Brazil

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Un film di Terry Gilliam. Con Robert De Niro, Jonathan Pryce, Katherine Helmond, Bob Hoskins, Jim Broadbent.
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Fantastico, Ratings: Kids+16, durata 131 min. - USA 1985. MYMONETRO Brazil * * * 1/2 - valutazione media: 3,49 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Rivisitazione dello strapotere orwelliano. Valutazione 4 stelle su cinque

di GreatSteven


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lunedì 8 ottobre 2018

BRAZIL (UK/USA, 1985) diretto da TERRY GILLIAM. Interpretato da JONATHAN PRYCE, ROBERT DE NIRO, KIM GREIST, IAN HOLM, BOB HOSKINS, MICHAEL PALIN, IAN RICHARDSON
Liberamente ispirato a 1984 di George Orwell e diretto da un membro dei Monty Python, il film che porta l’omonimo titolo della canzone degli anni 1940 assurta a simbolo di evasione, è una bislacca e straripante metafora contro i totalitarismi a favore di ogni forma di libertà. Sceglie come suo portavoce il burocrate sognatore Samuel Lowry, addetto dapprima ad un anonimo Archivio e poi promosso al Ministero del Recupero Informazioni grazie ad una raccomandazione della madre (indefessa amante della chirurgia plastica) in un paese geograficamente indefinibile e non collocabile in un determinato spazio temporale dominato dallo schiacciante potere della burocrazia, dove gruppi di terroristi seminano paura e distruzione innescando esplosioni per reagire all’oppressione. In seguito ad imprevisti e bizzarri incontri (un curioso idraulico che si dichiara contrario al sistema riparando in modo abusivo le condutture delle case, Harry Tuttle), Samuel si scopre vocazioni di oppositore e un desiderio irrefrenabile di cambiare la propria condizione di umile e inconsapevole ingranaggio sottomesso, ma, nonostante venga reso innocuo nella realtà dei fatti, quantomeno nelle sue meravigliose visioni oniriche riuscirà a salvarsi. All’origine c’è lo scarafaggio che, passando sul computer di un ufficio, fa sbagliare la lettera iniziale di un cognome e dunque scatena tutta la sequela di guai che vedono protagonista involuto il povero e stralunato funzionario summenzionato. Col contributo di Tom Stoppard, Gilliam, malgrado il rischio non scongiurato dell’accumulo di effetti speciali debordanti e l’azione non sempre congegnata secondo le esigenze della materia narrativa, ha imbastito un capolavoro con questa farsa assordante dalle cadenze di incessante black comedy che, oltre ad Orwell, mescola pure Walter Mitty e Franz Kafka con rimandi cinematografici a Potëmkin, Blade Runner, Casablanca e Stranamore. La ricchezza di invenzioni divertenti, il fantasioso lusso scenografico e gli spunti parodistici e satirici sulle storture burocratiche sono al servizio dei personaggi, disegnati a tutto tondo da un cast di attori in magnifica forma, fra cui un Pryce che se la squaglia di corridoio in corridoio a perdifiato ogniqualvolta si presenta un inevitabile pericolo, un De Niro che compare solo in tre scene ma dà del suo meglio interpretando il riparatore che si aggancia ai fili tra un tetto e l’altro, un Hoskins tecnico della Central Service che tenta con costanza di mettere i bastoni fra le ruote al protagonista col suo collega balbuziente e pappa-e-ciccia, un Holm pacato e maestoso e una Griest che veste i panni della ribelle Jill Layton con un fervore recitativo tale da far supporre un impegno di preparazione considerevole. L’opera consiste nell’essenziale in una visualizzazione da incubo surrealista di un futuro solo in superficie perfetto in cui la tecnologia spadroneggia incontrastata, e chiunque è sorvegliato giorno e notte da un’agenzia segreta del Governo che impedisce all’amore di interferire con l’efficienza. Il senso di squallore psicologico che pervade gli animi di questi agghiaccianti manipolatori che si auto-asserviscono a una lista implicita di comandamenti inviolabili va a braccetto col pessimismo cosmico che permea un finto viaggio d’iniziazione che comincia sotto le sembianze di un rito enigmatico e termina in una sala di tortura immischiando nella rete anche l’amo ingannevole del tradimento. L’unica consolazione è osservare gli splendidi voli onirici del carattere principale che salva la sua amata (che poi scopre esistere dal vero come fascinosa donna del mistero impiegata in un cantiere edile) da improbabili mostri pietrosi e mefistofeliche megere dalla pelle decadente e tifare insieme a lui (e per lui) per l’uomo baffuto (De Niro in un ruolo del tutto insolito per le sue corde abituali) in tuta blu in continuo movimento sotterraneo, salvo poi rimanere vittimizzato dalle sue medesime tragiche illusioni romantiche. Questa inconsueta storia energizzante combina umorismo mordace e cronaca pungente in un memorabile sguardo ad un domani la cui ignobiltà è al tempo stesso squisita e destabilizzante. Inciampa in altri due difetti quando prevede una durata che eccede troppo i tempi di un film-commedia fantascientifico canonico (pur non essendolo, o meglio, assumendosene addosso la responsabilità di rivoluzionare il genere) e nel mettere troppa carne al fuoco col pericolo per lo spettatore di non comprendere nulla se non segue, scena dopo scena, l’evoluzione di una vicenda che mette il turbo già a partire dal quinto o sesto minuto di proiezione. Va comunque ampiamente valorizzato come mezzo di propaganda anti-politica a dispetto delle istituzioni dittatoriali, della tecnocrazia imperante, di una classe dirigente che pretende di avere dappertutto le mani in pasta e di una magistratura tecnicamente inesistente che punisce falsi colpevoli condannandoli a pene terrificanti per sommosse che mirino – sempre nell’ottica paranoica di chi governa – a sovvertire le sovrastrutture su cui si basa l’intero funzionamento. Non si autocompiace mai di sé, pur azzardando un gran tono di autoironia. Critiche anche sul versante contemporaneo (i negozi di moda, i ringiovanimenti in sala chirurgica, i funerali che assomigliano più a cerimonie fastose, le invadenze dei servizi di aggiustamento), giammai magniloquenti, anzi, eccellenti perché vanno ad integrare quelle indirizzate alla futuribile epoca distopica.

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