paola di giuseppe
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mercoledì 7 aprile 2010
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contro il muro, contro i muri
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Gegen die wand, contro il muro, e il muro è quello contro cui si schianta la macchina di Cahit (Birol Unuel).
Se la caverà con un collare, qualche ammaccatura che quasi non si nota in uno chassis già abbastanza malandato che dimostra più dei 40 che ha, e un ricovero temporaneo in un reparto dove lo psichiatra di turno proverà a capire perché voleva uccidersi. Finirà con il consiglio di Cahit al medico di andare piuttosto lui in analisi.
Cahit non voleva uccidersi, in realtà, ha solo lasciato che la macchina andasse e non ha frenato, perché farlo? Déraciné senza approdi né paternità colte, nulla che faccia di lui un’icona alla James Dean o un maudit alla Bukowski, Cahit è solo un povero diavolo senza qualità, se non fosse per una speciale forma di tenerezza che emana, di fragilità insospettabile dietro quelle rughe e quel cipiglio.
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Gegen die wand, contro il muro, e il muro è quello contro cui si schianta la macchina di Cahit (Birol Unuel).
Se la caverà con un collare, qualche ammaccatura che quasi non si nota in uno chassis già abbastanza malandato che dimostra più dei 40 che ha, e un ricovero temporaneo in un reparto dove lo psichiatra di turno proverà a capire perché voleva uccidersi. Finirà con il consiglio di Cahit al medico di andare piuttosto lui in analisi.
Cahit non voleva uccidersi, in realtà, ha solo lasciato che la macchina andasse e non ha frenato, perché farlo? Déraciné senza approdi né paternità colte, nulla che faccia di lui un’icona alla James Dean o un maudit alla Bukowski, Cahit è solo un povero diavolo senza qualità, se non fosse per una speciale forma di tenerezza che emana, di fragilità insospettabile dietro quelle rughe e quel cipiglio.
Lei sì, invece, voleva uccidersi, Sibel, 20 anni e tanta voglia di vivere fuori dalle secche di una famiglia turca trapiantata in Germania, con padre che sembra il bisnonno di Bin Laden e il fratello maggiore integralista fino al midollo, sempre pronto ad inseguirla per strada e fracassarla di botte (scena ricorrente in tanto cinema da Gitai a Makhmalbaf).
Punto di convergenza fra i due è il suggerimento di Cahit a Sibel: le vene si tagliano per lungo, non come hai fatto tu, non serve a niente.
Emigranti di seconda, terza, forse quarta generazione, depressioni in corso, radici alle spalle che pesano e continuano a richiamare, regalandoci il ritorno a Istanbul di entrambi (ma è una Istanbul più che mai malinconica, in alcuni momenti anche paurosa nei vicoli della città vecchia) quando lui, dopo il matrimonio farsa che lei lo ha convinto a fare per liberarsi dai suoi, la cercherà proprio lì.
Sono passati anni e un po’ di galera.
In quel macello delle loro vite, che sembrano fatte apposta per incasinarsi ogni volta di più, tra bevute, sniffate e sesso senza senso, è arrivato a sorpresa l’amore, bello, grande e disperato, come conviene in questi casi.
Ora che i demoni hanno abbandonato Cahit, e tornare fra quei colori, quelle luci, in quel mare sarebbe un riprendere a vivere perché il matrimonio era una farsa, ma l’amore no, ora lei non può più seguirlo, una figlia, un marito, la vita che passa e va e sotto lo stesso ponte non scorre mai la stessa acqua.
L’ultima immagine di Cahit sfuma riflessa dal finestrino dell’autobus che lo riporta al suo paese, in una zona interna della Turchia.
Fatih Akin mescola commedia e dramma, aumenta gradualmente la tensione e porta alla catarsi.
Riesce bene a farlo, gli interpreti sono perfettamente integrati e complementari l’uno all’altra, c’è il modo tipico di Akin di pensare ad un mondo da un’altra sponda, far sentire disagio e appartenenza, volontà di integrazione e marginalità, difficile incontro di culture ma possibile, purchè si affidi anche alla musica il compito di conciliarle.
