elgatoloco
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mercoledì 24 gennaio 2018
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doloroso, gioioso remember
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Roberto Faenza, regista e studioso(massmediologo-un testo di Faenza era stato anche mia guida all'ambito specifico)con questo"ANita B."(2014)tratto da"Quanta stella c'è in cielo"da Edith Bruck, grande scrittrice-testimone(endiadi rara: non sempre un testimone è scrittore, ma neppure uno scrittore è sempre testimone...)riesce a darci una storia dolente dell'immediato dopoguerra, con una dolce ragazza ebrea sfuggita ad Auschwitz, rifugiata da parenti in Cecoslovacchia dove è quasi costretta a non dire nulla dell'esecuzione dei suoi genitori nel lager, della tragedia vissuta etc., sedotta da un parente che vorrebbe farla abortire, infine rifugiata a Praga da cui riesce a fuggire"involandosi"per Jerusalem.
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Roberto Faenza, regista e studioso(massmediologo-un testo di Faenza era stato anche mia guida all'ambito specifico)con questo"ANita B."(2014)tratto da"Quanta stella c'è in cielo"da Edith Bruck, grande scrittrice-testimone(endiadi rara: non sempre un testimone è scrittore, ma neppure uno scrittore è sempre testimone...)riesce a darci una storia dolente dell'immediato dopoguerra, con una dolce ragazza ebrea sfuggita ad Auschwitz, rifugiata da parenti in Cecoslovacchia dove è quasi costretta a non dire nulla dell'esecuzione dei suoi genitori nel lager, della tragedia vissuta etc., sedotta da un parente che vorrebbe farla abortire, infine rifugiata a Praga da cui riesce a fuggire"involandosi"per Jerusalem... Tra realtà e speranza, se vogliamo utopia, una vicenda che tocca, tra testimonianza forte e evocazione, tra storie di forte e mai disperata-disperante umanità(nonostante l'orrore vissuto), che ci mostra come sia stato possibile sopravvivere ad Auschiwtz e come, rimanendo tangenti ad Auschwitz(ricordiamo il monito di Theodor Wiesengrund-Adorno), si possa evocare mai dimenticando ma trascendendo, come avviene nel film alla festa di purim, tra musica klezmer(struggente quanto canta il grande Moni Ovadia), riproposizione dello yiddish, scoppi d'amore e di speranze, in specie quella del"promised land". Oltre a Ovadia, benissimo i protagonisti Eline Powell e Robert Sheehan. Un film per non dimenticare, per presentificare quanto alcune forze vorrebbero a forza espungere dalla memoria... El Gato
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angelo umana
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mercoledì 4 febbraio 2015
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equivoco
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Ho visto il film perché Faenza, perché la shoah ... Delusione. E' una semplice storia d'amore, mancato da parte di Anita per Eli e viceversa, futuro per Anita con Davide, che dopo la guerra torna in Israele perché vuole costruire case e scuole. Sono ebrei e non amati o mal accolti ovunque, vanno verso la loro terra promessa. Con quel solo "bagaglio", il futuro, Anita si dirige a Gerusalemme, in fuga dal bello e maledetto Eli, che non le vuole far tenere il bambino concepito assieme. Ad Anita viene detto a inizio film, dalla zia che la accoglie malvolentieri come aiuto in casa e da Eli stesso, di lasciare fuori da quella casa Auschwitz, il passato e il campo di concentramento, da cui è stata liberata per l'arrivo dei russi in gennaio 1945 e dove ha perso i genitori.
