Mulholland Drive

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"La donna che fabbrica la spazzatura" Valutazione 5 stelle su cinque

di Ludovico Morandi


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mercoledì 26 novembre 2025

Se volessi definire la rappresentazione di un sogno nell'arte drammatica, sceglierei sicuramente Mulholland Drive, attraverso le strade incrociate che ci fà percorrere, i colori che pulsano con le nostre emozioni e sensazioni, con i suoni che per paura o per amore vorremmo esprimere, ma che per un motivo a noi sconosciuto ci è vietato urlare.

Penultima fatica cinematografica dell'artista poliedrico David Lynch, veniamo trasportati in un mondo fatto di confusione e chiarezza, di di indizi e fraintendimenti, lungo il viaggio da aspirante attrice di Betty (Diane Watts), che arrivata nella casa che le ha lasciato sua zia ad Hollywood, vi troverà all'interno Rita (Laura Harring), una donna che ha perso la memoria in seguito ad un incidente d'auto, e la aiuterà ad indagare sulla sua identità.

Il film è un trattato sul sogno hollywodiano ma non solo, si estende a quello americano, e ancora più universalmente alla febbrilità di una storia d'amore.
Tutto ciò che c'è di bello e splendente viene affrontato con una regia pulita e immersiva, rifelettendosi con l'esperienza di Betty appena arrivata ad hollywood. Mentre tutto ciò che è nascosto ed oscuro, è inquadrato da scorci, da vetri apppannati e primi piani intensi.
E' forse la regia che più osa tra le opere di Lynch, con movimenti di macchina che sfruttano i riflessi, soggettive, e un grado di intimità più spinta grazie a una vicinanza maggiore dei soggetti con la macchina da presa.
Ogni cosa in Mulholland drive sembra narrativamente in preda del caso, mentre simbolicamente è più chiara che mai, in una moltidudine di aspetti mostrati da ogni mezzo disponibile al regista.
Il cinema è proprio questo, e Lynch ce lo racconta con un uso della luce sensazionale, merito del direttore alla fotografia Peter Deming. Ogni spazio è illuminato perfettamente in connubio con ciò o chi vuole ospitare. Riesce a mostrarci come la luce sia in grado di creare i più disparati mondi, oltre che a sottilineare degli stati d'animo, e non ci si limita al sogno o realtà. Ma piccole esistenze che si sviluppano in piccoli grandi spazi, perchè ognuno di essi è un luogo a se, in base a come e da chi è vissuto. Drammaticamente è questo il ruolo che la luce pretende di avere in uno spettacolo, essa da la vita e non permette solo di vedere, bensì ci porta a sentire, e in questa pellicola ci riesce in ogni sfaccettatura, assumendo la qualità teatrale di riusultare un'illuminazione viva e non fittizia, rinnovandosi ad ogni visione.
Anche le interpretazioni degli attori sono funzionali al simbolismo del film. Nella parte iniziale Diane Watts sembra quasi fare una performance di medio livello, per accentuare la realtà onirica, per poi dare il suo meglio quando ci ritroveremo nella seconda e ultima parte del film, corrispondente alla realtà. Il resto degli attori invece brilla già da subito di un interpretazione autentica, indicandoci il grado di perfezione e idealizzazione che può produrre la nostra mente, quando affascinata da qualcosa.
Il sonoro è gestito come al solito brillantemente, e lo si scopre soprattutto quando sostituisce elementi come la voce, ad esempio quando Dan (Patrick Fishler), gira l'angolo del Diner ed incontra la "Donna che fabbrica spazzatura". Urla straziato, ma non esce alcuna voce, finche arriva il suono di una compressione ovattata, che può ricordare la sensazione di una paralisi nel sonno.
La musica di Angelo Badalamenti è come al solito un andamento costante tra malinconia, speranza e paura. Sembra quasi non essere presente tanto intrinseca alla scena. Al contrario di lui, che recita la parte dello spietato produtte italiano, Luigi Castigliane.

