non ha coltivato.
Due piccolissime pecche del film, altrimenti ottimo, potrebbero essere la lunga durata, solo 18’ sotto le tre ore, un po’ di minuti in meno avrebbero contenuto tutto, e la vaghezza nella descrizione delle questioni societarie, che comunque erano poco rilevanti.
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lbavassano
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domenica 5 marzo 2017
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interessante ma non riuscito
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A volte si ha l'impressione che i recensori professionisti non vedano i film di cui pretendono di parlare, o vedano film completamente diversi. Definire "Vi presento Toni Erdmann" "un trionfo di risate" non è solo fuorviante, ma completamente falso, perché il tono fondamentale del film è la malinconia, e proprio le scene in cui apparentemente più si spinge il pedale del "comico", in realtà del grottesco, sono le più tristi, volutamente le più tristi quando non angoscianti. Ma questo ovviamente non è un problema, come non sarebbe un problema la lunghezza fuori misura, non fosse che tale lunghezza è per gran parte il risultato di una somma di sequenze di cui si fa fatica a comprendere il senso, se non quello di espandere una trama in sé piuttosto esile in direzioni diverse.
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A volte si ha l'impressione che i recensori professionisti non vedano i film di cui pretendono di parlare, o vedano film completamente diversi. Definire "Vi presento Toni Erdmann" "un trionfo di risate" non è solo fuorviante, ma completamente falso, perché il tono fondamentale del film è la malinconia, e proprio le scene in cui apparentemente più si spinge il pedale del "comico", in realtà del grottesco, sono le più tristi, volutamente le più tristi quando non angoscianti. Ma questo ovviamente non è un problema, come non sarebbe un problema la lunghezza fuori misura, non fosse che tale lunghezza è per gran parte il risultato di una somma di sequenze di cui si fa fatica a comprendere il senso, se non quello di espandere una trama in sé piuttosto esile in direzioni diverse. Sicuramente intenso l'aspetto umano, molto meno quello "politico", che non va oltre gli stereotipi e smarrisce quella capacità introspettiva che è il pregio maggiore di un'opera sicuramente interessante ma, a mio parere, non riuscita. Bello, molto bello, però il finale.
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[+] film inutile
(di errigo)
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(di giannaccio)
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(di marcovespa)
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goldy
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venerdì 3 marzo 2017
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interminabile
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Il minutaggio inutilmente lungo è la prima rulevanza negativa da sottolineare. Tutto il film è sgangherato. Non riesce a coinvolgere nell'intento criticoalla disumanizzazione dei rapporti à di lavoro all'interno delle multinazionali. Il grottesco del padre non è mai divertente ma solo inutilmente imbarazzante. Ines è innamorata del sua disumanità che poi si scioglie inspiegabilmente al pianoforte con il padre. Un impianto narrativo molto difficile da amalgamare e che nelle mani della regista rimane giustapposto senza mai riuscire a fondersi in una commedia di denuncia che dovrebbe essere brillante nelle intenzioni ma che si rivela mortifera e interminabile.
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Il minutaggio inutilmente lungo è la prima rulevanza negativa da sottolineare. Tutto il film è sgangherato. Non riesce a coinvolgere nell'intento criticoalla disumanizzazione dei rapporti à di lavoro all'interno delle multinazionali. Il grottesco del padre non è mai divertente ma solo inutilmente imbarazzante. Ines è innamorata del sua disumanità che poi si scioglie inspiegabilmente al pianoforte con il padre. Un impianto narrativo molto difficile da amalgamare e che nelle mani della regista rimane giustapposto senza mai riuscire a fondersi in una commedia di denuncia che dovrebbe essere brillante nelle intenzioni ma che si rivela mortifera e interminabile. Film per festivalieri eccentrici privi di personalità.
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