ashtray_bliss
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sabato 2 febbraio 2013
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cronaca narratta lucidamente e tutta al femminile.
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Zero Dark Thrity e' solo apparentemente un film maschile, sia per la tematica trattata che per l'interpretazione. Perche' dietro questo film monumentale c'e' una grande regista: una donna : Kathryn Bigelow. Solo lei poteva portare sulle scene in modo efficace la storia-cronaca di una delle caccie all'uomo piu' difficili e costose nonche' controverse del ultimo decennio. La controversia sta nel fatto che una intera nazione come gli Stati Uniti d'America si e' giocata tutto il suo prestigio e la sua immagine pubblica di paese democratico (e tollerante) con una prolungata e contestata guerra e, succesivamente, occupazione territoriale dei paesi del medio oriente (Afghanistan, Pakistan) ma sopratutto verso un criminale-fantasma: Osama Bin Laden.
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Zero Dark Thrity e' solo apparentemente un film maschile, sia per la tematica trattata che per l'interpretazione. Perche' dietro questo film monumentale c'e' una grande regista: una donna : Kathryn Bigelow. Solo lei poteva portare sulle scene in modo efficace la storia-cronaca di una delle caccie all'uomo piu' difficili e costose nonche' controverse del ultimo decennio. La controversia sta nel fatto che una intera nazione come gli Stati Uniti d'America si e' giocata tutto il suo prestigio e la sua immagine pubblica di paese democratico (e tollerante) con una prolungata e contestata guerra e, succesivamente, occupazione territoriale dei paesi del medio oriente (Afghanistan, Pakistan) ma sopratutto verso un criminale-fantasma: Osama Bin Laden. Per anni e' stato detto e scritto tutto su di lui: che in realta' non e' mai esistito, che era gia' morto pochi anni dopo l'attacco alle torri gemelle (World Trade Center), che viveva insieme ai gruppi di nomadi e che per questo ne avevano perso le traccie. Eppure tutti (in Occidente) continuavano a temerlo ed e' rimasto al top della lista dei nemici delle Nazioni Unite d'America. Una minaccia che gli USA hanno sempre voluto sconfiggere e che (probalimente) ci sono riusciti dopo 10 lunghissimi anni di ricerche e spionaggio.
Ed e' qui che nasce la vera trama del film, quella sorretta da Maya, una giovane agente dell'Intelligence la quale si dedica anima e corpo ad un unica causa: quella di trovare e uccidere Bin Laden. La questione diventa per Maya quasi una vendetta personale, un ossessione che le occupa tutto il tempo, i pensieri e le energie.
Cosi Maya, apparentemente donna fragile e anche sensibile (le smorfie di disgusto nelle prime scene delle torture verso il detenuto, ne sono prova lampante) inizia ha portare in superficie una tenacia e una forza di volonta inditruttibile. E per anni continuera a spostarsi tra gli Usa e il medio-oriente (Afghanistan, Pakistan) sempre piu' convinta di avvicinarsi al obbietivo da eliminare. Presenziando a torture, osservando ossessivamente video confessioni di detenuti, studiado foto di (presunti o meno) terroristi ricercati, e vendendo a contatto, lei insieme ad un piccolo team (di uomini), a corrieri e spie sul suolo Pakistano riesce a tracciare una teoria sul rifugio dove si sta nascondendo OBL, e che si rivelera' essere quella corretta.
Dopo molti tentativi falliti e molti anni di staticita' che l'Intelligence americana ha passato, Maya e' l'unica a non volersi arrendere alla cattura e uccisione di OBL, anche quando gli obbiettivi del governo americano sono cambiati: ora la priorita' non e' piu' trovare Bin Laden e gli altri membri di AlQaeda, bensi proteggere la nazione da nuovi ed eventuali attacchi terroristici. Ma Maya e' determinata a far valere la sua teoria e non solo, con la sua determinazione riuscira' ad imporsi ai suoi superiori e riuscira' ad ottenere la luce verde per dare il via ad una operazione di alto rischio e segretissima. Una operazione che come ammettono gli stessi partecipanti (e su tutti i Navy Seals) si basa solamente su ipotesi e teorie senza avere alcuna base concreta (se non la determinazione e la fiducia stessa di Maya nel progetto da portare avanti). L'operazione (nota come Geronimo) e' avvolta da un grande scetticismo e sfiducia ma viene comunque eseguita.
L'ultima mezzora del film e' sicuramente la piu' emozionante ed e' quella che ci fa assistere all'attacco programmato dai Navy Seals nel rifugio-fortezza di Bin Laden. Una sequenza buia ma carica di adrenalina ed emozioni nel assistere, quasi partecipare, all'irruzione nella casa, allo sterminio di tutti gli obbiettivi-maschi ed infine proprio di Bin Laden stesso.
