g_andrini
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domenica 8 maggio 2016
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niente male.
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Il padre è sempre il padre... L'uomo è naturalmente aggressivo, per natura, è necessario contenerne l'impulsività. Mi è piaciuto, piuttosto crudo, ma efficace.
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vanessatalanta
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domenica 29 gennaio 2012
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un ammasso di luoghi comuni
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Uno dei film peggiori che abbia visto. Banale la regia, un'accozzaglia di stereotipi da romanzo d'appendice la sceneggiatura, terribili gli interpreti, a parte Colangeli, una perla in mezzo al letame e forse ingiustamente da me troppo apprezzata, se non altro come sollievo a una sera al cinema da dimenticare.
E che ci volevano ancora mettere in questa storia? Il ragazzo che lavora in carcere per contrappasso al padre delinquente, la madre che si è sacrificata per i figli seguita a ruota dalla sorella (che ne contìinua l'opera a favore del maschio), la minaccia di aborto della stessa, la fidanzata ricca col padre che tenta di corrompere il giovane duro e puro, il secondino sadico,la morte del vecchio.
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Uno dei film peggiori che abbia visto. Banale la regia, un'accozzaglia di stereotipi da romanzo d'appendice la sceneggiatura, terribili gli interpreti, a parte Colangeli, una perla in mezzo al letame e forse ingiustamente da me troppo apprezzata, se non altro come sollievo a una sera al cinema da dimenticare.
E che ci volevano ancora mettere in questa storia? Il ragazzo che lavora in carcere per contrappasso al padre delinquente, la madre che si è sacrificata per i figli seguita a ruota dalla sorella (che ne contìinua l'opera a favore del maschio), la minaccia di aborto della stessa, la fidanzata ricca col padre che tenta di corrompere il giovane duro e puro, il secondino sadico,la morte del vecchio... Nauseante e coerente come i cavoli a merenda la scena del regalo del cucciolo alla ragazza: ma neanche in Liala... Pasotti nelle sue corde espressive ha solo una gran mobilità del massetere(muscolo della guancia), l'unica cosa che si muove su quella faccia e il regista lo sa e lo inquadra sempre in modo che si noti bene.Poveretto, altro non può fare... La Cescon sarà brava in teatro ma è tutta una mossetta bamboleggiante e nei primi piani è noiosa e prevedibile come il suo personaggio. Futuri suoceri, conviventi, fidanzate superflui, fastidiosi e inutili quanto una stufa all'equatore. Uscire dalla sala è stato un sollievo, quasi avrei voluto far finta di non conoscermi, e le espressioni di molti spettatori mi dicevano lo stesso .. All'aperto, finalmente una bella boccata di aria fresca per dimenticare questa disgustosa aria salata.
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francesco gatti
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martedì 3 maggio 2011
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un finale che ti apre il cuore
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Il miglior film italiano da molto tempo a questa parte: una eccellente "opera prima" (si scrive così, e fa quasi tenerezza) di Alessandro Angelini, già assistente alla regia di Nanni Moretti in "aprile".
La storia, scritta a 4 mani con tale Angelo Carbone (già operatore carcerario, che io sappia): Giorgio Pasotti è un giovane operatore penitenziario, molto legato alla sorella (Monica Cescon, la ricordiamo in Primo Amore di Garrone), e fidanzato a metà con una ragazzetta della roma "bene", che si trova tra le mani la rieducazione di un carcerato "professionale": Sparti (Giorgio Colangeli, una vita a teatro, e da poco in "L'Amico di famiglia" e anni fa in "la Cena"), omicida affetto da attacchi di epilessia.
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Il miglior film italiano da molto tempo a questa parte: una eccellente "opera prima" (si scrive così, e fa quasi tenerezza) di Alessandro Angelini, già assistente alla regia di Nanni Moretti in "aprile".
La storia, scritta a 4 mani con tale Angelo Carbone (già operatore carcerario, che io sappia): Giorgio Pasotti è un giovane operatore penitenziario, molto legato alla sorella (Monica Cescon, la ricordiamo in Primo Amore di Garrone), e fidanzato a metà con una ragazzetta della roma "bene", che si trova tra le mani la rieducazione di un carcerato "professionale": Sparti (Giorgio Colangeli, una vita a teatro, e da poco in "L'Amico di famiglia" e anni fa in "la Cena"), omicida affetto da attacchi di epilessia.
Il buon Pasotti (prova matura e intensa, la sua: e siamo alla seconda consecutiva dopo "le Rose del deserto", che non si sputtani, please) tracolla quando realizza che lo sparti è nientemeno che suo padre, che abbandonò lui, la mamma e la sorella in concomitanza con il suo arresto.
