pasquiota
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giovedì 5 dicembre 2013
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l'esasperante fluire del passato
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Dove la firma per acconsentire a un divorzio diviene uno spiazzante percorso à rebours nel proprio matrimonio e nella propria esistenza, alla ricerca di una verità terribile, cui nessuno dei protagonisti è permesso accedere in via definitiva. Con lo sguardo velato e opprimente dei bambini, che attraversano la pellicola come dei fantasmi.
Il soggetto del film, di lodevole intenzione, viene vanificato da una regia volutamente scarna, assolutamente priva di ritmo e con un montaggio anch’esso ridotto al minimo. Ne risulta una visione straniante e spiazzante, che ha l’effetto (voluto) di allontanare lo spettatore anziché coinvolgerlo.
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Dove la firma per acconsentire a un divorzio diviene uno spiazzante percorso à rebours nel proprio matrimonio e nella propria esistenza, alla ricerca di una verità terribile, cui nessuno dei protagonisti è permesso accedere in via definitiva. Con lo sguardo velato e opprimente dei bambini, che attraversano la pellicola come dei fantasmi.
Il soggetto del film, di lodevole intenzione, viene vanificato da una regia volutamente scarna, assolutamente priva di ritmo e con un montaggio anch’esso ridotto al minimo. Ne risulta una visione straniante e spiazzante, che ha l’effetto (voluto) di allontanare lo spettatore anziché coinvolgerlo.
A questo si aggiungono i dialoghi a volte irreali, ma soprattutto le riprese degli interni su abitazioni grigie e disadorne, fino all’esasperazione; e anche gli esterni, soprattutto nella casa di periferia, cui quasi si sovrappone la linea della ferrovia, simbolo estremo della degradazione suburbana.
Il fluire della narrazione ne risente, attraverso un procedere esasperatamente lento e dilatato dei tempi, mentre cresce nello spettatore il senso di disagio, che non viene sciolto nemmeno nel finale, totalmente privo di qualsiasi tragica catarsi. Nessuno è totalmente colpevole, ma l’innocenza non esiste più.
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[+] finale, privo di qualsiasi tragica catarsi?
(di herry)
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kimkiduk
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mercoledì 4 dicembre 2013
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idem
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Anche io ho scritto molto simile. Concordo
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kimkiduk
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mercoledì 4 dicembre 2013
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qualcosa manca
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Dopo la separazione Farhadi rimane ancorato al tema della famiglia e della sua disgregazione. Questa volta cambia location e dall'Iran vola in Francia. Film costruito bene, ma qualcosa stona, manca o forse anche eccelle nel troppo. Stona il bambino che vive nel dubbio di dove poter e dover vivere. Preso tra fratelli acquisiti di vari genitori e l'improvvisa presenza di un uomo che torna nella casa e che non aveva mai conosciuto. Problemi forse ormai comuni a tanti, ma può un bambino di 7/8 anni (credo) parlare di eutanasia? Perfetta la rappresentazione della frenesia isterica e metereopatica della mamma, contesa tra ricordi, dolori, gioie, angosce, dubbi, nuovo matrimonio e nuova gravidanza.
