clara stroppiana
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sabato 16 marzo 2024
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la solitudine come rifugio
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Film struggente che ci conduce dentro la nostalgia dei rapporti non vissuti o che avremmo potuto vivere in modo più profondo e autentico. Rimpianto per le occasioni in cui ci siamo rifiutati all’altro, al suo ascolto, trattenuti da mille timori che ci hanno resi estranei anche a noi stessi. All of us strangers. Il tempo non è infinito, a volte si interrompe prima del prevedibile, l’occasione per essere è un “attimo fuggente”. Far incontrare i corpi e i pensieri, mescolarsi con le emozioni è il solo modo per uscire dai silenzi del cuore e ritrovarne la musica, lasciando che “i vampiri restino fuori dalla porta”.
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Film struggente che ci conduce dentro la nostalgia dei rapporti non vissuti o che avremmo potuto vivere in modo più profondo e autentico. Rimpianto per le occasioni in cui ci siamo rifiutati all’altro, al suo ascolto, trattenuti da mille timori che ci hanno resi estranei anche a noi stessi. All of us strangers. Il tempo non è infinito, a volte si interrompe prima del prevedibile, l’occasione per essere è un “attimo fuggente”. Far incontrare i corpi e i pensieri, mescolarsi con le emozioni è il solo modo per uscire dai silenzi del cuore e ritrovarne la musica, lasciando che “i vampiri restino fuori dalla porta”. Musica non solo come metafora. La storia, ambientata negli ’80, quelli dell’infanzia e dell’adolescenza del regista, è sottolineata da canzoni romantiche di quegli anni come The Power of Love (Frankie goes to Hollywood, 1984) o Is This Love? (Alison Moyet, 1986) o ancora Always On My Mind (Pet Shop Boys, 1987). Composizioni che amplificano il mood del film e in cui l’amore è visto come forza che salva, terra promessa, ricordo dolce e straziante di un passato che permea ancora il presente. Se parliamo del tema non è forse questo quello centrale? Più dell’omosessualità su cui puntano la locandina e il trailer con cui la pellicola è stata lanciata, almeno in Italia. E’ ormai noto che nel romanzo giapponese al quale si è ispirato Andrew Haigh, che firma regia e sceneggiatura, chi bussa alla porta di Adam chiedendo un po’ di compagnia, e facendo decollare il racconto, è una donna e non Harry, il giovane che vive in un appartamento dello stesso edificio. Eppure dobbiamo riconoscere che la scelta queer arricchisce di sfumature le fragilità dei due protagonisti, interpretati con grande bravura e sensibilità da entrambi gli attori: Andrew Scott nella parte di Adam e Paul Mescal in quella di Harry.
Se il film si muove in modo fluido tra presente e passato, tra una realtà possibile quasi più reale di quella contingente, gran parte del merito va, oltre che alla sceneggiatura e al montaggio, alla fotografia del sudafricano Jamie D. Ramsay che ha alternato luci analogiche più calde, senza scivolate nel manierismo, ad effetti digitali più freddi con scarti minimi che contribuiscono a quell’atmosfera disorientante che accompagna lo spettatore lungo tutto il film. Tempi e spazi si confondono, si sovrappongono, si avvicinano e si allontanano, ci sfuggono quando ci sembra di averli afferrati. Siamo nei grattacieli della Londra contemporanea che la notte, quando gli uffici si svuotano, sprofondano in un silenzio carico di solitudini e dove Adam, autore di sceneggiature, cerca l’ispirazione mentre lavora a un testo sui suoi genitori. Ma siamo anche in una verde area periferica, luogo dell’infanzia trascorsa, in una piccola casa dove madre e padre fermati nella giovinezza, tornano nei suoi ricordi visionari, mentre lui adulto prova a raccontare e confrontarsi sul sé taciuto. Haigh, dichiaratamente gay, ha scelto di girare proprio nel quartiere e nella vecchia casa della sua adolescenza e se è vero che dentro ogni storia c’è il suo autore (l’arcinoto Madame Bovary c’est moi di Flaubert) questo film vibra del vissuto e delle emozioni del suo regista. I personaggi dei genitori con cui Adam si rivedrà varie volte, sono affidati a Claire Foy e Jamie Bell che completano il cast, due attori ben diretti che risultano convincenti e danno spessore ai rispettivi ruoli affatto secondari. Nel fra-tempo vediamo una porta chiudersi, fare muro tra due che restano estranei, barriera fisica e tangibile all’altro, difesa della “tana”, scelta ancora una volta di solitudine. In un’altra dimensione gli spazi di quella stessa tana sono casa condivisa, luogo che si apre all’eccitazione di un nuovo incontro e alla quotidianità di una coppia. Anche qui è da apprezzare la direzione della fotografia che dai campi medi scivola quasi nel dettaglio nel filmare gli imbarazzi di Adam e di Harry in un primo approccio che è tra le scene di sesso più vere e delicate che abbiamo visto sugli schermi negli ultimi tempi.