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Ho visto il film perché Faenza, perché la shoah ... Delusione. E' una semplice storia d'amore, mancato da parte di Anita per Eli e viceversa, futuro per Anita con Davide, che dopo la guerra torna in Israele perché vuole costruire case e scuole. Sono ebrei e non amati o mal accolti ovunque, vanno verso la loro terra promessa. Con quel solo "bagaglio", il futuro, Anita si dirige a Gerusalemme, in fuga dal bello e maledetto Eli, che non le vuole far tenere il bambino concepito assieme. Ad Anita viene detto a inizio film, dalla zia che la accoglie malvolentieri come aiuto in casa e da Eli stesso, di lasciare fuori da quella casa Auschwitz, il passato e il campo di concentramento, da cui è stata liberata per l'arrivo dei russi in gennaio 1945 e dove ha perso i genitori. Ma in effetti quegli elementi Faenza li ha lasciati lui per primo fuori da una storiella d'amore quasi adolescente, Auschwitz sembra solo incidentale: Anita si meraviglia che nessuno voglia ricordare, che nessuno con lei comparta la memoria, "senza memoria noi non siamo nulla", ma sono solo parole, la ragazza liberata si è immersa subito nella vita ritrovata, insospettabile in una persona prostràta dal lager, le pulsioni erotiche sono molto forti e Eli coi suoi bei riccioli dorme con lei nella stessa stanza. Sono in casa della zia, nei Sudeti in Cecoslovacchia, e la casa è stata liberata dagli occupanti tedeschi rispediti in Germania.
Assomiglia a un film in costume, perché ambientato in quegli anni; è ingentilito dalla passione di Anita per i bambini, per la musica, la pittura e per la scrittura, a cui vuole dedicarsi. E' tratto liberamente dal libro "Quanta stella c'è nel cielo" di Edith Bruck, ma il film, a parte un pochino di storia da conoscere, è deludente.
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enzo70
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martedì 3 febbraio 2015
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un occasione perduta
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Un’ennesima prospettiva dalla quale inquadrare il dramma della Shoà. Anita, reduce da Auschwitz dove ha perso entrambi i genitori, torna a casa, accolta dalla zia. Si occuperà del nipote e sbrigherà le vicende di casa, con un unico imput, evitare di ricordare quanto accaduto nei campi, la memoria è vietata, lascia Auschwitz fuori da questa casa, gli dice la zia. Il tema proposto da Faenza è, quindi, di primissimo piano, in quanto abbraccia il problema del negazionismo, partendo proprio dalla vergogna di chi non voleva ricordare le sofferenze del proprio popolo. Ma poi il film si incanala su un binario di banalità, un amore non corrisposto, un aborto imposto ed il sogno di Israele, perdendo di vista lo spunto più interessante che meritava sicuramente maggiore attenzione.
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Un’ennesima prospettiva dalla quale inquadrare il dramma della Shoà. Anita, reduce da Auschwitz dove ha perso entrambi i genitori, torna a casa, accolta dalla zia. Si occuperà del nipote e sbrigherà le vicende di casa, con un unico imput, evitare di ricordare quanto accaduto nei campi, la memoria è vietata, lascia Auschwitz fuori da questa casa, gli dice la zia. Il tema proposto da Faenza è, quindi, di primissimo piano, in quanto abbraccia il problema del negazionismo, partendo proprio dalla vergogna di chi non voleva ricordare le sofferenze del proprio popolo. Ma poi il film si incanala su un binario di banalità, un amore non corrisposto, un aborto imposto ed il sogno di Israele, perdendo di vista lo spunto più interessante che meritava sicuramente maggiore attenzione.
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luigi chierico
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mercoledì 28 gennaio 2015
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modesto
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Un film con molte pretese ma decisamente modesto in ogni sua componente, si affida alla dolce e brava Eline Powell, che interpreta la parte della giovane Anita.
I riferimenti alla disumana vita trascorsa dalla giovanissima ebrea Anita ad Auschwitz, campo nazista di concentramento di torture e morte, sono soltanto evocati e respinti da chi vuole dimenticare. Nel film a voler dimenticare è proprio chi ha perso fratello e genitori.