Emergono quindi in tutti nuovi incubi e vecchi rancori, l'amore covato e la rabbia cieca: ognuno cerca di superare il lutto del padre nato due volte a modo suo. le verità vengono a galla ed in nodi arrivano al pettine.
Angelini è ottimo anche nel far vedere allo spettatore la deprimente realtà carceraria, lontana dalla rieducazione, e svincolata dalla retribuzione, senza perdersi però in atteggiamenti classificatori o pretese didascaliche.
Il finale, a sorpresa, ma non troppo, ti apre il cuore sulle note di una dolce canzone di Antony and the Johnsons.
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minamovies
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lunedì 22 febbraio 2010
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personaggio indimenticabile
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Ci sono film che puoi immaginare sintetizzati in una cosa sola: "L'aria salata" è negli occhi di Giorgio Colangeli. I suoi occhi blu sono il mare che non ha mai potuto attraversare davvero, la luce che non ha avuto, la famiglia che si è negato. Il rimorso, l'amarezza, la consapevolezza bruciante di aver buttato via la propria esistenza.
Questo attore, giustamente premiato con un david, è arrivato ad avere il ruolo della vota già anziano, ma ne è valsa la pena. Se al film dò tre stelle, alla sua interpretazione di stelle ne assegno cinque senza tentennamenti. Il personaggio è un personaggio molto doloroso, controverso, senza speranze. Per questo il film vale: ci sono vite buttate, non c'è solo la via di uscita consolante.
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Ci sono film che puoi immaginare sintetizzati in una cosa sola: "L'aria salata" è negli occhi di Giorgio Colangeli. I suoi occhi blu sono il mare che non ha mai potuto attraversare davvero, la luce che non ha avuto, la famiglia che si è negato. Il rimorso, l'amarezza, la consapevolezza bruciante di aver buttato via la propria esistenza.
Questo attore, giustamente premiato con un david, è arrivato ad avere il ruolo della vota già anziano, ma ne è valsa la pena. Se al film dò tre stelle, alla sua interpretazione di stelle ne assegno cinque senza tentennamenti. Il personaggio è un personaggio molto doloroso, controverso, senza speranze. Per questo il film vale: ci sono vite buttate, non c'è solo la via di uscita consolante. l'esistenza di quest'uomo è paurosamente infelice, eppure, e questo è ancora più struggente, di scorge nei suoi occhi un potenziale positivo, una vitalità, una scintilla che avrebbe potuto dare origine ad un'altra vita, se le cose fossero andate diversamente. I titoli di coda cantati da Anthony and the Johnson "Vorrei qualcuno che si occupasse di me quando muoio"..non fanno che colpire ancora più duro. Un film di enorme profondità. Pasotti, forse, non era abbastanza maturo, o forse la sua recitazione smozzicata (Muccino style)mi ha disturbata: non mi comunica naturalezza ma scarsa preparazione tecnica.
Il personaggio della sorella (l brava Cescon di Primo Amore di Matteo Garrone) poteva essere approfondito, assumendo più rilievo: messo così, il suo rifiuto del padre risulta categorico.
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generale
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domenica 26 luglio 2009
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luigi sparti
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Volevo porre una domanda,ma il nome del detenuto Luigi Sparti e' casuale o e' in riferimanto allo Sparti testimone chiave del processo per la strage di Bolognaa?
Che fine ha fatto il film che doveva interpretare il gande Gorgio Pasotti "A MANO ARMATA" sulla coppia di terroristi Fioravant-Mambro?
Rimango in attesa di risposte.
Grazie.
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gianluca stanzani
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venerdì 24 ottobre 2008
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padri e figli
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Fabio (Giorgio Pasotti), è un giovane educatore con la missione di aiutare i detenuti nel loro fragile reinserimento in società. Un giorno conoscerà Sparti (Giorgio Colangeli), un detenuto difficile, con alle spalle vent'anni di galera per omicidio e un passato reciso, in ogni coinvolgimento affettivo. Ma quel passato ritorna, in Fabio e con Fabio: suo figlio. All'inizio, accusandolo di aver voltato le spalle alla famiglia poi, a poco a poco, convincendosi a far di nuovo suoi quei legami spezzati. Coinvolgendo anche la sorella, che vede nell'uomo, soltanto una destabilizzazione ai propri equilibri quotidiani e alla propria serenità raggiunta. Sarà così anche per Sparti, incapace di reggere l'urto di quella svolta imprevista.