Ma Zero Dark Thirty non lascia alcun spazio ai sentimentalismi o ai moralismi. Il tutto viene captato e narrato lucidamente, quasi in maniera documentaristica. La Bigelow non sconta nulla a nessuno, non imbellisce e nemmeno distorce la realta' dei fatti: propone scene di violenza, come le torture, e di massacro (le donne uccise durante l'attacco al rifugio di Bin Laden). Cosi come propone scene di normalita' nelle basi americani del Medio-oriente (i Navy Seals che giocano prima del raid, il comandante Dan che accarezza e scherza sulle sue scimiette).
Ma sopratutto e' un film visto da una prospettiva diversa, ovviamente quella di Maya, una donna vuota che fa' del obiettivo di cattura di Bin Laden (vivo o morto) l'unico scopo della sua esistenza (lei stessa affermera' ad un superiore di non aver contribuito in nessun altro modo per l'Intelligence). Maya e la caccia a Bin Laden sono due cose vitalmente conesse tra loro e inseparabili, l'esistenza di una include quella dell'altra.
Motivo per cui, portare a termine la missione (cattura e morte di OBL) decretera' anche il declino (professionale ed esistenziale) della stessa Maya. La morte fisica di Bin Laden equivale alla morte psicologica di Maya. La sua ossessione ora non ha modo di protrarsi nel tempo. Ecco a cosa si riferiscono le lacrime della protagonista nella sequenza finale. La commozione non si riferisce alla speranza o alla gioia di aver condotto una delle missioni piu' importanti (per gli USA) degli ultimi 10 anni, ma si riferiscono al proprio annientamento. Il vuoto che non potra' piu' essere colmato. La sete di vendetta che ora non ha piu' il suo oggetto. Maya e' ormai un'esistenza vuota.
Bravissimi gli interpreti, superba la regia. Un film dettagliato e documentato di una storia che doveva essere narrata (anche cinematograficamente). Lungo ma mai noioso, Zero Dark Thirty e' un film imperdibile.
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owanone
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domenica 27 gennaio 2013
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una bella spy story
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Si tratta di un film di cui si sa tutto ancor prima di andare a vederlo. Partendo ovviamente dagli eventi narrati e ormai parte della cronaca, l’attacco dell’11.09, la caccia dei governi USA per catturare gli organizzatori, fiancheggiatori e ideatore finale Osama Bin Laden. Oltre alla ‘polemica’ su eventuali rivelazioni da parte della regista K. Bigelow di segreti di Stato sull’intera operazione. Sarebbe impensabile per un regista Americano poter fare a meno del contributo dell’esercito USA per girare un film del genere per cui altro che rivelazioni. Il film inizia poi con la dicitura ‘Questo film è basato su informazioni di prima mano di eventi realmente accaduti’ tanto per dare una patina di veridicità alla storia che il film racconta.
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Si tratta di un film di cui si sa tutto ancor prima di andare a vederlo. Partendo ovviamente dagli eventi narrati e ormai parte della cronaca, l’attacco dell’11.09, la caccia dei governi USA per catturare gli organizzatori, fiancheggiatori e ideatore finale Osama Bin Laden. Oltre alla ‘polemica’ su eventuali rivelazioni da parte della regista K. Bigelow di segreti di Stato sull’intera operazione. Sarebbe impensabile per un regista Americano poter fare a meno del contributo dell’esercito USA per girare un film del genere per cui altro che rivelazioni. Il film inizia poi con la dicitura ‘Questo film è basato su informazioni di prima mano di eventi realmente accaduti’ tanto per dare una patina di veridicità alla storia che il film racconta. Come se non bastasse andare su Wikipedia e leggere tutto quello che il film ci racconta. Insomma tanti fattori che hanno come fine quello di attirare l’interesse dello spettatore a cui contribuisce anche il roboante lancio a tutte le candidature di prestigio del prossimo Oscar. E tutto fa supporre che siamo solo all’inizio di un nuovo filone quello di come-abbiamo-catturato-bin-laden, basterebbe citare il film meno conosciuto ‘Code Name Geronimo’. La storia si svolge nell’arco di 10 anni, dal 11.09 al 01.05.11 seguendo un piccolo gruppo di agenti incaricati di interrogare con la tortura i sospetti detenuti ed analisti incaricati di comporre l’enorme puzzle di informazioni per arrivare a OBL fra cui spicca Maya ( J. Chastain). Successi e insuccessi si susseguono e gli ultimi sono a volte tremendi come la bomba a Londra, quella contro il Marriott a Karachi e l’attacco suicida