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Dopo la separazione Farhadi rimane ancorato al tema della famiglia e della sua disgregazione. Questa volta cambia location e dall'Iran vola in Francia. Film costruito bene, ma qualcosa stona, manca o forse anche eccelle nel troppo. Stona il bambino che vive nel dubbio di dove poter e dover vivere. Preso tra fratelli acquisiti di vari genitori e l'improvvisa presenza di un uomo che torna nella casa e che non aveva mai conosciuto. Problemi forse ormai comuni a tanti, ma può un bambino di 7/8 anni (credo) parlare di eutanasia? Perfetta la rappresentazione della frenesia isterica e metereopatica della mamma, contesa tra ricordi, dolori, gioie, angosce, dubbi, nuovo matrimonio e nuova gravidanza. Madre e donna che mette in gioco tre uomini e destabilizza la figlia adolescente anche lei a cavallo tra l'accettazione della madre e quella del terzo uomo terzo padre e per lei insopportabile. Bravissima la Bejo a raffigurare tutto questo in un susseguirsi di amore ed isteria. Bravo Ahmad nel raffigurare la razionalità di un personaggio costretto suo malgrado a fare il vero padre pur essendo l'unico non padre. Tutto insieme è specchio reale, ma tutto insieme rischia in certi momenti di ridondare nel troppo, quasi nel finto anche se non lascia mai annoiati. Film da salvare e da vedere, ma forse Farhadi dovrebbe cambiare argomento nel prossimo film. Viene da pensare che sia separato anche lui e che abbia vissuto male la cosa. Chissà
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fabiofeli
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martedì 3 dicembre 2013
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il passato non è una lavagna che si cancella
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C’è un triangolo formato da Ahmad (Ali Mosaffa), da sua moglie Marie (Bérénice Bejo) e Samir (Tahar Rahim), attuale compagno di Marie. Fa ancora parte del gioco anche una quarta persona: la moglie di Samir che giace in coma in un ospedale parigino, per aver tentato il suicidio. Ci sono, poi, anche una ragazza, Lucie (Pauline Burlet), una bambina, Léa (Jeanne Jestin), ed un bambino, Fouad (Elyes Aguis): le prime due sono figlie di Marie, nate da un precedente matrimonio e Fouad è il figlio di Samir. E c’è anche un nascituro, figlio di Marie e di Samir. I due “quadrilateri” interferiscono tra loro complicando la situazione. All’inizio del film Marie va a ricevere Ahmad all’aeroporto. Non si comprende subito per quale motivo l’uomo si attarda a parlare con un funzionario, perché appare dietro un vetro che impedisce di ascoltare le loro parole.
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C’è un triangolo formato da Ahmad (Ali Mosaffa), da sua moglie Marie (Bérénice Bejo) e Samir (Tahar Rahim), attuale compagno di Marie. Fa ancora parte del gioco anche una quarta persona: la moglie di Samir che giace in coma in un ospedale parigino, per aver tentato il suicidio. Ci sono, poi, anche una ragazza, Lucie (Pauline Burlet), una bambina, Léa (Jeanne Jestin), ed un bambino, Fouad (Elyes Aguis): le prime due sono figlie di Marie, nate da un precedente matrimonio e Fouad è il figlio di Samir. E c’è anche un nascituro, figlio di Marie e di Samir. I due “quadrilateri” interferiscono tra loro complicando la situazione. All’inizio del film Marie va a ricevere Ahmad all’aeroporto. Non si comprende subito per quale motivo l’uomo si attarda a parlare con un funzionario, perché appare dietro un vetro che impedisce di ascoltare le loro parole. Solo in seguito capiremo che la sua valigia, caricata su un volo sbagliato, è stata smarrita. All’indomani Marie e Ahmad andranno a ratificare il loro divorzio. Sembrano tranquilli, con una decisione già presa che non li fa soffrire più di tanto; all’aeroporto addirittura abbozzano più di un timido sorriso al di là del vetro. Più problematica appare la situazione per la sistemazione di Ahmad nella casa di Marie, un brutto villino della periferia parigina, la famigerata Banlieu; Fouad non gradisce il cambiamento di letto, ma soprattutto l’apparizione di Ahmad che giudica un intruso; d’altro canto Lucie ha una forte avversione per il nuovo compagno della madre e vorrebbe che il divorzio tra Marie e Ahmad non si definisse. Poco per volta si capisce anche che ci sono drammatici nodi ancora irrisolti tra le due coppie di adulti. Non siamo più tanto sicuri che Ahmad non pensi ancora a Marie (e viceversa), mentre dal canto suo Samir non smette di essere attaccato alla moglie in coma irreversibile e impedisce che le vengano sospese le cure ormai inutili. La vicenda, incentrata sulle psicologie dei personaggi, in certi momenti sembra risolvere alcuni interrogativi e nelle scene successive contraddice quanto sembra assodato con fatti nuovi. E la realtà osservata è ancora un paio di volte velata da vetri che impediscono di ascoltare il dialogo tra i vari protagonisti.
Il film è complesso e ricco di spunti. Emerge una dolorosa incomunicabilità: nel passato che ritorna hanno ferito le parole dette e quelle non dette. Ed il passato non è che la somma di azioni che hanno costruito l’ingarbugliato presente. Tutte le scelte operate influiranno pesantemente sul futuro di tutti, adulti e non.
