gianluca78
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sabato 11 giugno 2011
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toccante affresco sentimentale
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La vita di due conviventi, sconvolta dalla perdita di certezze materiali, e sentimentali, raccontata con estrema sensibilità e abilità visiva.Soldini, entra nella vita di tutti i giorni, e penetra con forza nell'animo di noi tutti, dissolvendo certezze e minando punti fermi, del cuore.
Senza eccedere, stilisticamente, ma con la fermazza di colui, la vita sa che sapore ha.Semplicemente, affidandosi alla duttilità di Antonio Albanese( Straordinario), e all'eccellente bravura di Margherita Buy ( Dolce e Intensa),ad una sceneggiatura corposa e mai banale e ad una luce visiva che ci vuol comunicare, la nascita di una nuova vita, dopo la tempesta.
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enzo70
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lunedì 15 agosto 2016
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un bel modo per raccontare un dramma attuale
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Soldini trova il meglio di tirare fuori il meglio da Margherita Buy e Antonio Albanese, con un film che rappresenta in maniera esemplare l’attualità. Michele è un imprenditore di successo felicemente sposato con Elsa, che si è appena laureata in storia dell’arte. Ma dietro una vita solida e felice si nasconde il baratro della perdita del lavoro e così per la coppia si apre una nuova vita, del tutto priva delle certezze del passato. Michele entra gradualmente in depressione, un uomo a cinquant’anni senza un lavoro e con una famiglia ed un padre malato di Alzheimer da mantenere non sono una cosa semplice. E mentre Michele sprofonda Elsa, all’inizio apparentemente fragile, tira fuori tutto il carattere che serve, va a lavorare in un call center e accetta un posto da segretaria.
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Soldini trova il meglio di tirare fuori il meglio da Margherita Buy e Antonio Albanese, con un film che rappresenta in maniera esemplare l’attualità. Michele è un imprenditore di successo felicemente sposato con Elsa, che si è appena laureata in storia dell’arte. Ma dietro una vita solida e felice si nasconde il baratro della perdita del lavoro e così per la coppia si apre una nuova vita, del tutto priva delle certezze del passato. Michele entra gradualmente in depressione, un uomo a cinquant’anni senza un lavoro e con una famiglia ed un padre malato di Alzheimer da mantenere non sono una cosa semplice. E mentre Michele sprofonda Elsa, all’inizio apparentemente fragile, tira fuori tutto il carattere che serve, va a lavorare in un call center e accetta un posto da segretaria. E nel finale i problemi non si risolveranno, ma la coppia comprende di aver trovato la via giusta. Un film che nella sua essenzialità riesce a raccontare un dramma che molti europei vivono quando perdono il lavoro passato il mezzo del cammin di nostra vita. Ottimi i due protagonisti.
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serena z
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martedì 30 ottobre 2007
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quando rimane poco poco
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Quando rimane poco poco
Non è un film scontato ma una storia che non riesce ad andare oltre la caduta libera del protagonista maschile nella depressione. Cosa capita d'altronde quando i ruoli saltano in frantumi all'interno della coppia? Quando lui è Dio Padre a fornire protezione, soldi, coccole, feste di laurea, più soldi e tirate de orecchie, a fare il bello e il cattivo tempo, ma all'improvviso tutto scoppia? Quando lei si fa illuminare beatamente dalla Grazia e non contesta neanche i modi villani del Padre che per futili motivi caccia la Figlia di casa? Il problema, come posto da Soldini, rimane sempre in superficie: troppo "buono" lui, troppo contenuta lei. Ci si aspettano i botti, i fuochi di artificio di lei, ad esempio, perché lui non si chiede il suo parere neanche per fare un buco nel muro della cucina.