contro un fortino Usa in Afghanistan. Tuttavia il filo conduttore del film è la ricostruzione su come il team, grazie all’intuizione di Maya, riesca dopo una sfilza di pedinamenti, intercettazioni, interrogatori violenti ad arrivare all’ultimo anello, colui che ha accesso diretto al fortino di OBL ad Abottabad in Pakistan. Intanto si evidenzia l’impiego sistematico della tortura per estorcere informazioni e questo è un merito del film che dice in modo crudo e realistico che senza l’annichilimento fisico e psicologico del nemico non si sarebbe arrivato al risultato. Tuttavia l’opera appare più come un docu-drama, quelle ricostruzioni televisive con attori per ricreare un particolare evento effetto che impedisce allo spettatore di immedesimarsi coi personaggi descritti. Il film quindi scorre via come se fosse un documentario. Però si riscatta nell’ultima parte veramente cinematografica e cioè da quando Maya insiste coi vertici dell’amm.ne (bel cameo di J. Gandolfini nella parte di Leon Panetta) che OBL è veramente nascosto nel fortino e ovviamente nelle scene spettacolari dell’operazione Geronimo: l’attesa dei Seals, la preparazione, il trasferimento in elicottero e la presa del luogo con l’uccisione di OBL. In definitiva mi sento di affermare che questo film vada annoverato nel genere ‘spy story’ tanto per trovargli una collocazione al di fuori della storia straordinaria che vuole raccontarci. Vale la pena andarlo a vedere, non avrete nessun calo di tensione nonostante le due ore e mezza di durata grazie alle interpretazioni degli attori anche se affermo che pecca un po’ quella di J. Chastain monocorde e piatta per buona parte del film. Tuttavia è esagerato esaltare questo film fino a lanciarlo per gli Oscar, un buon film di certo ma non un capolavoro. Bilancio finale: i governi USA perdono alla grande se compariamo l’incredibile spesa sostenuta per prendere OBL a paragone di quanto speso dai cattivi e dai danni provocati. E chiudo dicendo a quando un film che ci racconti passo passo alla pari di Zero Dark Thirty come OBL organizzò l’attacco e di come si preparano i terroristi che sequestrarono gli aerei dell’attacco dell’11.09? Forse è troppo presto per i cineasti USA di raccontarci una sconfitta stelle e strisce.
BATTUTA CLOU: Il capo degli investigatori rivolgendosi ai medesimi dopo una serie negativa di risultati:
'Fate il vs lavoro del cazzo e portatemi gente da uccidere!!!!
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jaylee
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domenica 3 marzo 2013
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zero dark thirty – anatomia di un ossessione
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Così come il Vietnam ha scolpito ed indirizzato il filone cinematografico di guerra USA degli anni 70 e degli anni 80, così, l’11 settembre e le guerre in Iraq e Afghanistan che ne conseguirono sono stati l’inevitabile follow up a quel filone dell’ultima decade.
Zero Dark Thirty, rappresenta il secondo contributo di Kathrin Bigelow al genere dopo The Hurt Locker premiato con l’Oscar nel 2008 e , con tutta probabilità ne è uno dei momenti conclusivi. Uno dei migliori?
Maya, di cui non sapremo mai il cognome ed interpretata da Jessica Chastain, è un’analista militare della CIA e viene immediatamente assegnata al rintracciamento dei capi di Al Qaeda nel 2001.
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Così come il Vietnam ha scolpito ed indirizzato il filone cinematografico di guerra USA degli anni 70 e degli anni 80, così, l’11 settembre e le guerre in Iraq e Afghanistan che ne conseguirono sono stati l’inevitabile follow up a quel filone dell’ultima decade.
Zero Dark Thirty, rappresenta il secondo contributo di Kathrin Bigelow al genere dopo The Hurt Locker premiato con l’Oscar nel 2008 e , con tutta probabilità ne è uno dei momenti conclusivi. Uno dei migliori?
Maya, di cui non sapremo mai il cognome ed interpretata da Jessica Chastain, è un’analista militare della CIA e viene immediatamente assegnata al rintracciamento dei capi di Al Qaeda nel 2001. Vivrà la fase iniziale della furia vendicatrice dell’amministrazione Bush, con torture, prigioni, operazioni anche affrettate, e poi l’apparente disinteresse della gestione Obama, fino a che nel 2011, riuscirà a rintracciare Osama Bin Laden e a condurre alla sua cattura da parte di un gruppo di Navy Seals, 10 anni esatti dall’assegnazione del compito che lei sola avrà perseguito costantemente ed ossessivamente in quel periodo, tra dimissioni, assassinii, trasferimenti dei vari colleghi.
