laurabruschi
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domenica 19 marzo 2017
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film troppo lungo e pesannte. voto: 3
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Film valido Nell'interpretazione e nei suoi valori morali..
Troppo luogo ed estenuante, scene che potevano benissimo essere evitate, una scene di sesso decisamentte disgustoosa.
Non lo consiglierei.
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bob50
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giovedì 16 marzo 2017
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pietra tombale per la maren ade
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Difficile immaginare un film più stucchevole, noioso e privo di interesse di questo. L'ingiustificata lunga durata è servita solo a renderlo oltremodo indigesto. Non si riesce a capire quale sia la molla che spinge a realizzare un film così noiosi e spenti. Eppure il tema del rapporto padre-figlia, che il film si prefiggeva, era suscettibile di ben altri sviluppi. Ma la Maren Ade evidentemente non aveva nulla da dire. Avrà fatto affidamento sulla platea delle persone puntualmente pronte a gridare al capolavoro ogniqualvolta vengono proposte cose incomprensibili.
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brunaparolini
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mercoledì 15 marzo 2017
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film sconsigliavile
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Oggi, sono uscita dal cinema, arrabbiata, annoiata e delusa. La regista cosa ha voluto trasmetterci con questo assurdo film, privo di poesia? Protagonisti un padre scimmione che gira con una parrucca ed una dentiera finta, ed una figlia in carriera che si dimentica di vivere!! Il padre goffo e ingombrante che cerca di raggiungerla per costruire un rapporto, mai esistito prima; che in conclusione non approda da nessuna parte!!! Il film è disseminato di scene dell’assurdo, tipica quella di lei che invita amici e colleghi di lavoro a casa per festeggiare il suo compleanno e che ad un certo punto con fatica si leva l’abito e decide di riceve gli invitati nuda e pretende che anche loro si spoglino; lo fa per stupire, lo fa per egocentrismo, perché lo fa???
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Oggi, sono uscita dal cinema, arrabbiata, annoiata e delusa. La regista cosa ha voluto trasmetterci con questo assurdo film, privo di poesia? Protagonisti un padre scimmione che gira con una parrucca ed una dentiera finta, ed una figlia in carriera che si dimentica di vivere!! Il padre goffo e ingombrante che cerca di raggiungerla per costruire un rapporto, mai esistito prima; che in conclusione non approda da nessuna parte!!! Il film è disseminato di scene dell’assurdo, tipica quella di lei che invita amici e colleghi di lavoro a casa per festeggiare il suo compleanno e che ad un certo punto con fatica si leva l’abito e decide di riceve gli invitati nuda e pretende che anche loro si spoglino; lo fa per stupire, lo fa per egocentrismo, perché lo fa??? E poi l’imbarazzante scena di sesso consumato a metà, con una conclusione disgustosa??? Il finale poi è lasciato alla libera interpretazione; padre e figlia, finalmente, hanno allacciato un rapporto, oppure no???
Non ho parole!!!!
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alex2044
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martedì 14 marzo 2017
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sfinimento e delusione
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Forse non abbiamo visto lo stesso film. A parte la lunghezza , al limite anche per un capolavoro , non ho trovato nulla , non dico di entusiasmante ma almeno interessante , in un film che vorrebbe essere eccentrico ed invece si è rivelato solo banale e ripetitivo . Alla decima volta della gag con la dentiera ho capito che le idee scarseggiavano e l'unico momento un po' sorprendente , il party nudista , è stato veramente un attimo e nulla più . Raramente ho atteso con tanta ansia la fine di un film . Di più non saprei dire , forse è un mio limite . Eppure ero molto ben predisposto .
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melandri
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lunedì 13 marzo 2017
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capolavoro
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questo film è un capolavoro, chi non lo capisce è perchè è abituato a vedere blockbuster, e da quelli è stato anestetizzato . una attenta e spietata carrellata sui rapporti umani ,familiari ed extra familiari, ridotti ormai al lumicino per colpa di un sistema socio economico che sta fagocitando tutto quello che non è business e mera corsa alla produzione.
sceneggiatura formidabile, attori esemplari nei loro ruoli, regia volutamente "lenta" (in un mondo dove tutto il resto è velocità fine a sè stessa...correre correre, per poi arrivare dove? all'autodistruzione??).
ottima l'idea di chiudere il film con "Plainsong" dei Cure ; si rimarca la freddezza dei sentimenti esposta nel film e la lentezza sublime voluta.