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Quando rimane poco poco
Non è un film scontato ma una storia che non riesce ad andare oltre la caduta libera del protagonista maschile nella depressione. Cosa capita d'altronde quando i ruoli saltano in frantumi all'interno della coppia? Quando lui è Dio Padre a fornire protezione, soldi, coccole, feste di laurea, più soldi e tirate de orecchie, a fare il bello e il cattivo tempo, ma all'improvviso tutto scoppia? Quando lei si fa illuminare beatamente dalla Grazia e non contesta neanche i modi villani del Padre che per futili motivi caccia la Figlia di casa? Il problema, come posto da Soldini, rimane sempre in superficie: troppo "buono" lui, troppo contenuta lei. Ci si aspettano i botti, i fuochi di artificio di lei, ad esempio, perché lui non si chiede il suo parere neanche per fare un buco nel muro della cucina... ma niente! Ci sono inoltre diversi particolari studiati male: quale è il tempo del film? Sempre inverno? Assolutamente no! Allora perché dormono sempre con la trapunta pesante? E poi ci si chiede: ma Soldini ha mai conosciuto un imprenditore? Questo qui è troppo sprovveduto! Come ha fatto a fare i soldi prima? Vendendo margheritine? Insomma, film poco convincente, lontano anni luce da Pani e tulipani e Agata e la tempesta, forse più vicino a Brucio nel vento. Meglio attendiamo la prossima commedia!!!
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[+] le reazioni degli altri
(di luca)
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diomede917
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giovedì 15 novembre 2007
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le nuvole di genova
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Michele e Elsa sono una coppia come tante in Italia, lui è il responsabile di produzione di una fabbrica nautica a Genova fatta nascere da lui e lei è una bellissima donna amante della storia dell'arte tant'è che il film inizia con la sua laurea a 40 anni compiuti.
Ma finita la gioia della festa iniziano le lacrime di verità, Michele da due mesi è stato buttato fuori dalla sua stessa ditta e da quel momento inizia una discesa negli inferi della disoccupazione.
Soldini confeziona un film che si allontana dai precedenti, prediligendo la strada del concreto con questa camera a mano che segue le angosce dei due protagonisti.
Due sono le vere intuizioni del regista: la prima è ambientare il film all'interno di una plumbea Genova la città giusta per il titolo e la seconda narrare le vicissitudini di due appartenenti al cosiddetto ceto medio per i quali la discesa è lenta e graduale ma decisamente molto dolorosa.
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Michele e Elsa sono una coppia come tante in Italia, lui è il responsabile di produzione di una fabbrica nautica a Genova fatta nascere da lui e lei è una bellissima donna amante della storia dell'arte tant'è che il film inizia con la sua laurea a 40 anni compiuti.
Ma finita la gioia della festa iniziano le lacrime di verità, Michele da due mesi è stato buttato fuori dalla sua stessa ditta e da quel momento inizia una discesa negli inferi della disoccupazione.
Soldini confeziona un film che si allontana dai precedenti, prediligendo la strada del concreto con questa camera a mano che segue le angosce dei due protagonisti.
Due sono le vere intuizioni del regista: la prima è ambientare il film all'interno di una plumbea Genova la città giusta per il titolo e la seconda narrare le vicissitudini di due appartenenti al cosiddetto ceto medio per i quali la discesa è lenta e graduale ma decisamente molto dolorosa.
Gli interpreti fanno il resto con un Albanese in stato di grazia (da vedere la scena della carta da parati per capire) e una Margherita Buy più brava del solito lontana dal clichè della nevrotica che si infila addosso gli abiti di questa donna disperata ma molto forte, che ci regalano un finale sospeso ma ricco di speranza.
Voto 8
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[+] maccheddici?!?
(di anonimo892901)
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adriano
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domenica 28 ottobre 2007
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precaria realtà per il nuovo film di soldini
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Bel film. Storia minima, che sembra straniante e straniata se la si guarda con l'occhio di vede una cosa che non lo riguarda, invece è una storia reale oltre che realistica, accaduta a migliaia di persone prima del nostro Michele (Antonio Albanese). La perdita del lavoro, l'impossibilità e la difficoltà di trovarne uno qualificato, uno pari alle proprie aspettattive non è molto diverso dal dover scendere da una posizione manageriale ad una di livello inferiore, come accade a Michele appunto. E sempre come accade nella vita comune anche nel film il personaggio femminile, Elsa (Margherita Buy) si tira su le maniche e riesce con più decisione a rinunciare, per un po', alle sue aspirazioni per farsi obiettiva portatrice di realtà.