Peccato che la vita come la Storia non possa essere rivissuta né riscritta. Fare pace con i rimpianti e lasciare andare il passato è un viaggio, come lo è stato per Adam, di dolorosa, lancinante tenerezza.
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francesco
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lunedì 25 marzo 2024
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un film intenso, un viaggio interiore nel profondo
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"Estranei" è un film dal sapore dolce amaro, un viaggio interiore e un'esperienza umana che tocca corde profonde, anzi profondissime, del vissuto. Lo fa con molta delicatezza, senza retorica, grazie a una sceneggiatura solida e una fotografia che riflette i toni chiaroscuri dell'anima. Il protagonista assoluto del film è il non-risolto, il nodo alla bocca dello stomaco che molti, o forse tutti noi, portiamo dentro. Per Adam, è il rapporto con i genitori, interrotto dalla loro morte in età infantile, che gli ha lasciato il terrore legato alla certezza della solitudine come condizione esistenziale e l'incapacità di lasciarsi amare da chiunque, persino da se stesso.
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"Estranei" è un film dal sapore dolce amaro, un viaggio interiore e un'esperienza umana che tocca corde profonde, anzi profondissime, del vissuto. Lo fa con molta delicatezza, senza retorica, grazie a una sceneggiatura solida e una fotografia che riflette i toni chiaroscuri dell'anima. Il protagonista assoluto del film è il non-risolto, il nodo alla bocca dello stomaco che molti, o forse tutti noi, portiamo dentro. Per Adam, è il rapporto con i genitori, interrotto dalla loro morte in età infantile, che gli ha lasciato il terrore legato alla certezza della solitudine come condizione esistenziale e l'incapacità di lasciarsi amare da chiunque, persino da se stesso. Come per molti di noi, il peso maggiore che porta sulle spalle è proprio il non-risolto. Quello che manca davvero non è l'assenza dei genitori, ma l'incapacità, o meglio l'impossibilità, di riconciliarsi con loro. L'Adam bambino non ha potuto riconciliarsi con il padre e con il bullismo a cui era sottoposto a scuola. L'Adam adulto non è mai riuscito a riconciliarsi con la madre e con le sue aspettative disattese riguardo a una ragazza per il figlio, magari castana e dei nipoti, perché il figlio è gay. Così questo bambino-adulto, archetipo del primo uomo, Adamo, dopo aver preso coscienza di sé e trovarsi congelato in una vita di angosciante solitudine in cui non riesce a fare avvicinare nessuno, decide di affrontare un viaggio. Il viaggio di Adam, ora in taxi sulle strade di Londra, ora a piedi sotto la pioggia, è un viaggio interiore, in cui rivivere i ricordi del bambino con la consapevolezza dell'adulto, conoscere quei fantasmi, rimasti anch'essi congelati in un altro tempo e, assieme a loro, iniziare ad affrontare una nuova vita. A scatenare questo viaggio è l'incontro con Harry, il vicino attraente e metafora dell'amore, che Adam non è riuscito a far entrare, che non ha potuto "proteggere dai vampiri fuori alla sua porta". Il finale ci regala un Adam nuovo, solo senza neppure i suoi fantasmi, ma finalmente pronto ad amare e brillare come una stella nel firmamento
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gaiart
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lunedì 26 febbraio 2024
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un film straniante
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In uscita il commovente film tratto dal libro di Taichi Yamada, 'Estranei' (All of Us Strangers) Un viaggio nell'invisibile, nei sensi di colpa, nella memoria.