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questo film è un capolavoro, chi non lo capisce è perchè è abituato a vedere blockbuster, e da quelli è stato anestetizzato . una attenta e spietata carrellata sui rapporti umani ,familiari ed extra familiari, ridotti ormai al lumicino per colpa di un sistema socio economico che sta fagocitando tutto quello che non è business e mera corsa alla produzione.
sceneggiatura formidabile, attori esemplari nei loro ruoli, regia volutamente "lenta" (in un mondo dove tutto il resto è velocità fine a sè stessa...correre correre, per poi arrivare dove? all'autodistruzione??).
ottima l'idea di chiudere il film con "Plainsong" dei Cure ; si rimarca la freddezza dei sentimenti esposta nel film e la lentezza sublime voluta.
2 sole note negative; 1) il fatto di spacciarlo come film comico o quasi da parte dei distributori italiani( anche se in effetti la scena iniziale e quella della festa in casa fanno veramente ridere di gusto), porta poi a leggere commenti negativi da parte dello spettatore medio che si aspetta di assistere ad una commedia, ed esce dalla sala scontento. 2) in effetti una sforbiciata di una ventina di minuti si poteva fare.
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zarar
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lunedì 13 marzo 2017
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candida follia per riscoprire il senso della vita
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Per tutto il tempo del film ho pensato come sarebbe stato perfetto Dario Fo nei panni del protagonista, al posto di un impacciato Peter Simonischek. Perché la cifra di questo film è quella che il nostro Fo esprimeva al suo meglio con straordinaria leggerezza (nel senso calviniano della parola): il valore liberatorio di una tenera follia di fronte all’alienazione, alla disumanità, all’incapacità di vivere e godere che gli uomini riescono ad infliggersi con grande successo. Nel caso del film i due poli opposti sono espressi da Ines, una figlia carrierista rampante nei meccanismi tritura-persone dell’economia globale e da un padre tutt’altro che ambizioso maestro di musica.
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Per tutto il tempo del film ho pensato come sarebbe stato perfetto Dario Fo nei panni del protagonista, al posto di un impacciato Peter Simonischek. Perché la cifra di questo film è quella che il nostro Fo esprimeva al suo meglio con straordinaria leggerezza (nel senso calviniano della parola): il valore liberatorio di una tenera follia di fronte all’alienazione, alla disumanità, all’incapacità di vivere e godere che gli uomini riescono ad infliggersi con grande successo. Nel caso del film i due poli opposti sono espressi da Ines, una figlia carrierista rampante nei meccanismi tritura-persone dell’economia globale e da un padre tutt’altro che ambizioso maestro di musica. Lei è una giovane donna di successo in servizio 24 ore su 24, attaccata allo smartphone, al problem solving, alla caccia perenne dell’obiettivo a denti stretti, sadica con i deboli e masochista con i potenti, senza vita privata e indifferente al suo prossimo, in definitiva super-stressata e profondamente infelice; lui vive all’opposto una vita tranquilla, senza storia ma non senza emozioni e affetti , con una particolarità che fa anche di lui una persona un po’ particolare: una corda pazza e clownesca che esplode in frequenti scherzi, travestimenti, battute, la forza della fantasia allegra contro la negatività. Uno dei suoi dispiaceri è non vedere mai la figlia lontana e sempre occupata. Sospettando che non tutto vada così bene come sembra, la raggiunge in Bulgaria dove lei lavora. Qui si rende conto appieno della vita assurda e dell’infelicità di Ines e decide, di fronte alla totale impossibilità di stabilire un dialogo, di provare se anche con lei potrà funzionare la corda pazza, questa volta come pietra di paragone della follia che lei stessa sta inconsapevolmente vivendo. Ci riuscirà? Sì, no; forse sì, ma non del tutto. L’idea è buona e genera tensione narrativa; la recitazione di Sandra Hueller è ottima; si apprezza la capacità della regista di mescolare serio e comico, inserendo felicemente il detonatore della vitalità fanciullesca e disordinata del clown nel mondo iperattivo, ma freddo e tagliente in cui Ines vive; è gestito molto bene il rapporto psicologico padre-figlia, non così manicheo come si potrebbe pensare, ma ricco, nonostante la trama paradossale, di umanissime ambiguità e sfumature. E c’è verità nei cenni rapidi, ma non banali, all’impatto del neocapitalismo globale sulla realtà economica dei paesi al margine della UE. Ma il film non è privo di difetti. Intanto è eccessivamente lungo. Come conseguenza diretta, l’ “elogio della follia” perde alla lunga l’effetto sorpresa e leggerezza e diventa trama arzigogolata e implausibile anche sul piano puramente inventivo. Di alcuni episodi, ad es. la visita in casa di una tizia qualsiasi incontrata in un ricevimento, con annessa canzoncina moralistica a voce spiegata, si farebbe a meno senza rimpianti. Infine non condivido affatto gli entusiasmi per la recitazione dell’attore protagonista.