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Bel film. Storia minima, che sembra straniante e straniata se la si guarda con l'occhio di vede una cosa che non lo riguarda, invece è una storia reale oltre che realistica, accaduta a migliaia di persone prima del nostro Michele (Antonio Albanese). La perdita del lavoro, l'impossibilità e la difficoltà di trovarne uno qualificato, uno pari alle proprie aspettattive non è molto diverso dal dover scendere da una posizione manageriale ad una di livello inferiore, come accade a Michele appunto. E sempre come accade nella vita comune anche nel film il personaggio femminile, Elsa (Margherita Buy) si tira su le maniche e riesce con più decisione a rinunciare, per un po', alle sue aspirazioni per farsi obiettiva portatrice di realtà. Ma dalla realtà non si sfugge, dalla psicologia non c'è scampo così, come è sicuramente successo a molti dei precari trovatisi senza arte né parte in un mondo che richiede solo schiavi, soprattutto se di una certa generazione lavorativa, la perdita di lavoro, l'assenza di lavoro, diventa perdita di sé, perdita di affetti, sentimenti, amore. Perdita di stima. Perdita d'amore. Ricerca nel nuovo. Sono i tre punti, le tre maglie di una catena a cui non si sfugge. Che danno il tempo all'amore nel precariato. A Soldini sfugge un cenno un nuovo cenno di realtà trattando dei ruoli all'interno della coppia, alle difficoltà del moderno amore precario. La parità di ruoli non esiste e in fondo Soldini ci dice che il ruolo dell'uomo, anche visto da una donna forte e preparata, dev'essere comunque quello di un "più forte", di procacciotore di economia forse, comunque del portatore di un ruolo talmente definito dalla storia che, quando viene meno, fa sgretolare la vita del "maschio". In questa ottica possiamo dire trattarsi d'analisi di coppia borghese, ma se di "coppia borghese" ha ancora qualche vago senso parlare oggi non ne parlerei per questo film che, mi ripeto, ha in sé la luce del reale.
Da notare il ruolo della macchina da presa. Soldini la usa per darci le emozioni dei personaggi, per leggere nelel rughe delle loro ansie e paure. Per farci sentire socrrere le incertezze sulle pupille una dopo l'altra. In fondo il paeseaggio, Genova, il mare, sono puro corollario e credo si possa dire che per tutto il film la distazna media di osservazioni si aggiri intorno al metro. In questo modo vediamo una regia che serve gli attori e i personaggi, che si fa cameriere emozionale per restituire alla storia narrata il suo medium ideale.
E non so in quatni abbiano colto poi l'omaggio a Scorsese. Quando la figlia di Michele ed Elsa va via sbattendo la porta, Albanese pronucia la battutta "Alice non abita più qui" bellissimo rimando al film del 1974 al quale Soldini deve sicuramente qualcosa.
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serena z
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giovedì 22 novembre 2007
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l'imprenditore/reggista sprovveduto
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Facciamo il profilo dell'imprenditore cui nel 2007 è sfuggito che gli aspetti produttivi, se non vendono, vanno a finire male? Un imprenditore che aspetta a far fuori tutti i soldi rimasti per parlarne alla moglie? Che parla con il socio soltanto per fare a botte? Aggiungiamo un piccolo particolare: perché non si vede neanche come è finita la vendita della casa? Lei non ha avuto niente da obiettare? Era casa sua, d’altronde. E lui non può davvero fare causa ai soci che l'hanno estromesso perché aveva ipotecato le sue proprietà per salvare l’azienda e bisognava aspettare, stando a quanto detto dall'avvocato??? Molto strano veramente! Direi quasi inconcepibile… In una situazione del genere chiunque avrebbe sfoderato gli artigli per cercare di salvare il salvabile e farsi restituire la quota societaria con gli annessi e i connessi.
