L'uomo della pioggia

Un film di Francis Ford Coppola. Con Matt Damon, Danny DeVito, Claire Danes, Jon Voight, Mary Kay Place.
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Titolo originale The Rainmaker. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 135 min. - USA 1997. - Medusa uscita giovedì 29 gennaio 1998. MYMONETRO L'uomo della pioggia * * * 1/2 - valutazione media: 3,51 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Coppola confezionato Valutazione 2 stelle su cinque

di Carlo Vecchiarelli


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domenica 6 aprile 2014

 Semmai ce ne fosse stato bisogno, “L'uomo della pioggia” conferma una volta di più come il cinema di denuncia sociale raramente sia riuscito a far collimare i grandi intenti con le aspettative qualitative della critica. Nonostante le premesse: un cast d'eccezione ( che si permette personaggi non protagonisti del calibro di Danny De Vito, Mickey Rourke e Danny Glover ) unito alla puntualità della regia d'autore di Francis Ford Coppola; l'opera è rimasta soffocata da una retorica di fondo e da un giustizialismo stereotipato, palesati entrambi in maniera prettamente americana. Le accuse al sistema sanitario e assicurativo statunitense, infatti, non appaiono come il vero obiettivo della contesa. Per riuscire a far collimare le esigenze della sceneggiatura e della produzione è stato confezionato un prodotto quasi di puro entertainment, dove l'indignazione per l'ingiustizia sociale è soltanto apparente, e scompare progressivamente sottotraccia, fungendo da pretesto al duello forense tra David ( l'imberbe Rudy Baylor interpretato da Matt Damon neo laureato in legge) e Golia (lo stuolo di avvocati al soldo di un colosso assicurativo, capitanati da John Voight).

Ancora neppure abilitato alla professione, il giovane avvocato si ritrova a dover difendere gli interessi di un malato terminale di leucemia suo coetaneo, a cui una compagnia di assicurazioni ha negato le legittime cure che avrebbero potuto salvarlo. Le logiche dell'interesse incrineranno le ingenue convinzioni morali di Rudy, che da un lato è costretto a vivisezionare quasi impotente l'ingiustizia del sistema americano, e dall'altro vive le difficoltà della vita quotidiana, senza un dollaro, andando avanti alla giornata, aiutato da una vecchietta convinta di lasciare il patrimonio ad un predicatore televisivo e prendendo a cuore le vicissitudini di una moglie maltrattata. Ad aiutarlo nella sfida più importante c'è uno strampalato avvocato invischiato in affari loschi, un Mickey Rourke che sembra più uscito da “Cotton Club”, e un irresistibile Danny De Vito, esilerante nel suo ruolo di non-avvocato tuttofare, ma in cui si può leggere più che in tutti gli altri personaggi la decadenza morale del sistema, incapace di non pensare al profitto. Ed è proprio per questo che si concluderà tutto in un'amara bolla di sapone: piuttosto che elargire il rimborso milionario inflitto dalla giuria, il colosso assicurativo preferirà dichiarare fallimento, un viscido colpo di coda in nome della logica capitalistica.

Coppola sceglie di puntare sulla sobrietà e la concisione della narrazione degli avvenimenti, conscio di doversi confrontare con l'adattamento di un best seller di John Grisham di oltre 500 pagine, sacrificando quindi, la propria visionarietà alla fedeltà del progetto. L'assoggettarsi della regia alla sceneggiatura è evidenziato dalle scelte poco coraggiose, in quanto si delinea ben presto un "legal thriller" che si affida a formule filmiche ampiamente riciclate, e che pur girate e montate a livelli autoriali, lasciano spesso subodorare che il rischio del clichè e del luogo comune sia sempre dietro l'angolo (compreso il melodrammatico amore tra l'avvocato e la giovane donna vittima della violenza familiare). Quello che invece funziona, e parecchio, è il contorno, le storie che si intrecciano fuori dall'aula di tribunale, soprattutto per merito delle interpretazioni di un cast fenomenale (paradossalmente messo alla stregua di un Damon che non regge il confronto) che interpreta al meglio i piccoli lampi permessi da una storia troppo prevedibile; ed è per questo che pur essendo un film di alta qualità, e complessivamente apprezzato dal pubblico, “L'uomo della pioggia” resta uno dei pochi lavori del grande regista di Detroit ad accusare il passare del tempo

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