carloalberto
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domenica 10 gennaio 2021
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l''urlo di munch
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Mai come in questo film, tratto dal romanzo visionario e surrealista di Roland Topor, L’inquilino chimerico, la colonna sonora, di Philippe Sarde, ha un ruolo così importante e decisivo per la riuscita dell’opera, concorrendo suggestivamente a creare l’atmosfera straniante di ordinaria, mansueta, monotona, civile e perbenista follia che pervade la mente ottusa ed il vivere ipocritamente conformista e maligno della gente comune, gli abitanti del vecchio condominio, il vicino della porta accanto, così normale ed innocuo da ucciderci con la chiacchiera.
Polanski ed il male. Il tema, ricorrente in tutte o quasi tutte le sue opere, del demonio in carne ed ossa, che prende forma nella banalità delle consuetudinarie attività giornaliere, che si nasconde tra le pieghe del ragionato calcolante tran tran della piccola borghesia rinchiusa nel proprio mondo, apparentemente ordinato e tranquillo, in realtà un luogo funesto, infestato da fantasmi e da vecchi rancori, forse derivati dall’odio dell’angelo caduto verso la vita stessa ed il Dio creatore responsabile di quest’inferno in terra, pronti a rinascere alla prima occasione e ad unirsi alleandosi con le angosce di sempre, le paure ataviche verso il diverso, l’inquilino straniero, Trelkowski, il polacco del terzo piano o la ragazza dalla vita troppo disinvolta, che si specchiano l’un l’altro attraverso il vetro opaco di una normalità impenetrabile, mai raggiunta, meta di naufraghi alla deriva.
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Mai come in questo film, tratto dal romanzo visionario e surrealista di Roland Topor, L’inquilino chimerico, la colonna sonora, di Philippe Sarde, ha un ruolo così importante e decisivo per la riuscita dell’opera, concorrendo suggestivamente a creare l’atmosfera straniante di ordinaria, mansueta, monotona, civile e perbenista follia che pervade la mente ottusa ed il vivere ipocritamente conformista e maligno della gente comune, gli abitanti del vecchio condominio, il vicino della porta accanto, così normale ed innocuo da ucciderci con la chiacchiera.
Polanski ed il male. Il tema, ricorrente in tutte o quasi tutte le sue opere, del demonio in carne ed ossa, che prende forma nella banalità delle consuetudinarie attività giornaliere, che si nasconde tra le pieghe del ragionato calcolante tran tran della piccola borghesia rinchiusa nel proprio mondo, apparentemente ordinato e tranquillo, in realtà un luogo funesto, infestato da fantasmi e da vecchi rancori, forse derivati dall’odio dell’angelo caduto verso la vita stessa ed il Dio creatore responsabile di quest’inferno in terra, pronti a rinascere alla prima occasione e ad unirsi alleandosi con le angosce di sempre, le paure ataviche verso il diverso, l’inquilino straniero, Trelkowski, il polacco del terzo piano o la ragazza dalla vita troppo disinvolta, che si specchiano l’un l’altro attraverso il vetro opaco di una normalità impenetrabile, mai raggiunta, meta di naufraghi alla deriva.
La pervicace volontà suicidiaria di Trelkowski, nei reiterati strazianti tentativi delle sequenze finali, ricorda quella della giovane Mouchette di Bresson, è il cupio dissolvi della determinazione assoluta a fuoriuscire dal mondo, il sogno realizzato dell’evasione dalla prigione dei benpensanti oppressori delle molteplici possibili libertà d’essere, che è destinata al fallimento nella visione tragicamente disperata e orrificante di una ciclicità metempsicotica che riporta l’individuo, nell’eterno ritorno dell’uguale, alla condanna all’esistenza e a quale esistenza!
L’urlo della scena finale è l’urlo icasticamente celebre di Munch, in esso tutto l’orrore della vita, cui si aggiunge l’orrore di doverne condividere il sacro mistero con lo squallore esistenziale dei borghesucci della porta accanto, nel condominio globalizzato della mediocrità.
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giulio andreetta
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mercoledì 2 settembre 2020
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l''alienazione dell''uomo contemporaneo
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Capolavoro di Roman Polanski, forse il film più autobiografico del grande regista, che non a caso interpreta la parte del protagonista. La trama è semplice: un uomo trova un appartamento occupato in precedenza da una donna che ha tentato il suicidio gettandosi dalla finestra, ed alla fine muore in ospedale. Così l'uomo ha la possibilità di occupare l'appartamento, ma entra in una spirale psicologicamente deleteria che gradualmente lo porta ad indentificarsi con la ragazza morta. Anche i vicini sembrano assecondare questa indentificazione con i loro atteggiamenti ambigui.