Vuol essere un’accusa al mondo che vuole che oggi non se ne parli più, è storia che non ci appartiene. Ma la vicenda si svolge appena qualche tempo dopo della fine della guerra, quando c’erano ancora morti nelle fosse comuni da seppellire. Anita viene condotta dalla Croce Rossa dall’Ungheria in Cecoslovacchia e affidata a Monika (Andrea Osvart) sorella del padre che vive col marito Aron e suo fratello Eli.
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Un film con molte pretese ma decisamente modesto in ogni sua componente, si affida alla dolce e brava Eline Powell, che interpreta la parte della giovane Anita.
I riferimenti alla disumana vita trascorsa dalla giovanissima ebrea Anita ad Auschwitz, campo nazista di concentramento di torture e morte, sono soltanto evocati e respinti da chi vuole dimenticare. Nel film a voler dimenticare è proprio chi ha perso fratello e genitori.
Vuol essere un’accusa al mondo che vuole che oggi non se ne parli più, è storia che non ci appartiene. Ma la vicenda si svolge appena qualche tempo dopo della fine della guerra, quando c’erano ancora morti nelle fosse comuni da seppellire. Anita viene condotta dalla Croce Rossa dall’Ungheria in Cecoslovacchia e affidata a Monika (Andrea Osvart) sorella del padre che vive col marito Aron e suo fratello Eli.
In un mondo così stravolto la gente si chiede:”Ormai non sappiamo più chi siamo!”.
Eli di un cavallo, che corre sui prati verdi pronto a rispondere al suo richiamo, dice: “Almeno lui è libero”.
E’ finita la guerra ma nel 1948 e nel 1968 (vedi il periodo che va sotto il nome La Primavera di Praga) la nazione conosce ancora gli orrori dell’oppressione, dell’ invasione, ancora non è LIBERA.
La parodia dell’incontro tra Hitler e Mussolini, che non si intendono come devono salutarsi, imitandosi come due marionette, l’ho trovata indovinata.
Non si può dire che il film sia in technicolor perché volutamente il mondo intero sembra ancora coperto della cenere e fumo dei corpi arsi vivi. Ma questa è una mia impressione.
I colori prendono corpo verso la fine del film quando sembra prossima l’alba di un nuovo giorno tanto atteso.
Il giorno in cui non ci sarà più nessuno che si suiciderà per non essere condotto in campi di concentramento, su carri ferroviari persone stipate peggio che bestie.
La vita di Anita è sempre in pericolo e ad aggravare la sua posizione è il rapporto con Eli con cui deve condividere prima la camera da letto e poi il letto.
La tragedia che dalla morte porta alla vita conduce Anita ad una scelta coraggiosa, una decisione che la porterà lontana nella terra promessa, dove però non si trova pace neanche oggi dopo oltre mezzo secolo.chibar22@libero.it
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no_data
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mercoledì 24 settembre 2014
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poetico, oltre la shoah
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"Lascia Auschwitz fuori da questa casa". Il film è tutto in questa frase detta da Eli che accoglie Anita una ragazza ungherese scampata ad Auschwitz, e accolta a Praga dalla zia Monika e dalla sua famiglia. Se non si capisce questo, come molti critici hanno fatto, non si capisce nulla del film che non tratta la Shoah ma va 'oltre' la Shoah ,cioè dopo la fine della II guerra mondiale.
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"Lascia Auschwitz fuori da questa casa". Il film è tutto in questa frase detta da Eli che accoglie Anita una ragazza ungherese scampata ad Auschwitz, e accolta a Praga dalla zia Monika e dalla sua famiglia. Se non si capisce questo, come molti critici hanno fatto, non si capisce nulla del film che non tratta la Shoah ma va 'oltre' la Shoah ,cioè dopo la fine della II guerra mondiale. E' un film sulla speranza, sul futuro che gli scampati all'olocausto avranno davanti. Un film poetico, ben recitato, con un'ottima fotografia e una splendida colonna sonora di Paolo Buonvino già autore di musiche per film come Manuale d'Amore, La Matassa, l'Ultimo bacio ecc. Una fiction tipo prima serata di Rai 1? Non la considero una critica ci sono fiction realizzate divinamente e questa potrebbe essere una di queste. Forse non lascerà un segno indelebile nella storia del cinema, ma sicuramente commuove e lascia una piacevola sensazione di.. speranza.