Il coro commenta sulla riva del Bosforo, mentre il tramonto indora i minareti della moschea di Solimano alle sue spalle.
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mattymaina
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venerdì 14 novembre 2008
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la sposa turca
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Un bel film tedesco che cerca di raccontare la realtà, spesso dura, della condizione femminile turca anche al di fuori dei confini della loro terra di origine. Un film che fa riflettere. Un film degno di essere visto. E degno di tesserci una riflessione sopra prima di giudicare nuovamente gli immigrati che siedono al nostro fianco sull'autobus.
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mario conti
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giovedì 26 giugno 2008
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una turca che profuma di buon film
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Negli occhi di una città vibrano i destini. Negli occhi dei protagonisti lampeggiano furori di autodistruzione. Un coro canta e contrappunta gli snodi, sulla riva del Bosforo, luogo di antica bellezza e civiltà, sull'acqua tranquilla, solcata da gabbiani, che passa e va, incurante, senza tempo. Il determinismo di questa pellicola non concede ammiccamenti al lieto fine. Un quadro perfetto di annullamenti cercati e rinnegati, una danza nervosa e drogata di ferite fisiche e morali. Non c'è spazio per l'amore, almeno nei suoi tempi essenziali e naturali. L'amore arriva quando non lo cerchi, se e perchè non te ne poni il problema, vivido e scottante come la fiamma di un altare rovesciato. E quando l'amore arriva, non c'è più tempo, essendo già stato consumato nell'ansia di vivere, o nella impossibilità di farlo.
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Negli occhi di una città vibrano i destini. Negli occhi dei protagonisti lampeggiano furori di autodistruzione. Un coro canta e contrappunta gli snodi, sulla riva del Bosforo, luogo di antica bellezza e civiltà, sull'acqua tranquilla, solcata da gabbiani, che passa e va, incurante, senza tempo. Il determinismo di questa pellicola non concede ammiccamenti al lieto fine. Un quadro perfetto di annullamenti cercati e rinnegati, una danza nervosa e drogata di ferite fisiche e morali. Non c'è spazio per l'amore, almeno nei suoi tempi essenziali e naturali. L'amore arriva quando non lo cerchi, se e perchè non te ne poni il problema, vivido e scottante come la fiamma di un altare rovesciato. E quando l'amore arriva, non c'è più tempo, essendo già stato consumato nell'ansia di vivere, o nella impossibilità di farlo. C'è l'alcool,c'è la droga, c'è il sesso come chiave di volta della disperazione. Ci sono poi i natali, qualificanti galloni che firmano la condanna o l'ascesa al paradiso degli ultimi. Istanbul ci appare come troppo distante dal centro di instabilità permanente dei protagonisti: è il luogo dove il sentimento ha modo di consumarsi e perfezionarsi ma è anche il coacervo ostile di stilemi dimenticati, o mai conosciuti.
"La sposa turca" è, nella sua seconda parte, un viaggio senza consolazione in luoghi troppo belli per essere compresi da chi, della bellezza, ha fatto volontariamente, e consapevolmente, a meno. Sempre che, come pure può sorgere il sospetto, bellezza non ci sia nell'incrocio di follie e tristezze, nello scambio sconsolato di esperienze al limite. L'amore non può che colpire chi condivide un tratto di via, seguendo le stesse indicazioni, pur ostinandosi a fingere di non riconoscersi
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daniela gandolfi
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sabato 24 maggio 2008
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ottimo film tedesco di un regista di origine turca
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E' un ottimo film sulla vita complessa degli emigrati di origine turca in Germania, e in particolare di quelli di seconda generazione, sospesi tra tradizione e stimoli e ispirazioni nuove.
E'un film pieno di sentimento della vita (splendida la scena quando Sibel prepara la cena turca), dove ogni personaggio espime un mondo; bella la recitazione dell'attrice che interpreta Sibel e di Birol Unel il cui personaggio, mano mano che si innamora, cambia modo di parlare, camminare, di stare, diventa più bello.