La regia di Farradi, premiata a Cannes, è notevole e padroneggia il tema della crisi finale dei rapporti con la stessa maestria dimostrata nel precedente film, La separazione. Gli attori sono tutti molto bravi, con una citazione speciale per Berenice Bejo, protagonista femminile premiata a Cannes, e per la giovane e intensa Pauline Burlet; ma ancora di più impressiona la capacità recitativa di Elyes Aguis nel ruolo di Fouad, un autentico eccezionale animale cinematografico: speriamo che il suo talento non si perda per strada.
Valutazione ****
FabioFeli
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amos5
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domenica 1 dicembre 2013
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tristissimo inutilmente.non lo consiglio.
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tristisssimo, lento ,doppiaggio scarso , di guai ne abbiamo tanti in giro per andarli a vedere anche al cinema. Ai miei amici non lo consiglio .Ma ai miei nemici raccomando di andarlo a verdere , è quasi una lenta tortura con pochissimi secondi di pausa.
[+] herry
(di herry)
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[+] cercali altrove i tuoi guai
(di luis23)
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maurizio meres
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sabato 30 novembre 2013
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grande cinema
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Film di notevole intensità dove l'intreccio della vita dei vari personaggi è basato su di un grande malinteso nessuno e' soddisfatto della propria scelta di vita .Stupenda interpretazione degli attori dove ogni sguardo diventa attraverso delle splendite riprese una completezza alla recitazione ,doppiaggio superlativo,la bella Parigi non si vede ma si sente in tutta la sua libertà di fare e di pensare . Film completo da vedere assolutamente .
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no_data
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venerdì 29 novembre 2013
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da vedere
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come il precedente da vedere, per l'enorme caratterizzazione dei personaggi. Una situazione che sul finire rischia di mancare di credibilità per gli intrecci troppo contorti. Persino i piccoli attori sono bravissimi nel calarsi nelle non facili situazioni.
Consigliato a chi già conosce il cineasta e ne ama il tocco profondo.
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astromelia
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venerdì 29 novembre 2013
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assolutamente splendido
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altra incredibile prova di questo immenso regista,film che nonostante la complessità del tema mi ha assorbito fin dall'inizio e che attira l'attenzione eliminando qualsiasi distrazione esterna,era da tempo che un movie non mi lasciava entusiasta come questo,non trovo difetti di sceneggiatura anzi e comunque bravissimi attori perfetti nella parte,non smetterò di elogiarlo,già UNA SEPARAZIONE mi aveva convinto appieno e questo è la conferma,non serve il cast unltrastellare ne storie fantascientifiche per apprezzare un'opera,regista e cast ,compreso sceneggiatura ineguagliabile hanno fatto già tutto!capolavoro
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pepito1948
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giovedì 28 novembre 2013
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il passato, non pietra ma matassa
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Sgombriamo il campo da un pregiudizio. L’ultima opera di Fahradi non è la continuazione di La separazione, come qualcuno sostiene. Primo, perché Il passato è un film franco-italiano ed è girato a Parigi, quindi lontano dall’Iran. Secondo, perché la ricorrenza del tema (fine di una coppia) è solo apparente, in quanto le due storie hanno sviluppi e contesti (anche cronologici) diversi. Terzo, nell’ultimo film mancano del tutto i riferimenti culturali del Paese natale del regista (fatta salva la comune provenienza dei due personaggi principali), laddove il film precedente abbonda di collegamenti, anche esteriori, con quella realtà.