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Fabio (Giorgio Pasotti), è un giovane educatore con la missione di aiutare i detenuti nel loro fragile reinserimento in società. Un giorno conoscerà Sparti (Giorgio Colangeli), un detenuto difficile, con alle spalle vent'anni di galera per omicidio e un passato reciso, in ogni coinvolgimento affettivo. Ma quel passato ritorna, in Fabio e con Fabio: suo figlio. All'inizio, accusandolo di aver voltato le spalle alla famiglia poi, a poco a poco, convincendosi a far di nuovo suoi quei legami spezzati. Coinvolgendo anche la sorella, che vede nell'uomo, soltanto una destabilizzazione ai propri equilibri quotidiani e alla propria serenità raggiunta. Sarà così anche per Sparti, incapace di reggere l'urto di quella svolta imprevista. Regista al debutto, Alessandro Angelini affronta il tema dei figli e dei padri, sfruttando lo sfondo del carcere come mero strumento narrativo. Il film soprattutto di una crisi, di due individui che nella propria rudezza nascondono fragilità sommessamente sopite. Acclamazione per Giorgio Colangeli, premiato al 1° Festival Internazionale di Roma 2006, come migliore interprete maschile. Certo che Pasotti...
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mario ausoni
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mercoledì 23 aprile 2008
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la nostra valida celluloide
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decisamente un film riuscito, tanto per il ritmo (volutamente laconico, spezzato) quanto per il montaggio, e la sceneggiatura. l'unica manchevolezza forse la fotografia, non di ampio respiro, ma certamenete non tale da obnubilare la maestosità discreta di questo episodio. il regista, background da documentarista, incardina le scene con la solerzia di un chirurgo, con diligenza intelligente senza mai tracimare nel sentimentalismo, minaccia quantomai presente considerata la questione trattata del rapporto edipico padre-figlio. c'è classe gelida, non manierismo altisonante, scene in grado di coinvolgere lo spettatore senza ricorrere ad espediente pleonastici(musica, effetti, o riprese circense), riusciendo a strapparti una lacrima, e penetrare l'involucro del distacco senza menarti per il naso o surrettiziamente, lo fa perchè è tutto vero, è tutta carne ossa e sentimenti che si mescolano in groviglio, si trasformano in una morsa, in un pugno che ti arriva lancinante allo stomaco.
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decisamente un film riuscito, tanto per il ritmo (volutamente laconico, spezzato) quanto per il montaggio, e la sceneggiatura. l'unica manchevolezza forse la fotografia, non di ampio respiro, ma certamenete non tale da obnubilare la maestosità discreta di questo episodio. il regista, background da documentarista, incardina le scene con la solerzia di un chirurgo, con diligenza intelligente senza mai tracimare nel sentimentalismo, minaccia quantomai presente considerata la questione trattata del rapporto edipico padre-figlio. c'è classe gelida, non manierismo altisonante, scene in grado di coinvolgere lo spettatore senza ricorrere ad espediente pleonastici(musica, effetti, o riprese circense), riusciendo a strapparti una lacrima, e penetrare l'involucro del distacco senza menarti per il naso o surrettiziamente, lo fa perchè è tutto vero, è tutta carne ossa e sentimenti che si mescolano in groviglio, si trasformano in una morsa, in un pugno che ti arriva lancinante allo stomaco. ecco come ti lascia il film nell' imprevedibile epilogo. e credo che questo significa colpire nel segno.
rissolevato il cinema italiano tutto.....
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jay
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mercoledì 9 aprile 2008
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stupendo
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Sono andata a vedere il film..essendo stata educatrice per tanti anni, quotidianamente a contatto con realtà molto difficili..mi sono rivista nel protagonosta, nel suo essere frustrato dal lavoro che poi ti " inquina " la vita...ho visto la gente attorno a me rimanere a bocca aperta tutto il tempo..e poi la colonna sonora è a dir poco stupenda e struggente..
complimenti al regista che tra l'altro conosco e se mai dovesse leggere queste righe lo ringrazio per la su umiltà, semplicità che vedo tutta racchiusa in questo suo perfetto primo film..SPERO CE NE SIANO TANTI ALTRI..
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francesco
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venerdì 14 marzo 2008
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l'aria negata
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Il passato che ritorna e fa crollare il castello di carte di una vita in un film costruito sul ribaltamento, perche' l'educatore e' il figlio, il (ri)educato e' il padre. E cosi', Fabio gli insegna qualcosa in laboratorio, gli domanda dei suoi disegni, si preoccupa della sua salute. Come del resto e' destino di ogni figlio con ogni padre, al calar del sole. Ma qui si frantumano l'una contro l'altra due esistenze. Da una parte quella di Fabio, aspirante padre (regala i soldi per il futuro nipote), non ancora giunto a un legame 'forte' con la fidanzata (figlia di un personaggio di cui non si sente di andare fiero ma, in questo caso, a piede libero), costretto per anni a vivere di bugie sul destino di papa' (e invece a insegnare agli altri - vedi il bimbo in carcere - il coraggio della verita'), infine chiamato a ricomporre i pezzi della sua vita.