Zero Dark Thirty ha il pregio di non spettacolarizzare eccessivamente quello che sarebbe potuto essere una storia di Rambo del 21 secolo, e di concentrarsi su tutto quel lavoro minuzioso, invisibile e spesso dimenticato che sta dietro alle operazioni sul campo; da questo punto di vista, la scelta di una donna, isolata già all’inizio, e sempre più sola nella sua ricerca, come centro di gravità della trama, appare molto interessante e dona un tocco di originalità ad uno svolgimento di per sé non particolarmente sostenuto nel ritmo (se non nella mezzora finale). L’introspezione psicologica diventa dunque il punto focale, con l’incrollabile fede di Maya, che di fatto le annulla dieci anni di vita… tanto che quando le chiederanno dove vuole tornare una volta che la missione sarà finita, non sarà in grado di rispondere, ma di sciogliersi in un pianto silenzioso.
Dicevamo dunque: uno dei migliori film sul post 11 settembre? Difficile dirlo. In generale, questo filone non ha prodotto quei capolavori che caratterizzavano la Guerra in Vietnam, da Apocalypse Now, a Full Metal Jacket, Platoon, Il Cacciatore… Così come altre produzioni della Bigelow, l’impatto visivo è notevole, e buonissima è la cura dei dettagli, quasi una vivisezione di un’ossessione individuale, ma la trama risulta essere alla fine ridondante. 2 ore e 37 in questo caso francamente eccessive, con una parte centrale spesso ripetitiva. Con l’eccezione della protagonista Jessica Chastain, davvero molto brava ed intensa, e di Mark Strong (che, sua cinematografia alla mano, sembra che voglia battere il record di presenzialismo in film negli ultimi due anni, quasi sempre in parti eticamente ambigue, se non proprio del cattivo), il resto del cast è ugualmente piatto e con volti troppo televisivi, istantaneamente dimenticabili… Kyle Chandler, Joel Edgerton, Jason Clarke, persino James Gandolfini “scompare” nonostante la mole.
In definitiva: si tratta di un buon film, ed ottimamente confezionato, ma è francamente sopravvalutato dalla critica (come, ci dispiace doverlo dire, tutta la cinematografia della Bigelow… probabilmente essere stata la ex moglie di James Cameron ha i suoi vantaggi), inferiore, ad esempio, ad un Redacted di Brian De Palma, del quale ne recupera qualche stilema documentaristico, e in tema di Guerra del Golfo (anche se pre-11 settembre) a Jarhead di Sam Mendes. Anche The Hurt Locker, sempre della Bigelow e a mio avviso sopravvalutato vincitore di un Oscar come Miglior Film, comunque rimane una pellicola migliore.
Si fa vedere, ma non si fa amare. (www.versionekowalski.it)
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donni romani
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sabato 26 gennaio 2013
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emozione pura e cronaca dura
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Che Kathryn Bigelow non sia intimidita da progetti spinosi lo dimostra il suo precedente "The Hurt Locker", ma questa volta con "Zero Dark Thiry" (le "ore piccole" della notte, quelle in cui si sferrano gli attacchi a sorpresa in ambito militare) va oltre e nel rendere conto dei dieci anni di indagini per individuare ed uccidere Osama Bin Laden confeziona un film che è sì cronaca, ma è anche, e profondamente, cinema, con una protagonista femminile che si muove a disagio ma coraggiosamente nell'orrore dello spionaggio e della tortura e non perde mai di vista il proprio obiettivo, opponendo il suo istinto alle statistiche e alle percentuali di Washington, e lavorando con tenacia e dedizione contro l'ottusa ostinazione di alcuni superiori.
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Che Kathryn Bigelow non sia intimidita da progetti spinosi lo dimostra il suo precedente "The Hurt Locker", ma questa volta con "Zero Dark Thiry" (le "ore piccole" della notte, quelle in cui si sferrano gli attacchi a sorpresa in ambito militare) va oltre e nel rendere conto dei dieci anni di indagini per individuare ed uccidere Osama Bin Laden confeziona un film che è sì cronaca, ma è anche, e profondamente, cinema, con una protagonista femminile che si muove a disagio ma coraggiosamente nell'orrore dello spionaggio e della tortura e non perde mai di vista il proprio obiettivo, opponendo il suo istinto alle statistiche e alle percentuali di Washington, e lavorando con tenacia e dedizione contro l'ottusa ostinazione di alcuni superiori. Maya - l'intensa, superba Jessica Chastain, sempre struccata e mai tanto bella, candidata favoritissima all'Oscar per la Miglior Interpretazione Femminile - è una giovane agente della Cia inviata in Pakistan per seguire le indagini dell'Intelligence in seguito all'attentato dell'11 Settembre. La caccia a Bin Laden è priorità assoluta e nessun metodo è bandito, compresa la tortura dei prigionieri cui Maya assiste inorridita ma senza opporsi, consapevole del suo ruolo e dei