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zarar
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lunedì 13 marzo 2017
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la candida follia contro la triste follia di chi non sa vivere
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Per tutto il tempo del film ho pensato come sarebbe stato perfetto Dario Fo nei panni del protagonista, al posto di un impacciato Peter Simonischek. Perché la cifra di questo film è quella che il nostro Fo esprimeva al suo meglio con straordinaria leggerezza (nel senso calviniano della parola): il valore liberatorio di una tenera follia di fronte all’alienazione, alla disumanità, all’incapacità di vivere e godere che gli uomini riescono ad infliggersi con grande successo. Nel caso del film i due poli opposti sono espressi da Ines, una figlia carrierista rampante nei meccanismi tritura-persone dell’economia globale e da un padre tutt’altro che ambizioso maestro di musica. Lei è una giovane donna di successo in servizio 24 ore su 24, attaccata allo smartphone, al problem solving, alla caccia perenne dell’obiettivo a denti stretti, sadica con i deboli e masochista con i potenti, senza vita privata e indifferente al suo prossimo, in definitiva super-stressata e profondamente infelice; lui vive all’opposto una vita tranquilla, senza storia ma non senza emozioni e affetti , con una particolarità che fa anche di lui una persona un po’ particolare: una corda pazza e clownesca che esplode in frequenti scherzi, travestimenti, battute, la forza della fantasia allegra contro la negatività.
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Per tutto il tempo del film ho pensato come sarebbe stato perfetto Dario Fo nei panni del protagonista, al posto di un impacciato Peter Simonischek. Perché la cifra di questo film è quella che il nostro Fo esprimeva al suo meglio con straordinaria leggerezza (nel senso calviniano della parola): il valore liberatorio di una tenera follia di fronte all’alienazione, alla disumanità, all’incapacità di vivere e godere che gli uomini riescono ad infliggersi con grande successo. Nel caso del film i due poli opposti sono espressi da Ines, una figlia carrierista rampante nei meccanismi tritura-persone dell’economia globale e da un padre tutt’altro che ambizioso maestro di musica. Lei è una giovane donna di successo in servizio 24 ore su 24, attaccata allo smartphone, al problem solving, alla caccia perenne dell’obiettivo a denti stretti, sadica con i deboli e masochista con i potenti, senza vita privata e indifferente al suo prossimo, in definitiva super-stressata e profondamente infelice; lui vive all’opposto una vita tranquilla, senza storia ma non senza emozioni e affetti , con una particolarità che fa anche di lui una persona un po’ particolare: una corda pazza e clownesca che esplode in frequenti scherzi, travestimenti, battute, la forza della fantasia allegra contro la negatività. Uno dei suoi dispiaceri è non vedere mai la figlia lontana e sempre occupata. Sospettando che non tutto vada così bene come sembra, la raggiunge in Bulgaria dove lei lavora. Qui si rende conto appieno della vita assurda e dell’infelicità di Ines e decide, di fronte alla totale impossibilità di stabilire un dialogo, di provare se anche con lei potrà funzionare la corda pazza, questa volta come pietra di paragone della follia che lei stessa sta inconsapevolmente vivendo. Ci riuscirà? Sì, no; forse sì, ma non del tutto. L’idea è buona e genera tensione narrativa; la recitazione di Sandra Hueller è ottima; si apprezza la capacità della regista di mescolare serio e comico, inserendo felicemente il detonatore della vitalità fanciullesca e disordinata del clown nel mondo iperattivo, ma freddo e tagliente in cui Ines vive; è gestito molto bene il rapporto psicologico padre-figlia, non così manicheo come si potrebbe pensare, ma ricco, nonostante la trama paradossale, di umanissime ambiguità e sfumature. E c’è verità nei cenni rapidi, ma non banali, all’impatto del neocapitalismo globale sulla realtà economica dei paesi al margine della UE. Ma il film non è privo di difetti. Intanto è eccessivamente lungo. Come conseguenza diretta, l’ “elogio della follia” perde alla lunga l’effetto sorpresa e leggerezza e diventa trama arzigogolata e implausibile anche sul piano puramente inventivo. Di alcuni episodi, ad es. la visita in casa di una tizia qualsiasi incontrata in un ricevimento, con annessa canzoncina moralistica a voce spiegata, si farebbe a meno senza rimpianti. Infine non condivido affatto gli entusiasmi per la recitazione dell’attore protagonista.
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(di zarar)
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[+] d'acordo su tutto trannhe che su fo
(di cesare)
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domenica 12 marzo 2017
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pessimo!