La scelta perfetta degli attori esprime al massimo il mondo che ognuno di loro rappresenta e si porta dentro, anche da emigrato in Germania. Nessuno di loro è superfluo nella marrazione del film, di cui mi hanno preso la musica, i colori, la trama, alcune immagini eccezionali (la sposa turca che torna al mattino presto a casa dopo la prima notte consumata altrove).
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E' un ottimo film sulla vita complessa degli emigrati di origine turca in Germania, e in particolare di quelli di seconda generazione, sospesi tra tradizione e stimoli e ispirazioni nuove.
E'un film pieno di sentimento della vita (splendida la scena quando Sibel prepara la cena turca), dove ogni personaggio espime un mondo; bella la recitazione dell'attrice che interpreta Sibel e di Birol Unel il cui personaggio, mano mano che si innamora, cambia modo di parlare, camminare, di stare, diventa più bello.
La scelta perfetta degli attori esprime al massimo il mondo che ognuno di loro rappresenta e si porta dentro, anche da emigrato in Germania. Nessuno di loro è superfluo nella marrazione del film, di cui mi hanno preso la musica, i colori, la trama, alcune immagini eccezionali (la sposa turca che torna al mattino presto a casa dopo la prima notte consumata altrove).
Vorrei capire il testo della canzone cantata dal quintetto (era un quintetto?) che si alterna alla narrazione con lo splendido sfondo di Istanbul.
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gianmaria s
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lunedì 28 aprile 2008
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mescola tradizione e modernità
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Tragedia interculturale, che ha il pregio di immergerci in atmosfere orientali con la capacità di trasmettere l'essenza della Turchia e sopratutto di Istanbul. Un paese fortemente impermeato nelle tradizioni che si mescolano al vicino occidente, creando un mix più unico che raro.
Sibel per sfuggire alle rigide imposizioni della famiglia conservatrice, improvvisa un matrimonio di convenienza con uno sconosciuto, sperando così di essere finalmente libera, la cura si rivelerà peggiore del male.
Non a caso il film trova l'epilogo nella città che si divide a metà tra due continenti (Istanbul) che mescola tradizione e modernità, senza sapere quale sia la giusta strada da seguire. Così è anche la storia dei protagonisti emigrati in Germania ma radicati nelle loro tradizioni, che scopriranno non essere il peggiore dei mali.
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Tragedia interculturale, che ha il pregio di immergerci in atmosfere orientali con la capacità di trasmettere l'essenza della Turchia e sopratutto di Istanbul. Un paese fortemente impermeato nelle tradizioni che si mescolano al vicino occidente, creando un mix più unico che raro.
Sibel per sfuggire alle rigide imposizioni della famiglia conservatrice, improvvisa un matrimonio di convenienza con uno sconosciuto, sperando così di essere finalmente libera, la cura si rivelerà peggiore del male.
Non a caso il film trova l'epilogo nella città che si divide a metà tra due continenti (Istanbul) che mescola tradizione e modernità, senza sapere quale sia la giusta strada da seguire. Così è anche la storia dei protagonisti emigrati in Germania ma radicati nelle loro tradizioni, che scopriranno non essere il peggiore dei mali.
Resiste alla tentazione del lieto fine, confezionando così un film che ha il suo perchè, anche se durante lo svolgimento abbandona la vena più critica e ricercata per sposare quella più canonica.
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pinolando
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sabato 12 aprile 2008
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mentre il sole si leva su istanbul.
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Un miserevole squallore deturpa l’esistenza di Cahit. Ma non meno squallida è l’apparente vitalità della giovane Sibel: che tira coca e cerca sesso facile col primo venuto. E per far questo senza freni (parendole, forse, il massimo dell’emancipazione) e sottrarsi al moralismo gretto del padre canuto e dell’ottuso fratello, cui preme soltanto di tener in vita un angusto e (come sempre) malinteso senso dell’onore, propone a Cahit un matrimonio d’apparenza. I due si sposano, e lo squallore continua. Eppure da tanto sordida miseria un tremulo fiore comincia a sbocciare. E grazie ad esso, ma anche a causa di esso, si allarga per i due un largo orizzonte, di dolore dapprima, ma purificatorio, e poi di lenta rinascita.