Le composizioni e le scenografie sono di precisione millimetrica nel rapporto tra spazi e personaggi, esaltati poi dalla macchina da presa che ne detta le leggi d'esistenza, essendo l'occhio della mente di Lynch, che più di tutto tiene all'espressione sensibile della sua idea. Mr Roque (Micheal J. Anderson), che sembra l'orchestratore degli incubi Hollywodiani (e non solo), quando rappresentanto all'interno della "teca di vetro", supervisiona ciò che accade in una sedia rialzata al centro della stanza, sullo sfondo destro un servitore gli sta alle spalle vicino alle tende rosse, mentre in primo piano a sinistra vi è uno sfocato di un altro servitore, riflesso nel vetro della teca, appartenente però al mondo esterno, fuori dalla teca di vetro, e che può comunicare solo tramite una sorta di citofono. Non serve spiegare come questa composizione ci mostri esattamente il ruolo del misterioso personaggio, che con l'inquadratura successiva, viene mostrato dal basso, imponente e minaccioso. Nonostante di fatto sia un nano, la composizione, il riempimento e il simbolismo degli spazi si esprimono drammaticamente perfettemante, lasciandoci anche il beneficio dell'immaginare, il perchè questi personaggi siano così disposti e perchè si trovano li.
In questo film Lynch continua a parlare tramite le apparizioni nel buio dei suoi personaggi, così come avevamo visto Sandy (Laura Dern) in Blue velvet, emergere dall'oscurità e portare così di fatto, Jeffrey (Kyle Mclachlan) ad indagare in un mondo oscuro dalla nascosta bellezza, qua vedremo uscire ed apparire anch'essa in egual modo.
Ora, mettiamo che tutto ciò che vediamo all'inizio sia il sogno di Betty(E quindi il suo incoscio), dove vediamo Rita scomparire tra il buio delle siepi dopo l'incidente, e quindi scendere nella città luminosa di cui non ricorda niente, ignorandone la verità. Infatti questa discesa sarà piena di speranza, verso una salita che sembra cominciare e funzionare nel mondo del cinema, dove i contorni si ignorano, se non alle spalle, nelle retrovie. E' quindi una discesa esteticamente bella, ma che nell'incoscio sa cosà sta succedendo. Alla fine del film vediamo invece Diane (la vera Betty) Ormai sveglia e invitata dalla sua amante Camilla Rodhes (Rita, nel sogno) ad una cena, la macchina si ferma di colpo, e mentre all'inizio del film, era stato per un tentativo di uccidere Rita (sempre nell'incoscio di Betty), e che la porterà a morire nel sogno hollywodiano scomparendo tra le siepi, qui è camilla Rhodes che fa fermare la macchina e le offre una scorciatoia sempre tra il buio delle siepi. Però in questo caso è un ascensione verso il successo raggiunto, dove il marcio è evidente, non è più velato, con tanto di pacche di rassicurazione quando qualcosa non è come volevi. Camilla e Adam Kesher si divertono a sbattere in faccia la loro finta felicità a Diane, che non nasconde più le lacrime, e nella confusione dello spettacolo decide di spararsi nella camera in cui il sogno trova sempre la sua fine, sia il sogno della prima fase, che il sogno della realtà della seconda, ovvero il letto della propia casa.
La lettura che mi sento di condividere, e che mi è stata trasmessa della famosa scatola blu è la seguente:
L'illusione di qualcosa può portarci alle più belle visioni che si possano immaginare, ed a volte vale anche la pena pagarne il prezzo. Ma dentro ad ogni cosa bella c'è sempre un fondo di oscurità, e il mondo di oggi se ne sta riempendo sempre di più. Mascherandola e distribuendola in giro, come una semplice scatola blu, per cui è così facile trovare la chiave, ma quando si ha il coraggio di guardarci dentro tutto precipita. Era sotto i nostri occhi ma una volta appurato e preso consistenza non si può più ignorare.
Ho chiamato la donna dietro l'angolo, la "donna che fabbrica la spazzatura". Proprio perchà rappresenta colei che fabbrica le scatole blu, portanti il sogno Hollywodiano, il sogno Americano, il sogno che ognuno di noi ha di questa vita, e che più va avanti più ci mostra cose, che prima o poi non potremo far a meno di guardare, all'interno della scatola blu.

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