
Anno | 2008 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 103 minuti |
Regia di | Daniele Costantini |
Attori | Fausto Paravidino, Filippo Nigro, Massimo Popolizio, Donatella Finocchiaro, Tosca D'Aquino Claudia Zanella, Giorgia Ferrero, Davide Paganini, Agostina Belli. |
Uscita | venerdì 14 novembre 2008 |
Distribuzione | Cinecittà Luce |
MYmonetro | 1,94 su 7 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 14 giugno 2019
Carlo giovane cameriere a Genova negli anni '60, difende Luciana, una prostituta, dall'aggressione di Rampin,suo protettore. In Italia al Box Office Amore che vieni, amore che vai ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 88,8 mila euro e 51,7 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO NÌ
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A Genova nel 1963, in un contesto ricostruito con poca cura del particolare e molta approssimazione (si vedono motorini moderni, bandiere della pace e addirittura vestiti sotto le coperte nelle scene di sesso) un ragazzo si inventa pappone con il beneplacito della madre ma si innamora fatalmente di una donna bellissima. Dall'altra parte un criminale di poco conto, che vive di notte nei locali vicini al porto tra alcolici e storie di ordinaria prostituzione, tenta un colpo importante assieme ad un sardo appena uscito di prigione in cerca di soldi per fuggire con una prostituta di cui si è innamorato. Alla fine il fato vincerà su tutti, anche sul timor di Dio.
Tratto da "Un Destino Ridicolo" libro scritto a quattro mani da Alessandro Gennari e Fabrizio De André, Amore che vieni amore che vai è un film-omaggio al cantautore ligure, infarcito di uno spirito umile, disgraziato ma pieno di dignità che è spesso stata la cifra delle storie delle sue canzoni e che viene sottolineato dalle musiche dell'amico Nicola Piovani, forse le peggiori che si ricordino del grande maestro.
Come si intuisce già dalla breve descrizione della trama i riferimenti all'universo di De Andrè sono moltissimi e a molti diversi livelli di lettura, ma il gioco invece che esaltare il film lo appesantisce influendo con una certa pesantezza sulla trama che in più momenti si arena su situazioni scontate e deliri registici.
Ad aumentare il senso di straniamento della pellicola contribuiscono anche il cast e la realizzazione, entrambi fortemente influenzati dal teatro. Il regista e gran parte degli attori infatti provengono da lì e si sente. Si sente in Fausto Paravidino (che nel suo Texas si era guardato bene dall'essere così caricato), si sente in Tosca D'Aquino (bisognosa al cinema di una mano forte che ne tenga a freno la teatralità) e soprattutto si sente in come sono organizzate le scene, spesso lunghi piani sequenza e incapaci di "creare senso" in termini cinematografici.
Se i fan di De Andrè possono anche appassionarsi ad una storia che tenta di trasferire al cinema il fascino della poetica del cantautore ligure, gli altri che desidererebbero solamente vedere un film rimangono facilmente delusi da una storia poco interessante, da personaggi che si compiacciono di quello che sono e di intrecci molto naive raccontati senza alcuna partecipazione.
Dori Ghezzi ha preso le distanze dal film e ha dichiarato di non averlo assolutamente gradito.
Lo sfondo e il contesto, sono il porto, i vicoli, le strade ed alcuni locali notturni della Genova del 1963. Tre uomini, un contrabbandiere nizzardo di origine italiana, Bernard, passato dalla resistenza alla malavita marsigliese, un giovane "pappone per caso", Carlo, sognatore e indolente, e un duro pastore sardo, Salvatore, membro dell'anonima sequestri, tentano il colpo della loro vita organizzando il furto di un carico di merce preziosa. La loro strada è attraversata da due donne: Veretta, una timida prostituta che vuole cambiare, che vuole dare una svolta alla propria vita, e a questo scopo si unisce a Salvatore, prima suo occasionale cliente e poi suo marito; e Maritza, una giovane istriana tanto affascinante quanto sfuggente, che farà perdere la testa a Carlo, come del resto, a molti altri uomini. Il colpo va bene e male contemporaneamente. Bene perché i protagonisti riescono a impossessarsi del prezioso carico di merce. Male perché Salvatore cerca, riuscendoci, di "fregare" i propri compagni. Distrutto dalla perdita del figlio avuto da Veretta e tormentato dai sensi di colpa per l'uccisione di suo cugino, Salvatore si convince che il denaro ricavato dal colpo sia denaro maledetto. Tenta di salvarsi l'anima confessandosi e consegnando la refurtiva ad un prete, incontrato casualmente su un treno. Ma il destino ha deciso di giocargli un brutto scherzo: il prete è un falso prete, un truffatore, che, alla fine, sarà l'unico a dare una vera svolta alla propria vita, gli altri si vedranno sconfitti da "un destino ridicolo".
Tratto dal libro "Destino Ridicolo" di Fabrizio De Andrè e Alessandro Gennari.