| Anno | 2025 |
| Genere | Drammatico, |
| Produzione | Italia |
| Regia di | Nunzia De Stefano |
| Distribuzione | Fandango |
| MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento martedì 28 ottobre 2025
Il delicato ritratto di un rapporto tra madre e figlio.
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CONSIGLIATO SÌ
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Sasà è uno scugnizzo di tredici anni, della periferia di Napoli. Trascorre le giornate con i suoi due migliori amici, Cira e Nicolas. Amante dell'hip hop e dotato di un grande talento musicale, Sasà aspira a diventare un rapper famoso per permettere alla madre Rusè una vita migliore. L'incontro con Yodi, noto rapper della old school partenopea, sembra dare slancio al suo sogno e lo porta a comporre il suo primo vero pezzo: un rap dedicato alla mamma. Tuttavia, lo scontro con la realtà cinica del mondo della musica e della strada, costringe Sasà ad abbandonare le proprie aspirazioni e a prendere una cattiva strada.
Cinque anni dopo l'esordio di Nevia, un riuscito coming of age su un'adolescente a Ponticelli, Nunzia De Stefano torna alla regia seguendo da vicino il percorso di crescita del tredicenne Sasà sempre nella periferia napoletana.
Come in Nevia, dove per la prima volta abbiamo conosciuto e apprezzato l'esordiente Virginia Apicella, anche qui a sorprendere è il protagonista, interpretato da Mattia Cozzolino che vedremo anche in Gomorra - Le origini, la serie prequel Cattleya per Sky di Gomorra - La serie. Su di lui, come su Nevia, si regge tutto il film e qualcosa vorrà dire se la regista riesce a rendere così credibili degli interpreti, come si diceva una volta, alle prime armi (stesso discorso per gli amici di Sasà, gli attori Junior Rodriguez e Francesca Gentile).
Ma se Nevia era un film altamente autobiografico, senza padri né madri ma con famiglie allargate, ora Nunzia De Stefano fa un leggero passo indietro (e però due in avanti...), studiando, anche antropologicamente, un personaggio e un territorio, e concentrandosi - di nuovo guardando alla sua biografia - sul rapporto profondo tra Sasà e la mamma Rusè (una Daniela De Vita molto in parte). Il loro è un rapporto d'amore profondo e per certi versi quasi tossico ma segue anche regole molto basiche esattamente com'è il cinema della regista. Un'annotazione che però non va confusa con l'ingenuità ma con l'autenticità delle cose semplici.
La sceneggiatura, scritta da Nunzia De Stefano con Giorgio Caruso, restituisce proprio la linearità dei comportamenti, sia parentali che amicali e costruisce delle dinamiche narrative molto universali. Il percorso di Sasà, che ci appare già segnato (ma, fortunatamente, esistono i finali, che non vanno svelati, a sorprendere), segue una parabola in cui, come nei romanzi picareschi, al giovane protagonista succede di tutto (un po' come capita in Io, Capitano e ovviamente in Pinocchio di Matteo Garrone, qui produttore). È l'ambiente esterno a condizionare i comportamenti delle persone ci dice, e ci ridice, Malavia. Per carità, niente che non sapessimo già - è il sempiterno tema dell'infanzia violata - ma è dolce seguire le vicende di questi tre amichetti in balia di adulti che, paradossalmente, si interessano troppo a loro.
L'escamotage narrativo principe per far evolvere il personaggio di Sasà è quello della musica, in questo caso del rap (il film inizia con una bellissima sequenza in cui i tre amichetti si imbucano a una concerto dei 99 Posse). Una passione che il ragazzino coltiva fin da piccolo e che sarà un altro elemento sorprendente del film.
L'incontro con Yodi, rapper della vecchia scuola partenopea (interpretato dal vero rapper/soulman Giuseppe Sica in arte PeppOh), lo spinge a comporre il suo primo pezzo ovviamente dedicato alla mamma. È un'idea che risponde molto al vero dato che basta leggere i testi delle canzoni dei rapper, anche quelli più duri, per trovare continui riferimenti alle amate mamme. Ma questo rapporto con il musicista adulto viene raccontato in maniera un po' altalenante, perché la sceneggiatura dà presto spazio alla discesa agli inferi del ragazzino che scopre che uno dei suoi beniamini gli ha rubato proprio la canzone dedicata alla mamma. Disilluso e frustrato prenderà una brutta strada. Noi lo seguiamo empiricamente grazie a un vero e proprio pedinamento della macchina da presa che non lo molla, per salvarlo.
È un immaginario saturo, quello della periferia napoletana, universo che negli ultimi decenni ha prodotto un repertorio di storie che si rincorrono e si confondono nella continua impressione che tutto sia un dejà vu. Se non saturo, è quantomeno difficile confrontarsi con questo panorama antropologico e dire qualcosa di nuovo, che sappia emanciparsi dal crime incardinato sull'esercizio della violenza [...] Vai alla recensione »