Anno | 2024 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 97 minuti |
Al cinema | 250 sale cinematografiche |
Regia di | Ruggero Gabbai |
Uscita | lunedì 20 gennaio 2025 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | Lucky Red |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 17 gennaio 2025
Un ritratto della grande vita e carriera della senatrice a vita Liliana Segre. Liliana è 9° in classifica al Box Office. lunedì 20 gennaio ha incassato € 15.161,00 e registrato 2.284 presenze.
CONSIGLIATO SÌ
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Nata a Milano il 10 settembre 1930 da Alberto Segre e Lucia Foligno, per il fatto di essere ebrea - per quanto di famiglia "agnostica" e perfino fatta battezzare obtorto collo dal padre - nel 1938 Liliana Segre si ritrova espulsa dalla scuola elementare a causa delle leggi razziali (o "razziste", nelle sue parole).
Rimasta orfana di madre nei primi mesi di vita, dopo aver affrontato da sola le prigioni di Varese e Como, è arrestata col padre nel 1943 e con lui entra in quella di San Vittore a Milano. Il 30 gennaio del 1944 da lì, passando per la Stazione Centrale, sono condotti al famigerato binario 21 e caricati sul vagone merci che li porta ad Auschwitz-Birkenau. Lì, il padre e i nonni paterni vengono bruciati nei forni, mentre lei riesce a sopravvivere al freddo e alla fame e a fuggire dal campo a piedi, come in un esodo.
Dopo il rientro in Italia, nel silente imbarazzo dei suoi concittadini, tiene dentro di sé il trauma dell'esperienza. Fino a quando, a distanza di 45 anni, dopo l'esperienza della maternità e quella di una profonda depressione, non le è più possibile farlo, e decide di parlarne pubblicamente, in particolare nelle scuole.
Nel 2018, a 80 anni dalle leggi razziali fasciste, a sorpresa il presidente Mattarella la nomina senatrice a vita e lei si impegna, tra il 2018 e il 2022, nella creazione di una Commissione per il contrasto dei fenomeni dell'intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all'odio e alla violenza; paradossalmente, a causa delle minacce di morte e dei messaggi di odio che riceve, le viene assegnata una scorta. È tra le fondatrici del Memoriale della Shoah di Milano, attiguo alla stazione da cui fu deportata per la Germania, dove ha voluto che venisse scolpita a lettere cubitali la parola "indifferenza". Nel suo primo discorso al Senato, riportato parzialmente nel film, si augura di poter "aiutare gli italiani a respingere la tentazione dell'indifferenza".
Presentato alla Festa del Cinema di Roma nel 2024 (Special Screening), Liliana di Ruggero Gabbai è un ritratto completo e ampiamente autorizzato, in cui si alternano tre piani temporali di racconto: gli anni delle leggi razziali, la Seconda guerra e i campi di concentramento; il momento in cui per la prima volta Segre decide di parlare di quell'esperienza, negli anni Novanta; e infine il presente, in cui la senatrice a vita si racconta ritornando a Pesaro, luogo dove nel 1948 conobbe suo marito Alfredo Belli Paci, e a Milano. Ma per scelta non ad Auschwitz, di cui vediamo però scorrere immagini recenti.
Oltre a ripercorrere, a beneficio di tutti, la sua parabola eccezionale e la trasformazione, tardiva eppure naturale, in testimone della Shoah e simbolo dell'antifascismo, il film indaga un tema essenziale e poco trattato, per lo meno nel nostro cinema: il rapporto tra la generazione dei sopravvissuti ai campi e quella dei loro figli. Per la prima volta accanto a Segre appaiono e testimoniano anche i suoi: Alberto, Luciano e Federica (e i nipoti Davide e Filippo). Una delle tante famiglie spezzate da un non detto abnorme, un vissuto indicibile e disumanizzante che trova modo di trasmettersi come un DNA, di continuare a pesare e influenzare le esistenze anche quando diventa esplicito, noto, mediatizzato. "Non ero pronta ma avevo bisogno di farlo", dice Segre, con quel misto di dolcezza e durezza ben sottolineato da Ferruccio De Bortoli, tra gli intervistati che parlano di lei, quella precisione e pertinenza di linguaggio che le fa scandire ricordi e affermazioni senza un errore, un'esitazione.
Certa che, col tempo, anche la memoria che ha contribuito a ricostruire verrà cancellata, rievoca i dissidi, poi risolti, con il marito che temporaneamente si unì al partito Costituente di destra, e l'ultima testimonianza tenuta a Rondine, cittadella della pace dove l'utopia pacifica trova una possibilità. Il gruppo di famiglia riunito sul divano, nel finale, rimanda bellezza e altrettanto dolore. Un documento dal valore inestimabile.
Ai "temi" dell'Olocausto e della Memoria Ruggero Gabbai ha dedicato tutta una carriera, da Il viaggio più lungo (sulla deportazione degli ebrei di Rodi) a Il respiro di Shlomo (dai ricordi del Sonderkommando Venezia). Il più rilevante dei suoi lavori s'intitola, appunto, Memoria, e cuce le testimonianze di 93 ebrei italiani sopravvissuti ad Auschwitz-Birkenau: fra loro c'è Liliana Segre, protagonista [...] Vai alla recensione »