vittorio
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sabato 13 marzo 2010
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profondo!!
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Film sull'inutilità della guerra, sulla stupidità del genere umano.....Ottima storia, profonda, con dei buoni dialoghi e delle belle interpretazioni.
Da vedere!!
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lindo
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martedì 2 marzo 2010
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lento
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2 stelle solo per la verità che racconta il film, per il resto è lento e noioso. giusto i primi 15 minuti sono abbastanza movimentati,ma dopo si cade in una profonda ricerca, che anche se non scontata, bastava dire " è andata così", mentre il protagonista si dilunga per poi cadere in tentazione.
un'altro flop per l'attore Colin Farrell.
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paola di giuseppe
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sabato 28 novembre 2009
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lontani i tempi di robert capa!
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Triage vuol dire smistamento dei soggetti infortunati in base alla gravità delle loro condizioni.
I colori dei codici utilizzati nel film si riducono a giallo,e si viene curati,blu e il dottore del campo di guerra pratica una veloce eutanasia con un colpo di pistola per impedire inutili sofferenze, visto che di accanimento terapeutico,in quelle condizioni,non si può davvero parlare.
Ambientato nella prima parte nel Kurdistan in guerra con l’Iraq di Saddam verso la fine degli anni ’80, a Dublino nella seconda,Tanovic porta sullo schermo un romanzo di Scott Anderson per il quale ha nutrito,pare, un’ammirazione tale da convincerlo a recedere dal proposito dichiarato di non girare più film sulla guerra.
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Triage vuol dire smistamento dei soggetti infortunati in base alla gravità delle loro condizioni.
I colori dei codici utilizzati nel film si riducono a giallo,e si viene curati,blu e il dottore del campo di guerra pratica una veloce eutanasia con un colpo di pistola per impedire inutili sofferenze, visto che di accanimento terapeutico,in quelle condizioni,non si può davvero parlare.
Ambientato nella prima parte nel Kurdistan in guerra con l’Iraq di Saddam verso la fine degli anni ’80, a Dublino nella seconda,Tanovic porta sullo schermo un romanzo di Scott Anderson per il quale ha nutrito,pare, un’ammirazione tale da convincerlo a recedere dal proposito dichiarato di non girare più film sulla guerra.
Dei due fotoreporter di guerra,solo uno,Mark,torna dalla moglie,ma in condizioni psicofisiche preoccupanti.Dell’altro, David,partito prima perché disgustato dallo scenario di guerra e desideroso di tornare dalla moglie che sta per partorire,non si sa più nulla.
Solo l’intervento dello psicanalista,nonno della moglie, scioglierà il nodo del segreto rimosso nel fondo della psiche di Mark e porterà allo svelamento finale.
I tempi di No Man’s Land sono lontani anni luce da questo film,lì il plot era intrigante,il paradosso della guerra messo a nudo con sarcasmo tenne al riparo da enfasi e lacrime,qui no, c’è tanto di già detto,e meglio,e di scontato e melodrammatico da far dire ad una Aspesi particolarmente in vena “E se si tornasse ai vecchi tempi in cui i Berretti Verdi combattevano,almeno sullo schermo,una guerra bella,nel senso che,vincendola,la facevano finire e gli spettatori andavano a casa contenti?”
Come non concordare di fronte al proliferare continuo di film che ci raccontano che la guerra non è bella e che fa tanto male?
“Solo i morti hanno visto la fine della guerra."dice mesto Platone nella didascalia finale.
"Il modo più veloce,per porre fine ad una guerra,è perderla" risponderebbe Orwell.
Ad ogni modo, la prima parte del film ha una sua cruda forza, soprattutto per merito di Branko Djuric, il dottor Talzani (il sanguigno Ciki di No Man’s Land)che passa fra i resti umani col suo camice imbrattato di sangue e distribuisce cartellini gialli e blu con l’indifferenza di un arbitro di calcio.
Si occupa lui stesso della soluzione finale quando è il momento,tant’è che,tra i ferri del mestiere,figura una pistola che pulisce accuratamente come un bisturi.
Straniante,sarcastico,l’unico momento vero del film.
