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Le cri des gardes, una pièce dura e cruda che scava nelle ossessioni della regista

Un dramma ‘da camera’ postcoloniale, quello di due espatriati inglesi che si confrontano con un uomo venuto a reclamare il corpo del fratello. Una perla nera. Al Torino Film Festival. 
di Marzia Gandolfi

lunedì 24 novembre 2025 - Torino Film Festival

Da qualche parte nell’Africa occidentale, Horn, caposquadra di un complesso edile britannico, tenta invano di negoziare con Alboury, un uomo venuto a recuperare il corpo del fratello, operaio morto (accidentalmente?) nel cantiere. Una lunga notte tra vivi e fantasmi, che chiedono il conto ai colonizzatori moderni, pronti a tutto per proteggere i propri privilegi e gli interessi della loro azienda.

Il film è ambientato in una regione dell’Africa che Claire Denis, cresciuta in Camerun, si rifiuta di collocare con precisione, un luogo che assomiglia a qualsiasi paese in cui domina l’ingiustizia. Denis è una delle poche registe francesi ad andare in fondo alle sue ossessioni, a mettere in scena la verità ultima di certi impulsi, c’è qualcosa di bestiale, ma anche di catartico, nella sua visione. Una potenza dionisiaca, cannibale, assunta e appagata, al di là del bene e del male. Le cri des gardes non è una “cosa da bianchi”, è una perla nera.

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