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...un film a mio avviso inutile, senza una trama, lento, sconnesso, a tratti anche stupido...bocciato assolutamente!
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sergiolino63
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domenica 12 marzo 2017
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interessante, ma ritmo troppo blando
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E' la storia di un padre colto ma buontempone che cerca di far comprendere alla propria figlia 40 enne in carriera l'importanza di non prendersi troppo sul serio....e il tentativo riuscirà! Film interesante, a tratti surreale, a tratti di una comocità esilarante, talvolta toccante. Però il ritmo è esageratamente blando e la durata eccessivamente lunga.... altrimenti le stelle sarebbero state 4 e non 3!!!
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fabiofeli
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domenica 12 marzo 2017
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"la prima volta che sei andata in bicicletta ..."
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Winfried (Peter Simonishek) è un insegnante tedesco di musica che sta per perdere l’ultimo discepolo. “Adesso posso anche vendere il pianoforte.” dice al ragazzo. Anche il suo vecchio cane sta per lasciarlo e lui resterà solo nella modesta casa in Germania, perché è divorziato e sua figlia Ines (Sandra Hűller ) lavora in Romania per una compagnia petrolifera. Ama gli scherzi e i travestimenti. Al postino che gli recapita un pacco dice che il plico lo ha spedito il fratello che vive con lui e che si diletta di spedire pacchi-bomba. Si allontana e torna in accappatoio con una parrucca in testa fingendo di essere il fratello.
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Winfried (Peter Simonishek) è un insegnante tedesco di musica che sta per perdere l’ultimo discepolo. “Adesso posso anche vendere il pianoforte.” dice al ragazzo. Anche il suo vecchio cane sta per lasciarlo e lui resterà solo nella modesta casa in Germania, perché è divorziato e sua figlia Ines (Sandra Hűller ) lavora in Romania per una compagnia petrolifera. Ama gli scherzi e i travestimenti. Al postino che gli recapita un pacco dice che il plico lo ha spedito il fratello che vive con lui e che si diletta di spedire pacchi-bomba. Si allontana e torna in accappatoio con una parrucca in testa fingendo di essere il fratello. La burla innocua svela subito il carattere del protagonista. Già progetta di piombare a casa di sua figlia con la quale ha un “debito”: non le ha fatto il regalo di compleanno, perché ha dimenticato la data. Ines è una bellezza algida, una donna in carriera impegnata nello spolpamento di una compagnia petrolifera rumena riducendo al lumicino i costi per acquisirla senza badare alla falcidia dei posti di lavoro. Il regalo di compleanno di Winfried - una grattugia per formaggio; oh, sì: un oggetto di design, ma pur sempre e solo una grattugia - è solo un pretesto; in effetti vuole entrare nella vita della figlia per conoscerla meglio e stabilire una comunicazione che si è interrotta. Winfried segue Ines nel suo ambiente di lavoro; utilizza la parrucca riccioluta e una dentiera posticcia che gli dà un’aria vagamente idiota, inventandosi un nome, Toni Erdmann, e un’ipotetica professione, quella di mental coach; si millanta amico di Ion Tiriac, a suo tempo mitico tennista rumeno, o ambasciatore tedesco a Bucarest. Ines resiste al gioco per diverso tempo con indifferenza e sufficienza, ma comincia a cedere al pressing di Winfried-Toni in una casa dove si festeggia un compleanno: accetta di cantare con inatteso trasporto un brano di Whitney Huston accompagnata dal padre alla tastiera. E’ chiaro che comincia a entrare in sintonia con l’invadente padre: certi momenti della vita sono importanti e vanno conservati gelosamente, perché l’esistenza ha valore solo perché è fatta di questi ricordi …
Due attori abili, diretti con uguale perizia, costruiscono una storia apparentemente strampalata e sconclusionata con molti momenti di malinconico e surreale divertimento; solo di sbieco si prendono di mira gli effetti mortiferi della globalizzazione e del saccheggio di risorse dei paesi “poveri” da parte delle ricche e sempre più indisturbate multinazionali. Attraverso lo spiazzamento dello scherzo e della finzione l’accento si sposta su tutto quello per cui vale la pena di vivere e amare: il possesso di status symbol, in fondo, non è altro che spazzatura di fronte a un ricordo significativo. E la prima volta di Ines su una bicicletta sotto lo sguardo amorevole del padre è come Rosebud, la slitta di Citizen Kane, il bambino diventato magnate ma pur sempre bambino nell’incantato ricordo infantile, impersonato dal genio cinematografico di Orson Welles in Quarto potere. Un film che fa riflettere è sempre da non mancare.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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