Il resto è un centone di luoghi comuni a cui approdano malinconicamente le buone intenzioni del regista.
Sul tema dell’occhio fotografico applicato a scenari di guerra,scottante dicotomia fra realtà e sua rappresentazione,i due protagonisti non lasciano il segno,mentre prevale il versante psicanalitico che si aggroviglia su sè stesso,con scarsa efficacia e incomprensibile deriva sul motivo del recupero e della purificazione dei criminali del regime franchista.
In effetti non si riesce a capirne il nesso col film,e Cristopher Lee,vecchio psicanalista in odore di fascismo proprio per la sua attività in quell’ambito ai bei tempi, non aiuta molto.
Sono lontani i tempi di Robert Capa e delle sue ardite incursioni fra verità e leggenda.
La foto del miliziano colpito a morte nei pressi di Cordoba nel 1936,durante la guerra civile spagnola, geniale falso di un fotografo che scriveva con le immagini come uno scrittore,ci racconta la guerra molto meglio.
«Se la leggenda supera la verità, stampa la leggenda» disse bene una volta Johnn Ford
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ludusrob86
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sabato 28 novembre 2009
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guerra e psicologia
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Prima di sedermi al Cinema l'unica cosa che conoscevo del Film era la sua locandina (in cui vi è il protagonista con una macchina fotografica in mano).
Senza svelare eccessivamente la trama o i suoi contenuti il film racconta la vita, i traumi e le paure di un fotoreporter, Mark (collin farrel), che torna a casa dopo aver documentato i conflitti in curdistan del 1988.
La storia è composta da due temi principali: una parte del film racconta in maniera nuda e cruda gli orrori che la guerra porta con se, l'altra parte del film è incentrata invece sul protagonista e di come ciò che ha visto nella sua vita di fotoreporter ha lacerato il suo inconscio.
Mark per riuscire a superare i suoi traumi e poter vivere in serenità dovrà superare la paura di raccontarli e di affrontarli con le persone che ama.
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Prima di sedermi al Cinema l'unica cosa che conoscevo del Film era la sua locandina (in cui vi è il protagonista con una macchina fotografica in mano).
Senza svelare eccessivamente la trama o i suoi contenuti il film racconta la vita, i traumi e le paure di un fotoreporter, Mark (collin farrel), che torna a casa dopo aver documentato i conflitti in curdistan del 1988.
La storia è composta da due temi principali: una parte del film racconta in maniera nuda e cruda gli orrori che la guerra porta con se, l'altra parte del film è incentrata invece sul protagonista e di come ciò che ha visto nella sua vita di fotoreporter ha lacerato il suo inconscio.
Mark per riuscire a superare i suoi traumi e poter vivere in serenità dovrà superare la paura di raccontarli e di affrontarli con le persone che ama.
Il percorso che Mark fa all'interno della storia risulta coerente; il viaggio che percorrerà nel suo inconscio appasiona notevolemente lo spettatore che vedrà il protagonista in diverse situazioni: nelle zone di guerra, nell'area del campo medico (da questa zona deriva il titolo del film: Il metodo del "Triage" è utilizzato innanzitutto all'arrivo di tutti i pazienti in Pronto Soccorso, dove l'accesso alle cure non avviene sulla base dell'ordine di arrivo ma sulla gravità delle loro condizioni. fonte Wikipedia), e nella sua vita di tutti i giorni a casa sua in Irlanda.
Nel complesso sono rimasto contento della scelta. Il film non risulta mai scontato ne pesante da guardare, crea una giusta dose di drammaticità e riesce a far riflettere lo spettatore su ciò che sta accadendo nella storia. A tratti risulta un po' superficiale poichè non approfondisce abbastanza i profili di alcuni personaggi che compaiono (ad esempio le figure della fidanzata di Mark e di suo nonno non vengono sviluppati in maniera sufficente e ciò tende a far si che la vicenda risulti poco concreta e credibile). La ricostruzione storica dei fatti però è semplice ed immediata e ti inserisce direttamente nel contesto in maniera chiara.
Vi consiglio la visione :)
Roberto.
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