limiti che la Storia impone agli esseri umani. Passeranno dieci anni prima che una flebile traccia, caparbiamente inseguita da Maya, porti uno spiraglio nel muro di omertà, violenza, tradimenti e perdite che è divenuta la lotta ad Al Qaeda. E si arriva così alla notte del 2 Maggio 2011 in cui le squadre speciali dei Navy Seals faranno irruzione in una casa blindatissima in Pakistan e uccideranno Bin Laden in una lunghissima sequenza (circa quaranta minuti), girata quasi interamente al buio, di rara intensità e bellezza. Il finale in sordina, solitario e senza enfasi, con una solitaria lacrima ad accompagnare il solitario rientro in patria di Maya, dà la misura del rigore del film mai spettacolare ma sempre spettacolarmente equilibrato, misurato, compendio di umana frustrazione e legittima fiducia nel proprio lavoro. Le scene che non si dimenticano sono tante, l'impatto forte di alcuni confronti, la preparazione della "battaglia" da parte dei soldati, il telefono muto di Maya mentre una sua collega viene uccisa, e la scelta della Bigelow di concentrarsi sull'indagine senza mai alzare lo sguardo dal'universo "lavoro" rende la pellicola un labirinto claustrofobico da cui si può uscire solo trovando la strada giusta, niente scorciatoie - fuor di metafora niente scene che allentino la tensione, niente storie d'amore, niente battute, nessun momento spensierato o privato - scelta coraggiosa e vincente nel costruire un tunnel dove la velocità accelera man mano che ci si avvicina all'uscita, come il battito del cuore, come l'emozione che a sorpresa un film tanto rigoroso riesce ad evocare. Lontani i tempi in cui Kathryn Bigelow veniva definita "la moglie di James Cameron" si conferma una tra le registe più sensibili, più lucide e più appassionate del panorama statunitense.
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lucblaks
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domenica 10 febbraio 2013
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e ora dove andiamo?
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Devo ancora riassumere consapevolezza dopo quello che ho visto. Anzi no scusate vissuto. Si perchè se si va al cinema con l'intento di "vedere" Zero Dark Thirty se ne esce indubbiamente insoddisfatti. Partendo dal presupposto che adoro la Bigelow. La adoro con tutto me stesso. Per due semplici motivi: il primo è perchè è sincera. E' sincera sotto tutti i punti di vista. Utilizza una precisione e una fedeltà dei fatti veramente accaduti con una capacità di sintesi a dir poco incredibile e ,soprattutto,invidiabile.Secondo,ma non meno importante,è perchè ha,perdonate il termine,le palle. Kathryn Bigelow,regista donna,ha le palle.
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Devo ancora riassumere consapevolezza dopo quello che ho visto. Anzi no scusate vissuto. Si perchè se si va al cinema con l'intento di "vedere" Zero Dark Thirty se ne esce indubbiamente insoddisfatti. Partendo dal presupposto che adoro la Bigelow. La adoro con tutto me stesso. Per due semplici motivi: il primo è perchè è sincera. E' sincera sotto tutti i punti di vista. Utilizza una precisione e una fedeltà dei fatti veramente accaduti con una capacità di sintesi a dir poco incredibile e ,soprattutto,invidiabile.Secondo,ma non meno importante,è perchè ha,perdonate il termine,le palle. Kathryn Bigelow,regista donna,ha le palle. Sicuramente più del suo ex marito James Cameron.
Racconta la verità senza aver paura,se continuate a chiedervi perchè la nomination come miglior regista non l'ha ricevuta quest'anno eccovi la risposta, e quando si presenta una critica che è necessario fare contro il suo paese lei non esita a farlo. Questa si chiama coerenza e non è da tutti,basta guardare Lincoln per capirlo. Ma qui non stiamo parlando della Bigelow stiamo parlando del suo nuovo capolavoro. Innanzi tutto le accuse che sono state fatte contro questo film sono del tutto infondate. "La Bigelow giustifica la tortura" questo è stato detto. Ma vi sembra mai possibile? Raccontare dei fatti realmente accaduti ormai è un crimine? Membri dell'Academy Award hanno minacciato di boicattare il film in fase di voto. Vi chiedo una cosa. Non ascoltate tutte queste persone. Perchè hanno semplicemente paura. Voi pensate solo al film. Già perchè il film in di per se è quello che io, e spero tutti i comuni mortali,chiamano capolavoro indiscusso. La prova di tutti gli attori è impeccabile ma vengono tutti oscurati dalla bravura eccelsa della sua attrice protagonista Jessica Chastain. La sua Maya,ossessionata dalla cattura di Bin Laden,che badate bene, oltre ad essere quello che è,nel film è come se rappresentasse l'anima nera della protagonista,non segue nessuna evoluzione. Entra a far parte della missione che è un vero e proprio "Killer" come viene definita da molti suoi colleghi,incapace di legare qualsiasi rapporto umano, alla fine