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Sgombriamo il campo da un pregiudizio. L’ultima opera di Fahradi non è la continuazione di La separazione, come qualcuno sostiene. Primo, perché Il passato è un film franco-italiano ed è girato a Parigi, quindi lontano dall’Iran. Secondo, perché la ricorrenza del tema (fine di una coppia) è solo apparente, in quanto le due storie hanno sviluppi e contesti (anche cronologici) diversi. Terzo, nell’ultimo film mancano del tutto i riferimenti culturali del Paese natale del regista (fatta salva la comune provenienza dei due personaggi principali), laddove il film precedente abbonda di collegamenti, anche esteriori, con quella realtà. Tuttavia un nesso di parentela c’è: i due film “sono come fratello e sorella…nascono uno dietro l’altro, hanno personalità indipendenti ma fanno parte della stessa famiglia”, spiega l’Autore. Che, interessato al vissuto di un distacco tra due coniugi, ha voluto sperimentare in questo dittico cinematografico il passaggio del focus dal momento in cui tale distacco avviene e si dipana a quello successivo in cui i due si rivedono dopo anni per formalizzare il divorzio. Ottica dinamica non solo sul piano cronologico ma anche esistenziale, che essendosi aggiunto al passato della coppia un ulteriore passato della ex coppia, pone la domanda che sottende tutto il film: come incide il passato (complessivo) su un presente frammentato e gravido di problemi, nella prospettiva di dissipare le molte ombre accumulatesi nel tempo nel rapporto tra i due e nella vita di ciascuno di essi?
Il fine di Farhadi non è quello di dare risposte –ed infatti il finale è volutamente aperto- ma dissezionare chirurgicamente la complessa risultante del passato per mostrarne tutti i risvolti e le ramificazioni che aggrovigliano l’oggi, su cui l’ autore non si esprime, rimandando agli spettatori ogni giudizio. L’esito di tale operazione è tutt’altro che semplice perché, come dice il regista: “il passato in realtà non esiste, esiste la nostra visione del passato, la nostra interpretazione soggettiva” e pertanto la ricomposizione dei pezzi, a distanza di anni, diventa problematica. Il passato, da pietra da soppesare, diventa una matassa da sbrogliare.
Per rappresentare filmicamente tutto questo, Fahradi complica la vicenda affollandola di personaggi in qualche modo imprescindibili: nell’incontro, per una mera formalità, con la ex moglie Maria nella casa parigina dove questa vive, Ahmed si trova invischiato in una rete di rapporti interdipendenti (bambini non suoi, il compagno di lei ed una sua inserviente) in cui non gli è consentito limitarsi ad un ruolo passivo; i suoi affetti, il senso di solidarietà e protezione, il peso del passato e le connesse esigenze di chiarificazione lo spingono ad intervenire sull’intrico dei rapporti ed a fare emergere una dirompente verità, aprendo un varco verso possibili soluzioni. Tra i due, ormai divorziati, la nebbia sembra diradarsi, lei si riappropria del ruolo di madre e di amante, lui, con qualche peso in meno e qualche certezza in più, riprende l’aereo per la nativa Teheran….
La vicenda, che dall’iniziale confronto (e conflitto) psicologico tra i personaggi vira verso l’investigazione a suspance, appare un po’ discontinua, e questo crea qualche cesura nella fluidità del racconto, ma Fahradi è bravo nel delineare situazioni e movimenti dei personaggi con la solita eleganza e scrupolosa cura dei dettagli, caratteristica in linea peraltro con la tradizione iraniana delle miniature e delle pennellate filiformi degli artisti di quel Paese, come da lui stesso ricordato. Ne risulta un film forse non all’altezza del precedente, ma comunque prezioso e ben recitato da un cast in cui spicca Berenice Bejo, premiata a Cannes, che, in un ruolo ad alto tasso di drammaticità, non fa rimpiangere l’attrice di prima scelta, la connazionale Marion Cotillard.
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[+] concordo e non-concordo
(di zoom e controzoom)
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[+] davvero?
(di francesco2)
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flyanto
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martedì 26 novembre 2013
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come le azioni influiscano in modo determinante
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Film in cui si racconta di una donna che si rincontra in Francia con l'ex marito iraniano, ormai ritornato nel suo paese di origine, al fine di firmare le carte definitive per il loro divorzio. La donna, che ha due figlie da una precedente relazione a questo suo passato matrimonio con un uomo ora in Belgio, nel frattempo si è rifatta una vita legandosi nuovamente ad un uomo marocchino con un bambino e la moglie in coma in ospedale. Quando l'ormai ex-marito soggiorna brevemente nell' abitazione dell'ex-moglie come ospite, non può fare a meno di constatare e soprattutto di venire coinvolto nella grande confusione di sentimenti e rapporti per lo più ostili, almeno sino a quel momento, che vigono nella casa Le figlie, soprattutto la maggiore, si rivelano ancora affettuosamente molto legate all'ex-marito della madre, il bambino del nuovo compagno, invece, con una sorta di rabbia e rancore nei confronti di tutti per la lontananza forzata dalla propria madre che deve subire, si dimostra in un primo momento ostile ed in un secondo conquistato.