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Capolavoro di Roman Polanski, forse il film più autobiografico del grande regista, che non a caso interpreta la parte del protagonista. La trama è semplice: un uomo trova un appartamento occupato in precedenza da una donna che ha tentato il suicidio gettandosi dalla finestra, ed alla fine muore in ospedale. Così l'uomo ha la possibilità di occupare l'appartamento, ma entra in una spirale psicologicamente deleteria che gradualmente lo porta ad indentificarsi con la ragazza morta. Anche i vicini sembrano assecondare questa indentificazione con i loro atteggiamenti ambigui... In realtà, al di là di qualche tratto assimilabile ad un genere noir/thriller, questo film è una profonda riflessione estetica di Polanski sull'alienazione dell'uomo contemporaneo, incapace di trovare la sua propria identità e il suo ruolo nel mondo. Fotografia minimale ma convincente, e va menzionata l'assoluta originalità nel trattamento della colonna degli effetti sonori.
Per la profondità dei temi trattati, che riguardano l'alineazione dell'uomo contemporaneo, questo film appare certamente un capolavoro.
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enzo70
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giovedì 6 febbraio 2020
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il migliore polanski in un canto all'altro
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Polanski dà il meglio di sé, oltre che come regista come interprete, in questo film difficilmente classificabile. In un clima a tratti kafkiano, a tratti da horror di serie minore e poi di grande raffinatezza stilistica, il giovane Trelkovski prende in affitto un piccolo appartamento la cui inquilina precedente si è suicidata. Il mite travet subisce le pressioni del proprietario di casa e degli ingombranti vicini che lo instradano lungo un percorso che lo porterà alla follia. Infatti, Trelkovski si immedesima nella personalità di Simon Chule, la ragazza suicida, arrivando a condividerne il gesto finale. E’ un film di denuncia sociale realizzato con crudezza ma anche con ironia.
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Polanski dà il meglio di sé, oltre che come regista come interprete, in questo film difficilmente classificabile. In un clima a tratti kafkiano, a tratti da horror di serie minore e poi di grande raffinatezza stilistica, il giovane Trelkovski prende in affitto un piccolo appartamento la cui inquilina precedente si è suicidata. Il mite travet subisce le pressioni del proprietario di casa e degli ingombranti vicini che lo instradano lungo un percorso che lo porterà alla follia. Infatti, Trelkovski si immedesima nella personalità di Simon Chule, la ragazza suicida, arrivando a condividerne il gesto finale. E’ un film di denuncia sociale realizzato con crudezza ma anche con ironia. Tralkoski è un francese, ma di origini polacche; ed ogni volta che gli devono rinfacciare qualcosa i vicini non mancano di rimarcare le sue origini come un motivo di sospetto. E diventa un elemento fuori dal coro, nonostante lui sia un uomo semplice, quasi alla ricerca dell’anonimato. Ma viene trattato dai vicini sempre come un altro, e queste ragioni sono sufficienti per portarlo alla follia di una moderna solitudine. Uno dei migliori film di Polanski.
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syntropy
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venerdì 24 agosto 2018
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l anima rinchiusa al terzo piano.
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Le gauloise di mais, il pastis, i clochard lungo la Senna, assenza di caffè e di bidé...siamo a Parigi. Tarkoski è un omino gentile ed educato ma si percepisce una certa inquietudine rappresentate dai personaggi che gravitano intorno a lui come sue proiezioni interiori che crea man mano con maggior paranoia nel momento in cui la sua anima, il suo SE, vuole prendere la parola e uscire di casa. Una casa piccolo borghese fatta di programmi, dogmi, ipocrisie, credenze, ma l anima che è Divina vuole uscire da quella stanza semibuia sporca triste in cui è stata relegata. L unico modo è portare la mente conscia al suicidio e sperare di reincarnarsi in un nuovo corpo con una mente più evoluta.
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Le gauloise di mais, il pastis, i clochard lungo la Senna, assenza di caffè e di bidé...siamo a Parigi. Tarkoski è un omino gentile ed educato ma si percepisce una certa inquietudine rappresentate dai personaggi che gravitano intorno a lui come sue proiezioni interiori che crea man mano con maggior paranoia nel momento in cui la sua anima, il suo SE, vuole prendere la parola e uscire di casa. Una casa piccolo borghese fatta di programmi, dogmi, ipocrisie, credenze, ma l anima che è Divina vuole uscire da quella stanza semibuia sporca triste in cui è stata relegata. L unico modo è portare la mente conscia al suicidio e sperare di reincarnarsi in un nuovo corpo con una mente più evoluta. Simon è l anima che quando rivede il suo corpo urla di dispiacere.
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totybottalla
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mercoledì 20 giugno 2018
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racconto sbiadito e allentato che annoia!
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Non è certo fra i migliori lavori di Roman Polanski, qui, si percepisce una certa presunzione affidando il racconto a una sceneggiatura troppo allentata con personaggi caricati a molle cosicchè, le oltre due ore di visione risultano pesanti, un viaggio nella psiche che francamente covince poco. Saluti.