ne esce distrutta. La morte di Bin Laden era quello per cui lei pensava di essere stata "risparmiata" a differenza dei suoi compagni deceduti nella missione, e da quando il cuore del terrorista ha smesso di battere in un certo senso ha fatto lo stesso il cuore di Maya. Alla battuta finale che le viene posta "E ora dove andiamo?" la protagonista cede alle sue lacrime. E' qui che la Chastain eccelle. Ha capito fino in fondo chi sta interpretando e unisce a un pianto di sollievo un altro di disperazione perchè lei effettivamente non sa più "dove andare". Un'interpretazione del genere,se l'Oscar viene assegnato a Jennifer Lawrence potrò dire che l'Academy è ormai corrotta,non può che essere stata guidata da una strabiliante regia. Di Kathryn Bigelow abbiamo gia parlato esaurientemente quindi passiamo al suo compagno sia sulla vita,sia sul lavoro, Mark Boal. Sceneggiatore del film e anche del precedente della Bigelow,The Hurt Locker, Boal fa un lavoro straordinario. Con le sue doti da giornalista,il suo vero lavoro,scrive delle battute studiate per mettere in risalto il carattere della protagonista che non possono che risultare plausibili agli occhi dello spettatore. Colonna sonora aghiacciante,ripetitiva,ma al punto giusto, capace di suscitare emozioni molto forti. La scena della cattura infine è qualcosa che il cinema non ha mai avuto l'onore di avere,finora. Con la fedeltà già citata all'inizio,la regista Californiana mette in piedi mezzora di pura adrenalina, la cui gran parte girata abilmente con gli stessi strumenti notturni dell'esercito.
"And the Oscar goes to...Zero Dark Thirty" in un mondo più onesto forse.
Ora lasciamo spazio a film come Lincoln...
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rosolino48
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giovedì 14 febbraio 2013
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da vedere!!
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Film eccellente, avvincente, senza nessuna concessione alla retoricaautocelebrativa (che spesso trasuda abbondante nei film americani), piuttosto un ritratto realistico dei retroscena della caccia al terrorista più ricercato dove, più che la organizzazione della Cia (che qui ha molti dubbi pronta a scaricare la responsabilità sui livelli intermedi in caso di un successo dell'operazione che qui pare tutt'altro che scontato) ha vinto la pervicacia di alcuni miltari che, spesso, si sono trovati soli quando lo scenario politico-militare pareva avere altre priorità rispetto a quelle della caccia a Osama. Se vi piacciono i film d'azione, suspence e gli intrighi internazionali, questo è il Vs. film.
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Film eccellente, avvincente, senza nessuna concessione alla retoricaautocelebrativa (che spesso trasuda abbondante nei film americani), piuttosto un ritratto realistico dei retroscena della caccia al terrorista più ricercato dove, più che la organizzazione della Cia (che qui ha molti dubbi pronta a scaricare la responsabilità sui livelli intermedi in caso di un successo dell'operazione che qui pare tutt'altro che scontato) ha vinto la pervicacia di alcuni miltari che, spesso, si sono trovati soli quando lo scenario politico-militare pareva avere altre priorità rispetto a quelle della caccia a Osama. Se vi piacciono i film d'azione, suspence e gli intrighi internazionali, questo è il Vs. film. Da non perdere!!
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filippo catani
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lunedì 18 febbraio 2013
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una spy story d'autore
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Dopo i tragici attentati dell'11 settembre 2001, la Cia si mette sulle tracce dei terroristi responsabili della strage e di quello che definiscono subito il loro nemico numero 1 e cioè Osama Bin Laden. Dopo un lunghissimo lavoro di intelligence, durato per anni, le indagini porteranno al corriere di Bin Laden e alla sua residenza.
Partiamo subito dal dato di fatto che, come si è soliti dire, la storia viene scritta dai vincitori per cui la prospettiva dalla quale viene inquadrata la vicenda è ovviamente quella americana. Quì però troviamo subito il primo dei tanti aspetti positivi; il film non è un inno all'americanismo o al machismo. Infatti se si fosse voluto puntare su questo aspetto bastava chiamare un Statham qualsiasi e imbottire il film di slogan sulla difesa della pace del mondo e così via.
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Dopo i tragici attentati dell'11 settembre 2001, la Cia si mette sulle tracce dei terroristi responsabili della strage e di quello che definiscono subito il loro nemico numero 1 e cioè Osama Bin Laden. Dopo un lunghissimo lavoro di intelligence, durato per anni, le indagini porteranno al corriere di Bin Laden e alla sua residenza.
