
Charlie Hunnam propone la sua miglior interpretazione di sempre. Su Netflix.
di Gabriele Prosperi
Wisconsin, anni '40: Ed Gein vive isolato con l'ingombrante madre Augusta, che imprime un'educazione puritana in attrito con il suo ostinato desiderio di normalità. L'incontro con Adeline Watkins, una giovane attratta dai racconti neri e dalla fotografia del crimine, lo espone agli orrori del presente: riviste pulp e reportage dei campi di concentramento spingono la curiosità morbosa di Ed a trasformarsi in rituale.
Muprhy/Brennan riescono finalmente a esporre la loro diagnosi, quella di una cultura che sublima la violenza verso il femminile, trasformandola in patrimonio iconico (cinematografico, ispirazionale). La terza stagione resta ipnotica per ambizione formale e per la prova di alcuni interpreti; come discorso etico rimane irrisolta.
Il valore della terza stagione di Monster sta nell'aver trasformato Gein in un prisma: guardandoci dentro non vediamo solo lui, ma la fabbrica delle nostre paure, i macchinisti che la tengono in moto e il pubblico in platea (noi) che applaudiamo, talvolta senza accorgercene.