Anno | 2023 |
Genere | Drammatico, Storico |
Produzione | Giappone |
Durata | 168 minuti |
Regia di | Keishi Ohtomo |
Attori | Takuya Kimura, Haruka Ayase, Jun Hashimoto, Hirotarô Honda, Somegorô Ichikawa Hideaki Ito, Kinya Kitaôji, Ai Mikami, Hio Miyazawa, Kokoro Morita, Miki Nakatani, Kenta Ogawa, Toshinori Omi, Takuma Otoo, Takumi Saitô, Tsutomu Takahashi, Masato Wada. |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 27 aprile 2023
Giappone, periodo Sengoku. Quella tra Nobunaga e Nohime è un'unione politica. Quando il regno di Nobunaga finisce sotto attacco, l'astuzia della moglie si rivela fondamentale.
CONSIGLIATO NÌ
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Giappone, 1549. Il signore di Owari, il giovane nobile Oda Nobunaga, è arrogante e non ha cura né nei modi né nell'abbigliamento. La sua promessa sposa, Nohime, è sospettata di essere una spia che agisce per conto del padre, il signore di Mino soprannominato "la Vipera". Nohime non nasconde il suo disprezzo per Nobunaga, che invece è sempre più ammirato dalle capacità della ragazza, superiore a lui nella caccia e nella lotta. Quando nel 1560 Owari sta per soccombere contro i suoi nemici, i due uniscono le forze per mettere in atto una strategia micidiale. È l'ascesa di Nobunaga verso ambizioni sempre più grandi, che arriveranno fino allo shogunato. Cresce il potere della coppia e con esso anche l'amore tra i due, nonostante i caratteri apparentemente inconciliabili.
La leggenda di Nobunaga e Nohime è un classico nipponico, raccontato in diverse forme e stili durante i decenni.
Per il 70.mo anniversario dello studio Toei, Keishi Otomo (Rurouni Kenshin) ne realizza una versione attenta alla fedeltà storica ma soprattutto alle dinamiche di coppia tra la "leggenda" e la "farfalla". La rivisitazione è chiaramente adeguata all'epoca del #MeToo e delle nuove istanze femministe, al punto da sovvertire lo status quo del Giappone feudale: uno dei più temuti signori della guerra è presentato come uno sciocco arrogante, mentre Nohime si dimostra il cervello di ogni sua macchinazione, superiore ai maschi in ogni campo, nella caccia come negli intrighi. Un impulso revisionista che si concretizza soprattutto nella prima mezzora di film, che sfiora il genere della commedia romantica - spassose le tenzoni continue tra Nobunaga e Nohime - calata in un contesto storico, ma che si esaurisce via via quando prevale il canovaccio delle sanguinose conquiste di Nobunaga. Mentre Nobunaga si trasforma sempre più nel "re demonio" della tradizione e si sprecano le carneficine, Otomo cerca di tenere vive le caratterizzazioni introdotte, come la fascinazione di Nohime per le arti occidentali o il sogno del galeone, che si rivelerà un'utopica evasione da una terra devastata dai conflitti intestini. I mezzi delle Toei si dimostrano ingenti, così come l'attenzione alla ricostruzione storica, ma delle bandiere di Kagemusha di Kurosawa rimangono solo i colori sgargianti. I 168 minuti di durata sono difficili da assimilare, ma si rivelano paradossalmente troppo pochi per dipanare una sceneggiatura ricca di fili paralleli, forse ideata più per una serie televisiva che per i tempi e i limiti narrativi di un lungometraggio. Grande merito va però ai due interpreti: sebbene sia difficile collocare le loro fattezze nel contesto del Giappone medievale, Takuya Kimura - ex idol del gruppo SMAP - e Haruka Ayase (Little Sister) infondono vita a due personaggi cristallizzati in un'eterna leggenda, riuscendo (quasi) a rendere credibile la rivisitazione di Otomo in chiave contemporanea.
La leggenda di Nobunaga e Nohime è un classico nipponico, raccontato in diverse forme e stili durante i decenni. Keishi Otomo ne realizza una versione attenta alla fedeltà storica ma soprattutto alle dinamiche di coppia tra la “leggenda” e la “farfalla”. La rivisitazione è chiaramente adeguata all’epoca del #MeToo e delle nuove istanze femministe, al punto da sovvertire lo status quo del Giappone feudale.
I mezzi si dimostrano ingenti, così come l’attenzione alla ricostruzione storica. I 168 minuti di durata sono difficili da assimilare, ma si rivelano paradossalmente troppo pochi per dipanare una sceneggiatura ricca di fili paralleli, forse ideata più per una serie televisiva che per i tempi e i limiti narrativi di un lungometraggio.