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Film in cui si racconta di una donna che si rincontra in Francia con l'ex marito iraniano, ormai ritornato nel suo paese di origine, al fine di firmare le carte definitive per il loro divorzio. La donna, che ha due figlie da una precedente relazione a questo suo passato matrimonio con un uomo ora in Belgio, nel frattempo si è rifatta una vita legandosi nuovamente ad un uomo marocchino con un bambino e la moglie in coma in ospedale. Quando l'ormai ex-marito soggiorna brevemente nell' abitazione dell'ex-moglie come ospite, non può fare a meno di constatare e soprattutto di venire coinvolto nella grande confusione di sentimenti e rapporti per lo più ostili, almeno sino a quel momento, che vigono nella casa Le figlie, soprattutto la maggiore, si rivelano ancora affettuosamente molto legate all'ex-marito della madre, il bambino del nuovo compagno, invece, con una sorta di rabbia e rancore nei confronti di tutti per la lontananza forzata dalla propria madre che deve subire, si dimostra in un primo momento ostile ed in un secondo conquistato. Insomma, una moltitudine di incomprensioni, rancori, ripicche e rinfacciamenti che sicuramente minano fortemente la serenità della futura nuova famiglia, peraltro in fase di ingrandirsi per la futura nascita del bimbo che la protagonista aspetta dal nuovo compagno. E da qui,attraverso le vicende presenti e soprattutto passate la storia si dipana portando alla luce le azioni ed i reali episodi accaduti all'interno di quella famiglia allargata. Questa pellicola costituisce la terza opera (almeno a noi giunta) cinematografica del regista iraniano Asghar Farhadi dopo l'egregio "About Elly" ed il giustamente premiato conl'Oscar "Una separazione". Ed anche qui, come in quest'ultimo, ma con un'ambientazione diversa (nel precedente la trama si svolgeva in Iran e qui invece in Francia) e con una inizialmente più complicata struttura familiare, il regista rappresenta nuovamente la tematica del divorzio e di quello che comporta su tutti i familiari, figli in primis. Infatti, egli pone sempre l'accento sul disagio e sulla sofferenza e su eventuali squilibri che i bambini od adolescenti devono subire e soffrire a seguito delle discordie dei propri genitori e del loro conseguente divorzio. Farhadi non condanna i genitori le cui motivazioni della propria separazione sembra comprendere e comunque profondamente analizzare attraverso i minuziosi e ben costruiti dialoghi, ma ovviamente non può fare a meno di non porre loro tutta la gravosa responsabilità del disagio e del malessere provocati alla propria prole. Ed ancora una volta egli si dimostra non solo acuto osservatore delle dinamiche sentimentali di coppia ma soprattutto profondo psicologo nel sapere cogliere l'essenza degli animi, della natura, delle personalità e delle debolezze degli individui, in particolare, appunto, di un uomo e di una donna che non andando più d'accordo decidono di lasciarsi definitivamente. E per tutte le situazioni, i suoi protagonisti dovranno fare i conti, come tutti gli esseri umani del resto, con le proprie azioni e comportamenti passati che costituiscono ciò che determina il presente e la sua responsabilità. Insomma, "Il Passato" costituisce un' ulteriore conferma della maestria di Farhadi, contribuendo a candidare la sua opera nuovamente all'Oscar come miglior film straniero nel 2014 ed un encomio deve essere sicuramente indirizzato anche ai tutti gli eccellenti protagonisti della pellicola. Bérénice Bejo in primis che si conferma l' ottima attrice già conclamata in "The Artist", Tahar Rahim, già notevolmente apprezzato ne "Il Profeta", nella parte del nuovo compagno, ed Ali Mosaffa in quello dell'ex-marito. Da non sottovalutare nemmeno deve essere la giovane Pauline Burlet nel ruolo della disagiata e tormentata figlia maggiore Lucie. Insomma, se non un capolavoro (per i più esigenti), quasi. E comunque, da non perdere assolutamente.
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