Un dramma ‘da camera’ postcoloniale, quello di due espatriati inglesi che si confrontano con un uomo venuto a reclamare il corpo del fratello. Una perla nera. Al Torino Film Festival.
di Marzia Gandolfi
Da qualche parte nell’Africa occidentale, Horn, caposquadra di un complesso edile britannico, tenta invano di negoziare con Alboury, un uomo venuto a recuperare il corpo del fratello, operaio morto (accidentalmente?) nel cantiere. Una lunga notte tra vivi e fantasmi, che chiedono il conto ai colonizzatori moderni, pronti a tutto per proteggere i propri privilegi e gli interessi della loro azienda.
Il film è ambientato in una regione dell’Africa che Claire Denis, cresciuta in Camerun, si rifiuta di collocare con precisione, un luogo che assomiglia a qualsiasi paese in cui domina l’ingiustizia. Denis è una delle poche registe francesi ad andare in fondo alle sue ossessioni, a mettere in scena la verità ultima di certi impulsi, c’è qualcosa di bestiale, ma anche di catartico, nella sua visione. Una potenza dionisiaca, cannibale, assunta e appagata, al di là del bene e del male. Le cri des gardes non è una “cosa da bianchi”, è una perla nera.