Il passato

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Un film di Asghar Farhadi. Con Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa, Pauline Burlet, Elyes Aguis.
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Titolo originale Le passé. Drammatico, durata 130 min. - Francia, Italia 2013. - Bim Distribuzione uscita giovedì 21 novembre 2013. MYMONETRO Il passato * * * 1/2 - valutazione media: 3,74 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

il passato, non pietra ma matassa Valutazione 3 stelle su cinque

di pepito1948


Feedback: 125 | altri commenti e recensioni di pepito1948
giovedì 28 novembre 2013

Sgombriamo il campo da un pregiudizio. L’ultima opera di Fahradi non è la continuazione di La separazione, come qualcuno sostiene. Primo, perché Il passato è un film franco-italiano ed è girato a Parigi, quindi lontano dall’Iran. Secondo, perché la ricorrenza del tema (fine di una coppia) è solo apparente, in quanto le due storie hanno sviluppi e contesti (anche cronologici) diversi. Terzo, nell’ultimo film mancano del tutto i riferimenti culturali del Paese natale del regista (fatta salva la comune provenienza dei due personaggi principali), laddove il film precedente abbonda di collegamenti, anche esteriori, con quella realtà. Tuttavia un nesso di parentela c’è: i due film “sono come fratello e sorella…nascono uno dietro l’altro, hanno personalità indipendenti ma fanno parte della stessa famiglia”, spiega l’Autore. Che, interessato al vissuto di un distacco tra due coniugi, ha voluto sperimentare in questo dittico cinematografico il passaggio del focus dal momento in cui tale distacco avviene e si dipana a quello successivo in cui i due si rivedono dopo anni per formalizzare il divorzio. Ottica dinamica non solo sul piano cronologico ma anche esistenziale, che essendosi aggiunto al passato della coppia un ulteriore passato della ex coppia, pone la domanda che sottende tutto il film: come incide il passato (complessivo) su un presente frammentato e gravido di problemi, nella prospettiva di dissipare le molte ombre accumulatesi nel tempo nel rapporto tra i due e nella vita di ciascuno di essi?
Il fine di Farhadi non è quello di dare risposte –ed infatti il finale è volutamente aperto- ma dissezionare chirurgicamente la complessa risultante del passato per mostrarne tutti i risvolti e le ramificazioni che aggrovigliano l’oggi, su cui l’ autore non si esprime, rimandando agli spettatori ogni giudizio. L’esito di tale operazione è tutt’altro che semplice perché, come dice il regista: “il passato in realtà non esiste, esiste la nostra visione del passato, la nostra interpretazione soggettiva” e pertanto la ricomposizione dei pezzi, a distanza di anni, diventa problematica. Il passato, da pietra da soppesare, diventa una matassa da sbrogliare.
Per rappresentare filmicamente tutto questo, Fahradi complica la vicenda affollandola di personaggi in qualche modo imprescindibili: nell’incontro, per una mera formalità, con la ex moglie Maria nella casa parigina dove questa vive, Ahmed si trova invischiato in una rete di rapporti interdipendenti (bambini non suoi, il compagno di lei ed una sua inserviente) in cui non gli è consentito limitarsi ad un ruolo passivo; i suoi affetti, il senso di solidarietà e protezione, il peso del passato e le connesse esigenze di chiarificazione lo spingono ad intervenire sull’intrico dei rapporti ed a fare emergere una dirompente verità, aprendo un varco verso possibili soluzioni. Tra i due, ormai divorziati, la nebbia sembra diradarsi, lei si riappropria del ruolo di madre e di amante, lui, con qualche peso in meno e qualche certezza in più, riprende l’aereo per la nativa Teheran….
La vicenda, che dall’iniziale confronto (e conflitto) psicologico tra i personaggi vira verso l’investigazione a suspance, appare un po’ discontinua, e questo crea qualche cesura nella fluidità del racconto, ma Fahradi è bravo nel delineare situazioni e movimenti dei personaggi con la solita eleganza e scrupolosa cura dei dettagli, caratteristica in linea peraltro con la tradizione iraniana delle miniature e delle pennellate filiformi degli artisti di quel Paese, come da lui stesso ricordato. Ne risulta un film forse non all’altezza del precedente, ma comunque prezioso e ben recitato da un cast in cui spicca Berenice Bejo, premiata a Cannes, che, in un ruolo ad alto tasso di drammaticità, non fa rimpiangere l’attrice di prima scelta, la connazionale Marion Cotillard.

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zoom e controzoom lunedì 9 dicembre 2013
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molto interessante la disamina e mi piace molto, ma non concordo sulla valutazione finale.

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francesco2 venerdì 15 gennaio 2016
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Non sapevo che la prima scelta fosse stata Marion Cotillard...............Comunque bravissima Berenice Bejo

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