Potente. Commovente. Poetico.
Così narra il sorprendente libro bestseller del giapponese Yamada Taichi, rivisitato nel film al maschile di Andrew Haigh, Estranei.
Raccontando il tormento interiore per la perdita dei genitori e la scoperta della sua omosessualità, Adam cerca una riappacificazione con sé stesso, la famiglia e il mondo, attraverso la conoscenza di Harry.
Interpretato magicamente intensamente da Andrew Scott, la sua performance segna vette ineguagliabili, toccanti. Anche solo per lo sguardo che è ricolmo di compassione, insicurezza, labilità emotiva e dolcezza traghettata da un sorriso ineguagliabile, per osmosi col prossimo.
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In uscita il commovente film tratto dal libro di Taichi Yamada, 'Estranei' (All of Us Strangers) Un viaggio nell'invisibile, nei sensi di colpa, nella memoria.
Potente. Commovente. Poetico.
Così narra il sorprendente libro bestseller del giapponese Yamada Taichi, rivisitato nel film al maschile di Andrew Haigh, Estranei.
Raccontando il tormento interiore per la perdita dei genitori e la scoperta della sua omosessualità, Adam cerca una riappacificazione con sé stesso, la famiglia e il mondo, attraverso la conoscenza di Harry.
Interpretato magicamente intensamente da Andrew Scott, la sua performance segna vette ineguagliabili, toccanti. Anche solo per lo sguardo che è ricolmo di compassione, insicurezza, labilità emotiva e dolcezza traghettata da un sorriso ineguagliabile, per osmosi col prossimo.
Andrew Haigh si conferma un sublime, perplimente bardo nella economia dei sentimenti. Attuando una rivisitazione 'spettrale', fantasmagorica dei protagonisti scomparsi e un fluttuante, reciproco, esaustivo amore verso se stesso, i genitori e il prossimo, egli conduce il fruitore in un viaggio psicologico dotato di una narrazione mai banale, bipolare e autentica. La ricerca è volta a risanare, rievocare, colmare il passato.
Chi di noi non lo ha vissuto quel tentativo imberbe di restaurazione e rimpianto? Ecco il film è anche una restaurazione, celebrazione di passati sfuggiti di mano.
Un film poi imponderabile sul dolore della perdita, lo sconfinamento delle barriere della solitudine, i sensi di colpi del rifiuto, dell'allontanamento in cui il rapporto tra pensiero, realtà, identità si smarrisce sempre più.
Un piccolo grande capolavoro.
Le musiche sono una chicca a sè. Scelte con cura maniacale nell'innalzare quel senso di rammarico già sollevato dal film, fanno viaggiare su binari dell'eleganza del ricordo, del cosidetto tuffo al cuore.
Tra di esse, che si ascoltano con la stessa nostagia con cui Proust mangerebbe una Madeleine, ci sono l'indimenticata You are always on my mind dei Pet shop boys, poi 'Death a party' dei Blur e the Power of Love di Frankie Goes to Hollywood.
La loro perfezione è dovuta anche alla perfetto fitting con i temi esploranti in quel preciso momento visivo, tale per cui al Music Editor facciamo una Hola di ringraziamento
Esse riportano dalla storia personale alla società che fu. Riescono a smarrire anche noi in quello che ad oggi ci sembra davvero un passato e un mondo migliore. Quello anni 90.
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