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Un miserevole squallore deturpa l’esistenza di Cahit. Ma non meno squallida è l’apparente vitalità della giovane Sibel: che tira coca e cerca sesso facile col primo venuto. E per far questo senza freni (parendole, forse, il massimo dell’emancipazione) e sottrarsi al moralismo gretto del padre canuto e dell’ottuso fratello, cui preme soltanto di tener in vita un angusto e (come sempre) malinteso senso dell’onore, propone a Cahit un matrimonio d’apparenza. I due si sposano, e lo squallore continua. Eppure da tanto sordida miseria un tremulo fiore comincia a sbocciare. E grazie ad esso, ma anche a causa di esso, si allarga per i due un largo orizzonte, di dolore dapprima, ma purificatorio, e poi di lenta rinascita. Che da Amburgo porta in Turchia. Il finale è sospeso: fra la voce di una bimba, quella calda e rassicurante del suo papà, e un autobus che alla fine si avvia, mentre il sole si leva su Istanbul.
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gabriella
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giovedì 10 aprile 2008
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da "matrimonio in bianco" ad "amor fou"
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Film molto duro con numerose scene violente,ripetute reppresentazioni di utilizzo di alcool e droghe,esplicite scene di sesso e di nudo.I protagonisti vogliono essere liberi e vivere ad ogni costo e se questo non fosse possibile preferiscono piuttosto rinunciare alla vita;insomma non vogliono morire senza prima essere vissuti!Inno alla libertà di vivere sia pure con discesa agli inferi.
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iva
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lunedì 10 dicembre 2007
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infinita tristezza
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Questo film si può già ritenere un classico del cinema, sia per i temi affrontati, sia per la capacità del giovane regista di esplorare i lati più intimi dell'essere. La presa di coscienza sul mondo e l'inevitabile scontro con esso, la ricerca della propria origine, possibile grazie all'apertura verso l'amore che risulta essere l'unica vera trasgressione nella quale rifletterci e sulla quale riflettere. E' doppia la tragedia di questo storia, quella di "massa" dovuta alla cecità per scelta o per incapacità di dotarsi degli strumenti che aiutino a combatterla e quella di coloro che decidono di affrontare la profonda angoscia dell'essere parte di questo mondo, percorrendo l'unica strada possibile: quella personale.
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Questo film si può già ritenere un classico del cinema, sia per i temi affrontati, sia per la capacità del giovane regista di esplorare i lati più intimi dell'essere. La presa di coscienza sul mondo e l'inevitabile scontro con esso, la ricerca della propria origine, possibile grazie all'apertura verso l'amore che risulta essere l'unica vera trasgressione nella quale rifletterci e sulla quale riflettere. E' doppia la tragedia di questo storia, quella di "massa" dovuta alla cecità per scelta o per incapacità di dotarsi degli strumenti che aiutino a combatterla e quella di coloro che decidono di affrontare la profonda angoscia dell'essere parte di questo mondo, percorrendo l'unica strada possibile: quella personale.
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and21
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sabato 27 ottobre 2007
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per vivere bisogna nascere; per nascere: partorire
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Certamente un bel film! E' una storia complessa, non banale, non rufiama, sulla belezza del vivere nonstante le tragedie. Le donne fanno nascre, portano alla vita, la vita con doglie anche trmende e anche al costo dela propria vita. Gli uomini quando crescono sanno andare a costruire il futuro anche se questo comporta la perdita della "madre2 e nonstante tutto il dolore che ciò comporta.
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(di miniapple)
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vincenzo
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giovedì 25 ottobre 2007
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una storia d'amore insolita ma travolgente
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Secondo me un vero capolavoro, uno di quei film che una volta visti ti catturano così tanto da non poter fare a meno di rivederlo e soprattutto di consigliarlo a chi ha veramente voglia di vedere qualcosa d'insolito ma travolgente.
Il regista è bravissimo a dirigere gli attori, e questi ultimi sono davvero unici per le emozioni che riescono a trasmettere.
Era da tempo che non mi sentivo così bene dopo aver visto un film.
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