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mart_03
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sabato 15 febbraio 2014
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ricordare l'olocausto o una storia d'amore?
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'In ricordo del giorno della memoria andremo a vedere Anita B., un film di Faenza uscito da poco e che è stato pure proiettato a Gerusalemme'. Questo fu l'incipit con cui i professori ci hanno esortato ad andare a vedere questo film. L'inizio prometteva bene: una ragazza che riesce a fuggire dai campi di concentramento, che tenta di raccontare la sua vicenda, ma nessuno vuole più rimembrare quei brutti ricordi. Non c'è dubbio: la questione del ricordare ciò che è successo, del voler parlare e non sotterrare tutto era molto chiara, ma un film apparentemente mirato alla vicenda dell'olocausto (parla una che non aveva visto nè il trailer nè aveva letto la trama) si è trasformato in una storiella 'amorosa' tra due ragazzi, in cui era scontato ciò che sarebbe successo.
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'In ricordo del giorno della memoria andremo a vedere Anita B., un film di Faenza uscito da poco e che è stato pure proiettato a Gerusalemme'. Questo fu l'incipit con cui i professori ci hanno esortato ad andare a vedere questo film. L'inizio prometteva bene: una ragazza che riesce a fuggire dai campi di concentramento, che tenta di raccontare la sua vicenda, ma nessuno vuole più rimembrare quei brutti ricordi. Non c'è dubbio: la questione del ricordare ciò che è successo, del voler parlare e non sotterrare tutto era molto chiara, ma un film apparentemente mirato alla vicenda dell'olocausto (parla una che non aveva visto nè il trailer nè aveva letto la trama) si è trasformato in una storiella 'amorosa' tra due ragazzi, in cui era scontato ciò che sarebbe successo. E non poteva mancare un finale 'felice' (se proprio si deve definire con qualche aggettivo): Anita riesce a scappare (di nuovo) e ad andare a Praga (forse da David, con cui avrà un'altra storia e finalmente sarà felice? Chi lo sa.) Mi aspettavo molto ma molto di più da questo film, è stato carino, ma niente di più.
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pam 93
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domenica 9 febbraio 2014
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uscita in streaming
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volevo sapere quando uscirà anita B IN STREAMING IL FILM COMUNQUE è BELLISSIMO ATTENDO UNA RISPOSTA
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jacopo b98
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mercoledì 5 febbraio 2014
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film mieloso e buonista!
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Anita (Powell), ragazza ebrea sopravvissuta ad Auschwitz, dove però ha perso i genitori, arriva in Ungheria dove va a vivere a casa dei suoi zii. La zia (Osvart) in particolare ci tiene a precisare che il passato è passato e i ricordi del campo devono rimanere fuori dalla casa. Anita si confida perciò con l’unica creatura capace di ascoltarla ma non di capirla: il piccolo figliuolo della zia. Intanto intraprende una relazione con il giovane Eli (Sheehan). Dal romanzo Quanta stella c’è nel cielo di Edith Bruck (anche sceneggiatrice con il regista) Faenza ha tratto una melensa storia d’amore inserita nel drammatico contesto del dopoguerra.
