Valeria Bruni Tedeschi è un'attrice italiana, regista, sceneggiatrice, è nata il 16 novembre 1964 a Torino (Italia). Valeria Bruni Tedeschi ha oggi 60 anni ed è del segno zodiacale Scorpione.
Un titolo: È più facile per un cammello... Seguito, «passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno del cieli», ma da sempre la frase evangelica è oggetto d’infinite discussioni, pare che ci sia un errore di traduzione, che sia stata tradotta storditamente «cammello» la parola «kamelos» che significa canapo, fune: e in effetti, benché immaginare un cammello che pretenda di passare perla cruna di un ago sia più bello, fantasioso e paradossale, una corda appare più ragionevole.
La doppiezza riguarda forse anche l’autrice: il titolo appartiene al primo film diretto dall’attrice italiana che vive a Parigi Valeria Bruni Tedeschi. Di questo film tutti (compresa la regista) hanno detto che ricalcala biografia di due sorelle bambine ricche, Carla e Valeria Bruni Tedeschi, emigrate da Torino a Parigi perché il loro padre potente industriale temeva i sequestri e gli attentati d’epoca. I torinesi che hanno visto il film si sono divertiti a riconoscere le chiavi di realtà della storia; l’autrice ha dichiarato d’aver voluto raccontare il peso dell’eredità familiare, le difficoltà della doppia appartenenza nazionale, i rimorsi di coscienza indotti dalla grande ricchezza.
Può darsi. Ma può anche darsi che, a un livello meno superficiale, la storia rifletta una vicenda psicologica, riguardi soprattutto la scissione di personalità, le duplicità della malattia di nervi. Da quando la si vide interpretare accanto a Nanni Moretti, nel primo film di Mimmo Calopresti La seconda volta, il personaggio della terrorista in semilibertà incontrata a Torino dal professore a cui aveva sparato senza ucciderlo dodici anni prima, Valeria Bruni Tedeschi è diventata l’immagine della nevrosi contemporanea L’espressività e sottigliezza con cui impersonava e comunicava personaggi nevrotici, l’incertezza dei gesti e delle reazioni, la sensazione di vuoto provocata dalla depressione, la imprevedibilità dei comportamenti si sono trasformati nel tempo, ripetendosi nei film, quasi in una specializzazione professionale:
mentre nella vita privata l’attrice si affidava alla terapia analitica, al sostegno chimico, alla generosa pazienza di chi la amava.
Insieme con la nevrosi va la semplicità di una bellezza naturale, non troppo fotogenica ma estremamente elegante: più pura, meno manipolata della bellezza di sua sorella Carla Bruni, ex modella e cantante di successo in Francia, più classica, più capace di esprimere un tocco di classe. Nevrotica, brava e bella: ritratto esemplare, per una donna del nostro tempo.
Da La Specchio, 26 giugno 2004
Un titolo: È più facile per un cammello... Seguito, «passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno del cieli», ma da sempre la frase evangelica è oggetto d’infinite discussioni, pare che ci sia un errore di traduzione, che sia stata tradotta storditamente «cammello» la parola «kamelos» che significa canapo, fune: e in effetti, benché immaginare un cammello che pretenda di passare perla cruna di un ago sia più bello, fantasioso e paradossale, una corda appare più ragionevole.
La doppiezza riguarda forse anche l’autrice: il titolo appartiene al primo film diretto dall’attrice italiana che vive a Parigi Valeria Bruni Tedeschi. Di questo film tutti (compresa la regista) hanno detto che ricalcala biografia di due sorelle bambine ricche, Carla e Valeria Bruni Tedeschi, emigrate da Torino a Parigi perché il loro padre potente industriale temeva i sequestri e gli attentati d’epoca. I torinesi che hanno visto il film si sono divertiti a riconoscere le chiavi di realtà della storia; l’autrice ha dichiarato d’aver voluto raccontare il peso dell’eredità familiare, le difficoltà della doppia appartenenza nazionale, i rimorsi di coscienza indotti dalla grande ricchezza.
Può darsi. Ma può anche darsi che, a un livello meno superficiale, la storia rifletta una vicenda psicologica, riguardi soprattutto la scissione di personalità, le duplicità della malattia di nervi. Da quando la si vide interpretare accanto a Nanni Moretti, nel primo film di Mimmo Calopresti La seconda volta, il personaggio della terrorista in semilibertà incontrata a Torino dal professore a cui aveva sparato senza ucciderlo dodici anni prima, Valeria Bruni Tedeschi è diventata l’immagine della nevrosi contemporanea L’espressività e sottigliezza con cui impersonava e comunicava personaggi nevrotici, l’incertezza dei gesti e delle reazioni, la sensazione di vuoto provocata dalla depressione, la imprevedibilità dei comportamenti si sono trasformati nel tempo, ripetendosi nei film, quasi in una specializzazione professionale:
mentre nella vita privata l’attrice si affidava alla terapia analitica, al sostegno chimico, alla generosa pazienza di chi la amava.
Insieme con la nevrosi va la semplicità di una bellezza naturale, non troppo fotogenica ma estremamente elegante: più pura, meno manipolata della bellezza di sua sorella Carla Bruni, ex modella e cantante di successo in Francia, più classica, più capace di esprimere un tocco di classe. Nevrotica, brava e bella: ritratto esemplare, per una donna del nostro tempo.
Da La Specchio, 26 giugno 2004
Sorella della cover girl Carla Bruni, si è affermata come una delle figure più originali del cinema francese degli anni Novanta. Dopo Hotel de France e Ceux qui m’aiment prenderont le train (1998) entrambi di Patrice Chéreau, si impone al Festival di Locarno del 1994 vincendo il premio per l’interpretazione femminile e il César in Francia per la miglior attrice femminile con Le gens normaux n’ont rien d’exceptionel di Laurence Ferreira-Barbosa. Nel 1996 vince ancora un premio a Locarno con Nenette et Boni di Claire Denis. In Italia appare in Storia di ragazzi e ragazze di Pupi Avati (1989) e in Condannato a nozze (1993) di Stefano Rubini, firmando la sua migliore interpretazion in La seconda volta (1996) di Marco Calopresti, con cui ha vinto il David di Donatello. Ha poi recitato in La parola amore esiste (1998) e in La balia (1999) di Marco Bellocchio. Nello stesso anno ha interpretato Il colore della menzogna di Claude Chabrol.
Sorella della cover girl Carla Bruni, si è affermata come una delle figure più originali del cinema francese degli anni Novanta. Dopo Hotel de France e Ceux qui m’aiment prenderont le train (1998) entrambi di Patrice Chéreau, si impone al Festival di Locarno del 1994 vincendo il premio per l’interpretazione femminile e il César in Francia per la miglior attrice femminile con Le gens normaux n’ont rien d’exceptionel di Laurence Ferreira-Barbosa. Nel 1996 vince ancora un premio a Locarno con Nenette et Boni di Claire Denis. In Italia appare in Storia di ragazzi e ragazze di Pupi Avati (1989) e in Condannato a nozze (1993) di Stefano Rubini, firmando la sua migliore interpretazion in La seconda volta (1996) di Marco Calopresti, con cui ha vinto il David di Donatello. Ha poi recitato in La parola amore esiste (1998) e in La balia (1999) di Marco Bellocchio. Nello stesso anno ha interpretato Il colore della menzogna di Claude Chabrol.