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Facciamo il profilo dell'imprenditore cui nel 2007 è sfuggito che gli aspetti produttivi, se non vendono, vanno a finire male? Un imprenditore che aspetta a far fuori tutti i soldi rimasti per parlarne alla moglie? Che parla con il socio soltanto per fare a botte? Aggiungiamo un piccolo particolare: perché non si vede neanche come è finita la vendita della casa? Lei non ha avuto niente da obiettare? Era casa sua, d’altronde. E lui non può davvero fare causa ai soci che l'hanno estromesso perché aveva ipotecato le sue proprietà per salvare l’azienda e bisognava aspettare, stando a quanto detto dall'avvocato??? Molto strano veramente! Direi quasi inconcepibile… In una situazione del genere chiunque avrebbe sfoderato gli artigli per cercare di salvare il salvabile e farsi restituire la quota societaria con gli annessi e i connessi. Ma bisognava lottare e a Soldini premeva soltanto di analizzare il crollo psicologico dei ruoli. Qui si confonde la tragedia della disoccupazione che colpisce l’Italia, con una storia partorita alla leggera. Bravi gli attori, nessuno lo mette in dubbio, ma la sceneggiatura è piena di strafalcioni. Direi che nemmeno si sono dati da fare per capire cosa sia una società a responsabilità limitata. Di imprenditori finiti male è piena la cronaca, ma per eccesso di “buonismo” non mi pare…
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[+] regista con una g
(di anonimo892901)
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[+] il tuo "strafalcione", invece, ha una "g di troppo
(di milomar)
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[+] senza esperienza
(di giada)
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ginevra
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domenica 4 novembre 2007
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un'opportunità sprecata
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Questo film poteva raccontare due storie: o quella di Michele, un piccolo borghese che scopre attraverso la perdita del suo lavoro che non è il lavoro a identificare un uomo e che luiè decisamente qualcosa di più, oppure la storia di un piccolo borghese un po' sciocco (ma dico come si fa a restare senza stipendio da un'azienda di cui possiedi un terzo del capitale?) e molto vuoto che una volta perso il lavoro perde se stesso e non si ritrova più. Se avessimo visto la prima storia avremmo potuto avere un nuovo modello di cinquant'enne, che poteva dare un esempio utile a tutti i giovani laureati vittime di quel lavoro precario che tanto spaventa i loro genitori. Avremmo potuto sentire dentro di noi la forza di un ideale: tu non sei il tuo lavoro, cerca la tua vera identità e qualsiasi cosa ti accadrà nella vita sarai sempre felice.
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Questo film poteva raccontare due storie: o quella di Michele, un piccolo borghese che scopre attraverso la perdita del suo lavoro che non è il lavoro a identificare un uomo e che luiè decisamente qualcosa di più, oppure la storia di un piccolo borghese un po' sciocco (ma dico come si fa a restare senza stipendio da un'azienda di cui possiedi un terzo del capitale?) e molto vuoto che una volta perso il lavoro perde se stesso e non si ritrova più. Se avessimo visto la prima storia avremmo potuto avere un nuovo modello di cinquant'enne, che poteva dare un esempio utile a tutti i giovani laureati vittime di quel lavoro precario che tanto spaventa i loro genitori. Avremmo potuto sentire dentro di noi la forza di un ideale: tu non sei il tuo lavoro, cerca la tua vera identità e qualsiasi cosa ti accadrà nella vita sarai sempre felice. Peccato, ma quello che è VERGOGNOSO è vederli presentati come due da compatire perché senza soldi, non perché senza un'identità. E peccato perché Elsa si dà tanto da fare, ma poi dice al marito che lui non è come i suoi operai, che lui vale di più e così anziché aiutarlo lo affossa ancora di più. E il finale non è per niente consolatorio: senza di te non vado da nessuna parte! Ci credo, è l'unica persona che ti accetta per quella nullità che sei, una nullità che non è nemmeno in grado di capire che cosa sa fare. E pensare che i suoi operai cercano anche di indirizzarlo sulla strada giusta: ognuno di noi sa fare anche qualcos'altro oltre al suo lavoro. Ma Michele è sordo, rassegnato, disabituato alla semplicità. La laurea, la casa, la barca... e se tutto questo non c'è più cosa resta? Niente, perché l'uomo Michele non c'è. Peccato, un'opportunità sprecata...
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[+] ginevra mi vuoi sposare?
(di mattbirra)
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