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20.000 specie di api, un tono intimo e privato per un tema più che mai universale: la questione di genere

Estibaliz Urresola Solaguren affronta l'argomento con una sensibilità non comune, trasformando una questione privata in una faccenda pubblica e un possibile dramma in un’occasione di ri-nascita e cambiamento. Premiato alla Berlinale e dal 14 dicembre al cinema.
di Roberto Manassero

Sofia Otero . Interpreta Cocò nel film di Estibaliz Urresola Solaguren 20.000 specie di api.
domenica 10 dicembre 2023 - Focus

Lo scorso febbraio 20.000 specie di api è stato presentato in concorso alla Berlinale, dove la sua piccola interprete protagonista, Sofia Otero, ha vinto un meritatissimo premio per la Miglior interpretazione: una bambina dal talento naturale, strabiliante, che nel film interpreta un bambino che a sua volta dentro di sé sente di avere una personalità femminile… 

Una confusione di ruoli e apparenze fortemente cercata dalla scrittrice, sceneggiatrice e regista Estibaliz Urresola Solaguren, che con questo suo primo lungometraggio affronta la questione oggi sempre più comune dell’identità di genere e la osserva da una duplice prospettiva: quella del protagonista Aitor – otto anni, nato maschio ma con la consapevolezza di avere dentro di sé un’altra persona, Lucia, nata femmina – e quella del villaggio di campagna dove il bambino passa l’estate insieme con la mamma, figlio di una cultura non ancora pronta ad accettare l’incertezza dell’attribuzione sessuale.

Come in un altro film spagnolo premiato a Berlino, Alcarràs - L’ultimo raccolto di Carla Simón, Orso d’oro nel 2022, e prima ancora nel film d’esordio della stessa Simón, Estate 1993, anche 20.000 specie di api mette in scena il percorso di crescita di una piccola personalità in un contesto rurale: dalla Catalogna si passa alla regione basca della Nuova Aquitania, al confine tra Spagna e Francia, dove le atmosfere luminose ed en plein air fanno risaltare in maniera ancora più netta e simbolica lo scontro fra natura e cultura, idillio e scontro al centro del film.


In foto una scena del film 20.000 specie di api.

Diversamente, però, da Alcarràs, e più ancora da altri recenti film spagnoli come As bestas di Rodrigo Sorogoyen o O que arde di Oliver Laxe, in cui il mondo rurale è rappresentato nella sua fragilità, bestialità o imperscrutabile spiritualità, il film di Estibaliz Urresola Solaguren vede nei campi, nei prati, negli alveari del villaggio di agricoltori e allevatori, non un riflesso e nemmeno un nemico dei dilemmi del protagonista (o della protagonista), ma anzi uno spazio in cui la sua identità incerta viene accolta, definita e infine accettata. Lo spazio di un dialogo, insomma, e di un abbraccio.

La naturalezza del passaggio di Aitor verso Lucia si riverbera nell’infinita varietà di specie di api, costringendo le persone del villaggio dalla mentalità inevitabilmente chiusa (a cominciare dall’amata nonna) a venire a patti con una realtà nuova, o meglio ancora universale, senza origine e senza tempo.

La riflessione della regista arriva a coinvolgere la stessa sopravvivenza della specie umana, unendola al destino delle api, certo, ma soprattutto alla necessità di cambiare prospettiva rispetto alle scelte di ciascun individuo e prima ancora alla naturalezza dei comportamenti e dei sentimenti. In modo inaspettato, però – ed è questo il pregio maggiore del film – nonostante l’ambizione nascosta dietro i toni minimalisti, 20.000 specie di api riesce a mantenere un tono intimo, privato, restringendo lo sguardo alle emozioni semplici e diretti del suo protagonista e al tempo stesso allargando a dinamiche familiari e collettive.


In foto una scena del film 20.000 specie di api.

Anche in questo caso il film rimanda ad altre opere che in tempi più o meno recenti hanno affrontato il tema dell’incertezza identitaria e sessuale dentro i confini dell’ambiente familiare (Tomboy di Céline Sciamma, ad esempio, o lo scorso anno L’immensità di Emanuele Crialese): un segnale, come ha fatto notare «Variety», di quanto storie di questo genere, studi di carattere di un’infanzia trans o non binaria, diventeranno sempre più comuni in futuro, ampliando la prospettiva di un genere canonico come il coming of age. 

A distinguere 20.000 specie di api dal rischio di assumere già da ora forme consolidate o alla moda è la sensibilità della sua autrice, che anche nei momenti più semplici (come una normalissima passeggiata di nonna e nipotina) sa ampliare e moltiplicare gli sguardi, trasformando una questione privata in una faccenda pubblica e, soprattutto, un possibile dramma in un’occasione di ri-nascita e cambiamento


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