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onufrio
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domenica 28 agosto 2016
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le paranoie di trelkowski
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Trelkowski, giovane impiegato, decide di prendere in affitto un'appartamento nel cuore di Parigi. Nello stesso appartamento, la precedente affittuaria si è gettata dalla finestra ponendo fine alla propria esistenza. Il protagonista vive un'esistenza tranquilla, a basso profilo, ma alcuni eventi all'interno del palazzo iniziano a turbarlo, tutto gli eventi li conduce al suicidio della povera ragazza, suicidio che pensa sia dovuto ai comportamenti ossessivi dei vicini di casa. L'uomo inizia ad avere allucinazioni e la sua vita tranquilla diventa un incubo giornaliero fino a quando, logorato dalla pazzia, decide per l'atto estremo.
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hopeful70
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lunedì 22 febbraio 2016
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capolavoro inquietante
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Inquietante capolavoro di Polanski sulla solitudine, l' accettazione/non accettazione del diverso e le ossessioni mentali con un finale criptico e allucinante.
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dario
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lunedì 20 luglio 2015
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moscio
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Un Polanski minore, poca cosa nella recitazione. Bella fotografia e buona ambientazione, ma la storia è prevedibile e condotta banalmente.
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dario
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lunedì 20 luglio 2015
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moscio
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Prevedibile. La storia ha uno sviluppo modesto, colpa di Polanski che è un attore mediocre. Egli non riesce a convincere, e questo è grave, perchè tutto ruota intorno a lui. Banale la tesi del diverso che viene espulso dalla comunità conservatrice. Ma la banalità diventa eccessiva per la povertà della seceneggiatura e per la mancanza di sviluppi originali. Non basta la bella fotografia e la splendida ambientazione a sollevare il prodotto.
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gioelegentile
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giovedì 5 marzo 2015
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capolavoro psicologico e grottesco
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Inutile mettersi a discutere della trama di questo capolavoro, semplice negli eventi ma incomprensibile nel complesso. Vorrei invece mettere l'accento su alcuni aspetti ricorrenti del Polanski fino a quel momento: fatta eccezione per il noir Chinatown, che ha sicuramente del polanskiano, ma è un prodotto differente (anche perchè è l'unico di questo primi 10 film di cui non ha scritto la sceneggiatura, a parte il finale), ritroviamo un'ambientazione circoscritta, atmosfere cupe, personaggi grotteschi ed intreccio realtà/allucinazione. Sono evidenti infatti i richiami alla follia di Carole Ledoux e l'appartamento stregato di Repulsion, così come i vicini invadenti di Rosemary eccetera.
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Inutile mettersi a discutere della trama di questo capolavoro, semplice negli eventi ma incomprensibile nel complesso. Vorrei invece mettere l'accento su alcuni aspetti ricorrenti del Polanski fino a quel momento: fatta eccezione per il noir Chinatown, che ha sicuramente del polanskiano, ma è un prodotto differente (anche perchè è l'unico di questo primi 10 film di cui non ha scritto la sceneggiatura, a parte il finale), ritroviamo un'ambientazione circoscritta, atmosfere cupe, personaggi grotteschi ed intreccio realtà/allucinazione. Sono evidenti infatti i richiami alla follia di Carole Ledoux e l'appartamento stregato di Repulsion, così come i vicini invadenti di Rosemary eccetera. Ogni suo film comincia lentamente con una situazione che pare normale, per poi precipitare lentamente nella follia, fino all'exploit finale. Questa volta Polanski non da punti di riferimento: appena sembra voler dare una spiegazione agli eventi, quando sembra voler dare una spiegazione, smentisce il tutto nella scena successiva, per poi tornare sui suoi passi, o cambiare versione ancora una volta. Tipo la caduta del dente: ciò accade solo nella sua testa perchè quel dente subito dopo glielo ritroviamo ancora. Non è lo stesso per la ferita alla manoche invece gli rimane. Fino alla fine non puoi affermare con certezza se sia lui ad essere pazzo, o se è tutto un complotto di chi gli è intorno (richiamo forte a Rosemary's Baby). Lo sdoppiamento della personalità è uno di quegli elementi che alimenta la confusione nella mente dello spettatore, così come il modo di porsi degli altri personaggi verso di lui, accusandolo costantemente di cose che Trelkowsi non sembra aver fatto, anche perchè non viste dallo spettatore. Per non parlare del finale in cui il tuo sembra riavvolgersi (come ne "Il seme della follia" di Carpenter). Cioè, capite? E' pazzo o non è pazzo? Siamo in un mondo reale o Trelkowski è rimasto incastrato nel tempo? Questo mischiare realtà e non realtà, conscio e subconscio è il vero punto forte del film, che lo eleva a capolavoro.
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