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Il passato che ritorna e fa crollare il castello di carte di una vita in un film costruito sul ribaltamento, perche' l'educatore e' il figlio, il (ri)educato e' il padre. E cosi', Fabio gli insegna qualcosa in laboratorio, gli domanda dei suoi disegni, si preoccupa della sua salute. Come del resto e' destino di ogni figlio con ogni padre, al calar del sole. Ma qui si frantumano l'una contro l'altra due esistenze. Da una parte quella di Fabio, aspirante padre (regala i soldi per il futuro nipote), non ancora giunto a un legame 'forte' con la fidanzata (figlia di un personaggio di cui non si sente di andare fiero ma, in questo caso, a piede libero), costretto per anni a vivere di bugie sul destino di papa' (e invece a insegnare agli altri - vedi il bimbo in carcere - il coraggio della verita'), infine chiamato a ricomporre i pezzi della sua vita. Dall'altra quella di Sparti, che scegliera' di non tornare in galera perche' là dentro viveva riscaldato dal rancore per una famiglia che pensava lo avesse abbandonato e 'fregato', ora dovrebbe 'solo' aspettare la liberta', sapendo che fuori c'e' addirittura un figlio pronto ad aiutarlo. Paradossalmente un peso eccessivo con cui convivere e intanto resistere alla cattiva salute e aspettare per gli anni ancora da scontare. Meglio chiudere i conti con una vita in cui non c'e' (mai stato?) bisogno di lui. Anche se non riesco a non pensare a un finale alternativo, con Sparti che sceglie la latitanza, dimostrandosi un'anima nera capace di fregare pure il figlio pur di salvare se stesso... Forse troppo 'black' per il nostro cinema...
Un film senza aria, che chiude di continuo gli attori in uno spazio angusto, come un carcere o un destino che ti chiede di chinare la testa per 'starci dentro'. E se alla fine Fabio trova il coraggio di dire 'E' mio padre', resta la prigionia di questa strana vita: in galera l'automobile devi fingere di guidarla, fuori devi pagarla anche se te la regalano.
Notevole Colangeli, faccia da film sulla banda della Magliana, da noir di borgata, da Dardenne all'italiana. Esce dal carcere e chiede di andare in un luogo affollato. Finisce in un centro commerciale a guardare vetrine. L'aria salata soffia in un mondo sinistro. Il nostro.
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chiari alessandro
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martedì 12 febbraio 2008
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guerra e pace
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Se non avessi la sensazione di usare un termine abusato, direi che è un’opera prima di notevole “spessore”; avendo però questo dubbio, dirò che si tratta di un esordio estremamente felice. Tema come minimo ostico: il film non parla infatti solo del difficile rapporto genitori – figli (che già di per se stesso può presentare notevoli difficoltà nell’essere sviscerato) ma di un padre omicida che abbandona totalmente i figli al loro disgraziato destino; fino a quando il fato (riusciremo mai a sapere se benedetto o maledetto?) li rimetterà di fronte dopo anni ed anni, avviando un duro confronto in cui l’amore filiale prevarrà su tutto. Finale triste in cui assistiamo al suicidio di chi aveva dovuto sopportare di sentirsi urlare in faccia una comprensibile rabbia ma che, dopo 20 anni, era finalmente riuscito anche ad avere il primo giorno di libertà condizionata e a “ritrovare” (anche in senso affettivo) i suoi cari; la vergogna però è forse più forte di tutto il resto.
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Se non avessi la sensazione di usare un termine abusato, direi che è un’opera prima di notevole “spessore”; avendo però questo dubbio, dirò che si tratta di un esordio estremamente felice. Tema come minimo ostico: il film non parla infatti solo del difficile rapporto genitori – figli (che già di per se stesso può presentare notevoli difficoltà nell’essere sviscerato) ma di un padre omicida che abbandona totalmente i figli al loro disgraziato destino; fino a quando il fato (riusciremo mai a sapere se benedetto o maledetto?) li rimetterà di fronte dopo anni ed anni, avviando un duro confronto in cui l’amore filiale prevarrà su tutto. Finale triste in cui assistiamo al suicidio di chi aveva dovuto sopportare di sentirsi urlare in faccia una comprensibile rabbia ma che, dopo 20 anni, era finalmente riuscito anche ad avere il primo giorno di libertà condizionata e a “ritrovare” (anche in senso affettivo) i suoi cari; la vergogna però è forse più forte di tutto il resto. Pasotti si riconferma attore ottimo e versatile.
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