Partiamo subito dal dato di fatto che, come si è soliti dire, la storia viene scritta dai vincitori per cui la prospettiva dalla quale viene inquadrata la vicenda è ovviamente quella americana. Quì però troviamo subito il primo dei tanti aspetti positivi; il film non è un inno all'americanismo o al machismo. Infatti se si fosse voluto puntare su questo aspetto bastava chiamare un Statham qualsiasi e imbottire il film di slogan sulla difesa della pace del mondo e così via. La Bigelow sta bene alla larga da questa trappola che un film insidioso come questo le poteva far subito scattare alle caviglie decidendo di puntare sul lavoro di intelligence che ha portato al raggiungimento dell'obbiettivo. Per fare questo si mostrano successi e fallimenti e ovviamente si mostra come (purtroppo) spesso si sia ricorsi alla tortura e alle prigioni segrete per avere informazioni. Il tutto viene presentato in maniera neutra senza accuse o giustificazioni per lasciare il giudizio allo spettatore (il punto è infatti controverso e ha creato divisioni tra i presenti in sala con alcuni che invece vi hanno visto una sorta di giustificazione o quantomeno sottomissione della politica a queste pratiche). Un altro aspetto importante è il racconto della storia da un punto di vista femminile (la regista) con protagonista una donna (una splendida Chastain) che sacrifica tutta se stessa e tutta la sua vita privata per inseguire una intuizione e cercare di farsi accettare da un mondo completamente composto da uomini. Bella anche la ricostruzione finale "in tempo reale" del blitz nell'abitazione di Bin Laden. Insomma un film ben fatto, con una solida sceneggiatura e che lascia soddisfatto lo spettatore contemporaneo che ha assisstito allo svolgersi delle vicende in questi anni e che lo stimola a continuare a seguire gli eventi in corso.
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shanks
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venerdì 15 febbraio 2013
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la celebrazione della riflessione
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Il binomio Bigelow-Boal continua il proprio egregio lavoro basato sulla "dedizione che diventa ossessione".
Se nel precedente The hurt locker un artificiere dell'esercito americano si sentiva vivo al centro di operazioni militari, in Zero dark thirty, Maya, giovane agente della CIA fresca di scuola, fa della cattura e dell'uccisione del principe del terrore la propia condanna di vita. Basato su fatti realmente accaduti, la pellicola sfreccia veloce e godibile fino alla fine, nonostante racconti di una snervante caccia ai fantasmi, fatta di dialoghi, nomi impronunciabili, scrivanie, uomini in giacca e cravatta ed uno stile crudo ed asciutto che fa arricciare il naso.
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Il binomio Bigelow-Boal continua il proprio egregio lavoro basato sulla "dedizione che diventa ossessione".
Se nel precedente The hurt locker un artificiere dell'esercito americano si sentiva vivo al centro di operazioni militari, in Zero dark thirty, Maya, giovane agente della CIA fresca di scuola, fa della cattura e dell'uccisione del principe del terrore la propia condanna di vita. Basato su fatti realmente accaduti, la pellicola sfreccia veloce e godibile fino alla fine, nonostante racconti di una snervante caccia ai fantasmi, fatta di dialoghi, nomi impronunciabili, scrivanie, uomini in giacca e cravatta ed uno stile crudo ed asciutto che fa arricciare il naso. Certo, quest'ultimo è un punto di forza; poca spettacolarizzazione ripresa in modo sporca, allegoria di un mondo scuro e buio e azione al minimo; come nel precedente lavoro, la regista spinge lo spettatore a riflettere sulla psicologia del giusto/non giusto. Il risultato? pregevole. Ma non ci sono giusti. Ne vincitori ne vinti. Ognuno compie il proprio sporco dovere.
Punto debole della narrazione, la scelta di dividere l'opera in capitoli (ma forse era necessario), schematizzando il film tramite dei titoli per sottolineare l'importanza del momento.
La maestosa Jessica Chastain, unica donna in un mondo popolato da uomini, è ormai una inarrestabile certezza; quella sua capacità di parlare con lo sguardo nei tormenti di chi sa ma non può fare, le permette di alzare l'asticella ogni volta compaia sullo schermo. Il ruolo ricorda la Claire Danes televisiva di Homeland, solo meno alla deriva, sempre salda sulla strada maestra.
Un capitolo della Storia da non dimenticare. O forse si.
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[+] film duro e di grande qualità.
(di antonio montefalcone)
[ - ] film duro e di grande qualità.
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stefano pariani
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venerdì 15 febbraio 2013
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una ragione di vita e una responsabilità etica
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E' l'11 settembre 2001 e il mondo cambia per sempre. Cambia anche la vita di Maya, una giovane donna americana della CIA, che comincia a dare la caccia ai principali responsabili dell'attentato, in maniera sempre più intensa e sempre più coinvolta. Per dieci anni, tra attentati, sconfitte e perdite, fino alla cattura di Bin Laden, sola in un mondo di uomini e di logiche di potere. Con uno stile limpido e a tratti documentaristico, Kathryn Bigelow firma un film "virile", che regge benissimo le sue due e mezzo, con una coinvolgente narrazione che intreccia la Storia con le storie dei suoi protagonisti, con la storia di Maya, una tostissima Jessica Chastain, che, a dispetto del volto diafano e fragile, vive il suo personaggio con forza e caparbietà, con rabbia e sofferenza scolpite nell'anima.