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Anita (Powell), ragazza ebrea sopravvissuta ad Auschwitz, dove però ha perso i genitori, arriva in Ungheria dove va a vivere a casa dei suoi zii. La zia (Osvart) in particolare ci tiene a precisare che il passato è passato e i ricordi del campo devono rimanere fuori dalla casa. Anita si confida perciò con l’unica creatura capace di ascoltarla ma non di capirla: il piccolo figliuolo della zia. Intanto intraprende una relazione con il giovane Eli (Sheehan). Dal romanzo Quanta stella c’è nel cielo di Edith Bruck (anche sceneggiatrice con il regista) Faenza ha tratto una melensa storia d’amore inserita nel drammatico contesto del dopoguerra. Film povero e di valore pressoché nullo che si propone di affrontare l’importante tema del ricordo e finisce per diventare un melò adolescenziale inserito a forza in un contesto drammatico. Gli attori, provenienti in gran parte dalla TV (infatti il film sembra molto più una puntata di un qualche serial televisivo), sono di un’inespressività desolante, a partire dalla protagonista Powell. Film buonista, mieloso e irrealistico! Nel complesso che dire? Dopo il bel (e molto internazionale)Un giorno questo dolore ti sarà utile Faenza inciampa e sbaglia tutto (la regia è povera, la ricostruzione storica insignificante, grazie anche al ridicolo budget di un milione di dollari). Speriamo che riesca a rialzarsi!
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viaggitalia
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mercoledì 29 gennaio 2014
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fiction televisiva e nulla più
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Banale e scontato come un mediocre prodotto televisivo. La divulgazione "soft" della Shoa non regge anche se il film è stato probabilmente pensato per i giovani che non hanno nessuna dimestichezza con la storia. Sarà stato distribuirlo nelle sale cinematografiche soltanto per l'occasione della giornata della memoria? Sembrerebbe di sì ma l'argomento, anche se non volutamente trattato in modo drammatico, meritava maggiore rispetto.
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no_data
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mercoledì 29 gennaio 2014
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un film che non trasmette assolutamente niente
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Vorrei partire con il presupposto che dopo più di un'ora di film non si riesce a capire cosa rappresenti la B. del suo nome, visto che nel film non hanno dato nessuna spiegazione a questa lettera, ho pensato che magari il film si chiamasse Anita B. magari perchè già esisteva un film chiamato Anita e il regista non voleva mettere in sala un film che magari potesse essere confuso con uno già uscito. La seconda guerra mondiale è soltanto un pretesto per iniziare un discorso che non riguarda assolutamente quello che è successo nei Lager. Il film non è realistico (Anita torna da Autswitz con una valigia piena di vestiti piegati, cosa improbabile visto che i tedeschi privavano i prigionieri di tutto, occhiali compresi), la doppiatura è penosa e i riferimenti all'ebraismo inapproriati.
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Vorrei partire con il presupposto che dopo più di un'ora di film non si riesce a capire cosa rappresenti la B. del suo nome, visto che nel film non hanno dato nessuna spiegazione a questa lettera, ho pensato che magari il film si chiamasse Anita B. magari perchè già esisteva un film chiamato Anita e il regista non voleva mettere in sala un film che magari potesse essere confuso con uno già uscito. La seconda guerra mondiale è soltanto un pretesto per iniziare un discorso che non riguarda assolutamente quello che è successo nei Lager. Il film non è realistico (Anita torna da Autswitz con una valigia piena di vestiti piegati, cosa improbabile visto che i tedeschi privavano i prigionieri di tutto, occhiali compresi), la doppiatura è penosa e i riferimenti all'ebraismo inapproriati. Io ho visto questo film insieme alla mia classe visto che la prof ci voleva portare a vedere un film che ci facesse riflettere sul giorno della memoria. Sinceramente penso che la cosa più importante che possa fare un film sulla memoria dell'Olocausto sia insegnare,e questo film non lo fa. Le cose he si dicono i personaggi sono cose che sanno anche i bambini di 5 anni ed io ho avuto l'impressione, uscendo dal cinema, di avere un vuoto dentro di me, come se questo film non mi avesse lasciato niente. Se mi regalassero un biglietto per andarlo a vedere non ci andrei, preferirei sprecare il mio tempo in un altro modo.
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