Opera prima di Eugenio Cappuccio questo Volevo solo dormirle addosso è forse uno dei prodotti italiani più interessanti presentati alla 61° mostra di Venezia nella sezione “Mezzanotte”. Meno acclamato dei vari Placido e Mazacurati il film è arrivato senza troppe pretese e si è rivelato invece uno dei più intelligenti. Marco pressi ( un convincente Giorgio Pasotti ) è un giovane menager, addetto alla selezione e formazione del personale, incaricato dall’azienda di operare un brusco taglio sul personale: 25 colleghi devono essere licenziati senza scatenare crisi di pianto o scenate isteriche nocive all’immagine dell’azienda. Compito arduo quello affidato al brlillante Marco già alle prese con una vita privata confusa e una giovanissima compagna che rivendica attenzioni.
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Opera prima di Eugenio Cappuccio questo Volevo solo dormirle addosso è forse uno dei prodotti italiani più interessanti presentati alla 61° mostra di Venezia nella sezione “Mezzanotte”. Meno acclamato dei vari Placido e Mazacurati il film è arrivato senza troppe pretese e si è rivelato invece uno dei più intelligenti. Marco pressi ( un convincente Giorgio Pasotti ) è un giovane menager, addetto alla selezione e formazione del personale, incaricato dall’azienda di operare un brusco taglio sul personale: 25 colleghi devono essere licenziati senza scatenare crisi di pianto o scenate isteriche nocive all’immagine dell’azienda. Compito arduo quello affidato al brlillante Marco già alle prese con una vita privata confusa e una giovanissima compagna che rivendica attenzioni. Quello che sembra uscire è un ritratto della classica depressione da ”amministratore delegato” descritta per la prima volta nel ‘56 da William Whyte nella sua celebre opera “l’uomo dell’organizzazione”. La figura dipinta è quella di un uomo incolore (così come la grigia fotografia priva di chiaro scuri) sofferente di alessitimia, l’incapacà cioè di esprimere i propri sentimenti nella vita privata anche perché costretto ad indossare, per il compito ricoperto, una maschera di buonismo e ottimismo assai pesante. Il personaggio risulta tuttavia simpatico, il tono non si fa mai grave e drammatico; Cappuccio preferisce puntare sulla leggerezza e su un certo numero di gag efficaci (anche ripetitive) che tuttavia non gli impediscono di mantenere vivo un tema che rischiava altrimenti di risultatare freddo e noioso. Il film indaga una realtà più vicina di quanto si possa immaginare. Troppo spesso il lavoro e l’ambizione finiscono per oscurare i veri valori, rendono l’uomo incapace di provare sentimenti puri e sinceri…la semplicità si fa distante, l’amore un’ utopia. Questo accade a Marco Pressi e quel che è peggio è che è lui stesso a raccontacelo, la consapevolezza si fa via via più chiara mentre procede nella sua tranquilla e limpida narrazione off. Un ultimo sussulto di dignità sembra risollevarlo dal suo stato di “coma volontario”..in realtà, lui stesso ce lo fa sapere, la sua condizione esistenziale è destinata a non mutare. Guarda la sua fidanzata e sa che quello che vuole è solo..dormirle addosso.
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