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E' l'11 settembre 2001 e il mondo cambia per sempre. Cambia anche la vita di Maya, una giovane donna americana della CIA, che comincia a dare la caccia ai principali responsabili dell'attentato, in maniera sempre più intensa e sempre più coinvolta. Per dieci anni, tra attentati, sconfitte e perdite, fino alla cattura di Bin Laden, sola in un mondo di uomini e di logiche di potere. Con uno stile limpido e a tratti documentaristico, Kathryn Bigelow firma un film "virile", che regge benissimo le sue due e mezzo, con una coinvolgente narrazione che intreccia la Storia con le storie dei suoi protagonisti, con la storia di Maya, una tostissima Jessica Chastain, che, a dispetto del volto diafano e fragile, vive il suo personaggio con forza e caparbietà, con rabbia e sofferenza scolpite nell'anima. La sua missione alla fine diventerà una ragione di vita e una responsabilità etica da portare avanti ad ogni costo. L'ultima parte del film, in cui si seguono le dettagliate manovre che hanno portato all'uccisione di Bin Laden, mostra sequenze da antologia per abilità registica e suspence da brividi. Una riflessione sugli ultimi anni di storia americana (e non solo). Candidato a cinque premi Oscar, incluso miglior film, meriterebbe di vincerne quanti possibile.
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muttley72
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martedì 19 febbraio 2013
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film documentaristico: non è "the hurt locker"
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Il film della Bigelow (che tanto ho atteso) è bello, ma non come possono sperare i patiti dell'azione adrenalinica.
Il motivo è presto detto: essendo un film che, dichiaratamente, cerca di ricostruire i reali eventi che hanno condotto alla morte di Osama Bin Laden per come realmente si sono svolti (o come gli USA dicono che si sono svolti), non si poteva aggiungere nella sceneggiatura "elementi aggiuntivi", che avrebbero snaturato la natura "documentaristica" del film. Il clima che si "respira" in questo film è, per capirci, simile a quello dei film tipo "Munich" (che narrava le operazioni del Mossad israeliano contro i terroristi palestinesi dopo l'attentato alle Olimpiadi di Monaco).
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Il film della Bigelow (che tanto ho atteso) è bello, ma non come possono sperare i patiti dell'azione adrenalinica.
Il motivo è presto detto: essendo un film che, dichiaratamente, cerca di ricostruire i reali eventi che hanno condotto alla morte di Osama Bin Laden per come realmente si sono svolti (o come gli USA dicono che si sono svolti), non si poteva aggiungere nella sceneggiatura "elementi aggiuntivi", che avrebbero snaturato la natura "documentaristica" del film. Il clima che si "respira" in questo film è, per capirci, simile a quello dei film tipo "Munich" (che narrava le operazioni del Mossad israeliano contro i terroristi palestinesi dopo l'attentato alle Olimpiadi di Monaco).
La differenza tra un film "(liberamente) ispirato ai fatti" ed un film che "ricostruisce gli eventi avvenuti" non è da poco. In tal caso essendo gli eventi segreti, nessuno saprà mai il grado di veridicità della versione dataci dagli USA, ma il film si basa fedelmente su tale versione, senza ulteriori "ricami" nella sceneggiatura.
Il film dura molto e solo nella parte finale (quella dell'operazione puramente militare) regala momenti di azione (con i Navy Seals): non che il resto della pellicola sia soporifero, ma è più che altro un film spy-thriller (fatto di interrogatori, intelligence, investigazioni, pedinamenti, lotte tra i vari livelli di comando della CIA, escalation di attentati terroristici a cui far fronte). La protagonista è una agente donna della CIA che cura un filone di indagine che poi si rivelerà quello giusto....
Per i fatti sopra detti "Zero dark thirty" non è paragonabile a "The Hurt locker" (più avvincente e spettacolare), poichè quest'ultimo, pur essendo molto credibile in ogni dettaglio, è pur sempre una storia liberamente "sceneggiata" (e sugli artificieri!) e che non deve quindi attenersi a fatti storici.
Fatte queste premesse il film è curato, credibile, realistico, ma "essenziale" e (vista la sua notevole lunghezza) mai noioso.
Chi non ama i film di "intelligence"/"spy story" (quelli fatti di pedinamenti, indagini, interrogatori, ore piccole passate sulla scrivania, foto segnaletice, ecc) farà bene a non cimentarsi nella visione, perchè dovrà "reggere" per 2 ore e mezza...(o per 2 ore, se leviamo l'ultima mezz'ora che più "movimentata").
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